Di Raffaele Romano 

Questa magica parola per i napoletani raccoglie in sé due significati: quello geografico, nel senso che è una bellissima zona di Napoli posta fra il quartiere di Chiaia quello di Fuorigrotta, piazza Sannazaro e la splendida stazione ferroviaria di Mergellina e quello della storica festa che ricadeva nella prima settimana di settembre.

Il luogo deve il suo nome al fatto di essere situato “ai piedi della grotta” in dialetto: “piererotte” con una galleria scavata in epoca romana nella collina di Posillipo: la Crypta Neapolitana chiamata anche la “grotta di Posillipo”. Tutta questa area ricade all’interno della città di Napoli fondata poco prima della nascita di Roma e precisamente nell’VIII secolo a.C.

Napoli fu tra le città più importanti della Magna Grecia e giocò un notevole ruolo sia commerciale, che culturale e religioso nei confronti delle popolazioni italiche circostanti. Un’altra data importante fu quella della fondazione dell’Università degli Studi di Napoli fondata da Federico II di Svevia il 5 giugno 1224 tramite l’editto generalis lictera. L’Università di Napoli è considerata in assoluto la prima Università di tipo statale in quanto voluta da un sovrano regnante.
La festa di Piedigrotta, invece, era una festa popolare che ricorreva l’8 di settembre e si teneva nella Napoli extra moenia, cioè fuori le mura di recinzione della città, i culti pagani vi si celebravano fin dal I secolo a.C. tanto che Petronio Arbitro nel suo Satyricon menziona dei baccanali, destinati a propiziare la fecondità e che si celebravano in onore del dio Priapo, nei pressi della Crypta Neapolitana, una galleria scavata in epoca romana nella collina di Posillipo.

Successivamente si passò, nel III secolo d.C., al culto di Maria Vergine poi, nell’VIII secolo, vi si aggiunse quello di Maria Oditrigia, iconografia dalla Madonna con in braccio il Bambino Gesù di provenienza bizantina e della quale scrisse anche il Petrarca. Contemporaneamente a questo culto, continuò per un lungo tempo anche il rito pagano nella galleria, finché si giunse alla costruzione, nel 1207, di una piccola cappella nata, secondo una leggenda, nel luogo dove la Madonna era apparsa a tre religiosi e dove era stata trovata anche un’icona.

In realtà le testimonianze accennano alla traslazione delle reliquie dei santi Giuliana e Massimo da Cuma, distrutta dai longobardi e che riposte nella cappella insieme ad essa furono distrutte da un maremoto nel 1343 e precisamente la notte del 25 novembre. Buon testimone fu il Petrarca che lo descrisse in tal modo: “Serrata la finestra mi posi sopra il letto, ma dopo avere un buon pezzo vegliato, cominciando a dormire, mi risvegliò un rumore e un terremoto, il quale non solo aperse le finestre, e spense il lume ch’io soglio tenere la notte, ma commosse dai fondamenti la camera dov’io stava…si dice che questa tempesta abbia infuriato lungo tutto l’Adriatico, il Tirreno e per ogni dove” e conclude facendo esplicito riferimento ad un maremoto che si abbattè sul golfo di Napoli e Salerno.
Per tali motivi nel 1353 fu edificato il santuario “de pedi grotta”, che divenne il centro della devozione del borgo marinaro e della sua festa, che fu fissata l’8 settembre, giorno della natività di Maria.

Durante il XVI secolo iniziò la parata dei carri allegorici che è durata fino al XX secolo e nel 1952 si decise di organizzarli contemporaneamente al Festival della canzone napoletana che si svolse fino agli anni settanta quando fra contrapposizioni varie terminò. Dopo la fine del Festival di Napoli iniziò un vero e proprio declino della “Piedigrotta”, che fu sospesa nel 1982. Nel 1983, infatti, il Comune di Napoli decise di convogliare i finanziamenti verso i terremotati del novembre 1980, la sfilata dei carri fu comunque garantita dall’associazione “Napoli Nostra” solo per i due anni successivi. La Piedigrotta per noi bambini degli anni ’50 significava solo la festa, i carri ed i giochi che ne seguivano ma essa si abbinava fin dall’edizione del 1839 a successi musicali ancora oggi sulla scena e che in quel lontano anno vide il trionfo di “Te voglio bene assaje” i cui autori sono a tutt’oggi ancora incerti ma, una certa tradizione popolare, attribuisce la musica al maestro Gaetano Donizetti e le parole al poeta Raffaele Sacco.

Oltre all’ascolto delle canzoni in gara, la manifestazione dava ampio spazio a tarantelle e macchiette basate su strumenti tradizionali, come putipù, triccheballacche e nacchere oppure su quelli denominati “’e scucciamienti” utilizzati solo per produrre forti rumori in modo continuo ed accanito.
Altri successi immortali si susseguirono nel corso degli anni con la festa di Piedigrotta e, sperando di non far torto a nessuno, non posso non citare “‘E spingule francese” del poeta Salvatore Di Giacomo e la musica del maestro Enrico De Leva; “Funiculì funiculà” con i versi di Peppino Turco e la musica del maestro Luigi Denza; e l’eterna “‘O sole mio” del poeta Giovanni Capurro e del maestro Eduardo Di Capua.

Raffaele Romano*

Nato a Napoli, ha studiato storia e filosofia. Ha collaborato con il quotidiano economico-finanziario Ore 12, con l’Avanti, con l’Eco del Golfo e la rivista Events Karate.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.