Intervista di Daniela Piesco Direttore Responsabile

È in uscita il secondo libro di Giuseppe Storti Giannini Editore intitolato “Con orgoglio, da Scampia. Storie di periferie esistenziali e di riscatto sociale.”
Edito dalla storica e benemerita Casa Editrice napoletana della famiglia Giannini, è uscito da pochi giorni il secondo libro del giornalista e scrittore Giuseppe Storti. Giuseppe Storti si definisce giurista di professione (è avvocato, specialista in Diritto Amministrativo e Scienze dell’Amministrazione), giornalista e scrittore per passione. Esperto in Comunicazione Politico- Istituzionale. Ha collaborato per decenni con «il Mattino di Napoli».È stato direttore di numerosi giornali e portali. Nell’attualità collabora con giornali quotidiani e mensili. E’ autore di due libri, e di racconti pubblicati da diverse case editrici. Membro dell’Accademia Nazionale di Arte e Letteratura di Roma. Membro delle 3C Coordinamento Comunicatori per la cultura. La sua frase preferita è: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro. Umberto Eco”.Anima sulla rete varie pagine culturali e di storia. Il secondo romanzo del genere narrativa partendo da una storia chiaramente di fantasia, sviluppa la tematica a sfondo sociale delle periferie. La collana creata dalla Giannini si chiama “Sorsi”. Una idea innovativa che concentra in un formato tascabile testi che trattano varie tematiche, e che si possono leggere tutti d’un fiato. Oltretutto questi testi costano davvero poco. Sei euro. Proprio per consentirne la massima diffusione. Un’altra idea brillante della Giannini e della Coordinatrice delle 3C la giornalista e scrittrice Tiuna Notarbartolo, Direttrice del premio Elsa Morante al fine di incentivare la lettura. Anche questo secondo testo del giornalista e scrittore Storti, è un libro di valori. Ma anche di riscatto sociale del protagonista, Marco, che dopo varie vicissitudini diventa a sua volta fautore del riscatto sociale di tanti ragazzi del suo quartiere. Il libro, vuole mettere in rilievo il ruolo svolto dalle associazioni di volontariato sui territori e nelle realtà sociali che vivono il degrado e la mancanza di opportunità per tanti ragazzi lasciati in balia della strada e della illegalità. Primeggia tra i temi della narrazione la tenera storia d’amore tra Marco e Mara, i due principali protagonisti del libro. Perché come spesso ama scrivere l’autore: l’amore è l’Alfa e l’Omega dell’universo. In ultimo riportiamo la chiosa finale del testo, che racchiude in poche righe il senso della trama narrata. Don Angelo gli ripeteva sempre le parole di Don Lorenzo Milani, “A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?”. “Cara Mara, ora basta. Torniamo al lavoro. Le nostre mani devono occuparsi dei ragazzi”. “Certo Marco, allatto Jenny, che già sta protestando e sono di nuovo con te”.

L’ intervista

Prima di analizzare il concetto di riscatto sociale vorrei affrontare con lei il tema del riconoscimento sociale perchè sono convinta che ciò che sta determinando l’avanzare della “cattiveria individuale”, dell’egoismo smodato che giustifica il calpestamento dei valori, della depressione sociale, del pessimismo di massa e della violenza familiare e verbale umana si basa su una sua mancanza Senza riconoscimento sociale oggi, l’individuo è perso, alienato e spesso entra in depressione o apatia agendo in maniera sbagliata, violenta e deleteria verso una realtà sociale, o un individuo o una classe che identifica come la causa della sua condizione.

Concordo pienamente con Lei. Oggi viviamo un tempo che definirei di tumulti interiori ed esteriori. Il tempo dell’immagine, spesso edulcorata, ingannevole. Ogni nostra azione, anche la più banale, sembra dover ineluttabilmente finire sullo schermo di una Tv, di un pc, oppure di uno smartphone. Il sociologo e filosofo polacco Bauman, aveva teorizzato nell’epoca della dominazione dei social, quella che sarebbe diventata la cosiddetta “ società liquida”. Una società che ha perso i valori del passato, i riferimenti tradizionali. In parole secche, oggi si è smarrita la propria identità. Si viaggia verso mete non definite, senza strumenti culturali per interpretare ciò che si sta vivendo. La pandemia poi ha avuto un effetto deflagrante di una situazione già esplosiva. L’incertezza del futuro, la paura, sono sentimenti dominanti. Ci si rifugia, quindi in massa sui social, dove si dà sfogo alla propria rabbia, al rancore, all’odio verso chi ce l’ha fatta: verso tutti quelli che a torto o a ragione vengono ritenuti in un rito di follia collettiva da social, responsabili della nostre depressioni metropolitane. Si è persa la capacità di dialogare con gli altri. Alle parole si preferisce l’insulto. Il modello sociale dominante è quello di avere un corpo perfetto come effimero riconoscimento sociale. In questo tempo di tumulti, insomma, il concetto di riconoscimento sociale ha perso la propria valenza. Le relazioni sociali sono smarrite: inghiottite nell’anonimo numero di amicizie che si conquistano sui social, che danno l’illusione di poter dialogare con l’intero pianeta. Ma in realtà si è soli e si sente la solitudine senza capirne l’origine. Tutto è instabile nella società liquida: dalle relazioni sempre più improntate sul possesso soffocante e sulla prevaricazione sull’altro. Ciò, provoca violenza, depressione; odio, non appena l’altro metta in forse siffatta illusoria relazione. L’instabilità nella società liquida coinvolge pure le istituzioni. In primis quelle nelle quali ci si riconoscevamo: lo Stato, la scuola, la Chiesa. Nessuna di queste istituzioni sembra dare soddisfazione, incentivi, infine quel riconoscimento sociale che era parte fondante e costitutiva della personalità di un uomo o di una donna. La famiglia, poi, si è completamente smarrita. Carenza di dialogo genitori e figli. Completa assenza di strumenti per decifrare i nuovi bisogni della generazione Z: la più colpita dal tempo dei tumulti interiori, che sono peggiori di quelli esteriori. Si pensi ai cosiddetti Neet: giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non sono né occupati né impegnati in corsi di istruzione e formazione. In Italia, secondo recenti statistiche sono 5.725.000. Un esercito di fantasmi che vagano senza meta, e soprattutto senza riconoscimento sociale, che si tramuti in un lavoro stabile oppure nella continuazione di un corso di studio e/o di formazione professionale. Questi temi, dovrebbero essere la base fondante di politiche mirate, che superino l’andazzo della politica politicante che trova il tempo per litigare ma non per risolvere i problemi che sono sul tappeto.

E dunque che cos’è il riscatto sociale?

Il riscatto sociale,consiste nella ripartenza dalla propria condizione personale, che da svantaggiata nella condizioni iniziali di partenza; grazie all’impegno, ai valori inculcati dalla famiglia e praticati, nonostante le difficoltà personali ed ambientali; comporta l’emersione nella società, conquistando uno status sociale stabile e sicuro. Chiaramente il riscatto sociale dei cittadini svantaggiati, dovrebbe avere come protagonista lo Stato e le istituzioni. Ciò ricordando il principio costituzionale di uguaglianza e di pari dignità sociale(art. 3 della Costituzione), che spetta ad ogni cittadino. Spesso, però, ciò non accade, come nel caso del protagonista del libro, Marco, che fa tutto da solo.”

Per evitare comportamenti deleteri, bisogna imparare a vedere oltre sè, a trascendere sè stessi ed i propri interessi individuali e per fare ciò è fondamentale non perdere mai la misura dell’altro.Marco riesce a fare questo ossia a vedere oltre sé attraverso un pc regalato dal suo vicino di casa, creando un profilo social per sentirsi meno solo.Ed ecco che una sera si materializza Mara …

La sua considerazione mi fa venire in mente una celebre citazione dello scrittore e filosofo latino Marco Tullio Cicerone: “ Non siamo nati solo per Noi stessi.” Chi pensa solo a se stesso, senza considerare anche sia pure la sola esistenza degli altri, non ha futuro. E di sicuro è destinato a vivere, anzi a sopravvivere, in solitudine. Marco, dopo aver incontrato il grande amore della sua vita, ed essere riuscito a trovare, finalmente, un lavoro stabile, ha la possibilità di lasciare il quartiere in cui vive per andare “nell’altra città”. Ma decide, in perfetta intesa con Mara(l’altra protagonista del libro), di restare lì: perché i luoghi del cuore, non si abbandonano. E poi, il suo sogno, che diventa realtà è quello di aiutare i ragazzi del suo Rione a conseguire il proprio riscatto sociale. Ciò avverrà, grazie al lavoro incessante dell’associazione di volontariato fondata insieme alla moglie Mara.

E quindi caro Avvocato cos’e importante oggi per determinare il benessere individuale? L’indice di gradimento a cui ognuno di noi vorrebbe tendere sentendosi in tal modo arrivato dimostrando di essere qualcuno o qualcosa agli occhi degli altri che non ci valorizzano come dovrebbero? 0 il rispetto degli obiettivi generati dalla comunità per fare del bene alla comunità e quindi anche a noi stessi?

Il benessere individuale non consiste solo ed unicamente nel soddisfacimento dei bisogni materiali. Anche se viviamo un passaggio d’epoca in cui siamo “identificati”- anche grazie ai social- come soggetti consumatori, e per questo bombardati da pubblicità; spesso ingannevoli e fuorvianti, finalizzate all’acquisto di beni di consumo, che appena posseduti, già sono superati da nuovi modelli tecnologicamente più avanzati. In una corsa senza fine al possesso di beni, che da necessari, diventano sempre di più solo ed unicamente un modo per apparire, in una società nella quale le apparenze superano di gran lunga la sostanza e la qualità che invece dovrebbero caratterizzare ogni persona. Fare del bene, sembra non essere la priorità secondo i modelli che vanno per la maggiora. Ma il bene esiste. Anche se non fa notizia. Esistono migliaia di persone che si impegnano, spendendo il proprio tempo, in maniera gratuita per aiutare gli altri. Sono i volontari. Ed il libro, vuole essere un riconoscimento ed una riconoscenza al merito delle associazione di volontariato. In particolare a quelle che operano nei quartieri degradati delle periferie esistenziali. A Scampia operano da anni, decine di associazioni di volontariato, che hanno contribuito e contribuiscono a dare assistenza, ascolto, spazi di aggregazione a giovani, indigenti, anziani. Affiancando, e spesso sostituendosi alle istituzioni cittadine.

Cosa determina la correttezza di un individuo dalla scorretezza? E l’essere corretti è etica quindi un valore o semplicemente un atteggiamento accessorio umano non necessario?

L’etica, viene dalla cultura. Fa parte del bagaglio di valori che derivano, in primis dalla famiglia, e di seguito dal lavoro degli insegnanti. Detti valori sviluppano la nostra personalità permeando la nostra vita. Quando viviamo la nostra vita di relazioni,ricordiamo gli insegnamenti ricevuti. Ciò che abbiamo studiato e letto nel corso della nostra esperienza formativa. Ricordare, etimologicamente deriva dalla parola latina “ recordari” significa riportare al cuore. Solo la cultura salva. Ci libera dalla prigione dell’ignoranza, che impoverisce il pensiero che diventa debole. Con l’evidente rischio dell’omologazione e della manipolazione delle menti e delle coscienze. La lettura, la scrittura, l’istruzione, è l’unico antidoto al virus dell’ignoranza che purtroppo dilaga, generando come terribile conseguenza l’indifferenza, la carenza di empatia. E’ il vero e unico contrasto al pensiero dominante, che addormenta le coscienze e ci trasforma in replicanti di un mondo senza fantasia, senza immaginazione: senza sogni!

Nascere a Scampia è una colpa o un destino cinico e baro?

Né l’uno, né l’altro. Le periferie esistenziali esistono in ogni parte d’Italia. Da Milano a Roma, a Torino, Genova, Palermo. A Napoli poi esistono vari quartieri dove ci sono realtà sociali particolari. Lo stereotipo su Scampia va senz’altro smentito. In generale va detto che un ragazzo, senza strumenti culturali adeguati, potrebbe percepire la differenza di vivibilità esistenti nel quartiere dove vive rispetto ai quartieri centrali della città, in senso negativo. Covando quel rancore inconscio che poi si può trasformare in violenza, nei riguardi di chi vive nei luoghi del benessere, rispetto a quelli del malessere. Percependo la diseguaglianza di condizioni di vita, come una sorta di colpa da rivendicare e da vendicare. La soluzione è quella di fare del problema delle periferie degradate, una questione nazionale. Il modello adottato dal governo attuale nei riguardi del Parco Verde di Caivano in provincia di Napoli, dopo l’appello del parroco anticamorra Don Luigi Patriciello, a seguito dei terribili fatti di cronaca che hanno coinvolto alcune ragazzine del rione, sta ben funzionando e potrebbe diventare un modello nazionale. Solo lo Stato, con la sua forza e le sue risorse finanziarie, può risolvere detta problematica. Infine ogni città con le sue istituzioni locali, deve integrare le periferie con il centro. Garantendo nelle periferie gli stessi servizi,e le stesse condizioni di vita e di vivibilità dei quartieri centrali.

Parafrasando Umberto Eco chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito.Perché la lettura è un’immortalità all’indietro?

E’ una delle mie citazioni preferite. Le lettura, e quindi la scrittura ti consentono di vivere tante vite, attraverso le epopee dei personaggi creati dai grandi autori della letteratura classica e contemporanea. Bisogna innanzitutto smentire l’affermazione che la cultura non sia uno svago. La cultura è bellezza. Chi legge, contempla la bellezza e vive le emozioni che l’autore comunica tramite i suoi personaggi. Scrivere poi vuol dire rendere immortali i nostri pensieri. L’autrice del libro “Gli anni” Annie Ernaux; scrittrice francese vincitrice del premio Nobel per la letteratura del 2022, in un passo del libro scrive:” salvare qualcosa del tempo in cui non saremo più.” Ed il libro è una testimonianza degli anni della sua vita che vengono raccontati in maniera minuziosa; riportando al cuore i ricordi in maniera anche ossessiva, pur di salvare le proprie emozioni raccontate nella cornice storica degli avvenimenti che coinvolsero il mondo dal dopoguerra ai nostri giorni. Anche solo tenere una sorta di diario giornaliero può essere un modo di far rivivere, anche per sempre, gli avvenimenti e le emozioni vissute, per non dimenticarli mai più.

Cosa ne pensa delle polemiche legate ad uno dei vincitori del festival di Sanremo,Geolier: crede che ci sia stato realmente del razzismo?O da fastidio il riscatto sociale di uno di Secondigliano? È possibile che dia fastidio che uno del ghetto sia arrivato al successo? Trova giusto il conferimento del riconoscimento da parte del sindaco della città di Napoli ? Eppure la mamma di Giogio’ Cutolo non è stata d’ accordo con l’ onorificenza ricordando che geolier maneggiava un kalashnikov d’ oro in un video…

Non parlerei di razzismo, per rappresentare ciò che è accaduto, di recente, al festival di Sanremo. Semplicemente il pubblico e la giuria dei giornalisti non avevano la cognizione, né gli strumenti per comprendere il fenomeno dell’hip hop. Un tipo di musicalità che spopola nelle periferie del mondo. Tifare per un cantante rispetto ad un altro è un conto. Lasciare la sala e fischiare, invece è l’ennesimo segno dello spirito dei tempi che viviamo, che trasforma ogni cosa in rissa. Se non comprendo un fenomeno lontano dal mio sentire, invece di cercare di comprendere, devo demolirlo. Una sorta di reazione sbagliata e nel caso specifico anche riprovevole, ad una carenza conoscitiva. Per giudicare bisogna conoscere. Altrimenti ogni avvenimento rischia di trasformarsi in gazzarra. Geolier è un ragazzo gentile ed educato, di soli 23 anni. Si è visto da come rispondeva alle polemiche, spesso strumentali di chi gli faceva le domande. Eviterei le strumentalizzazioni di chi vuole collegare fatti diversi per alimentare polemiche senza senso. Giogiò Cutolo, incarna il bene. I suoi genitori, a giusta ragione reclamano che diventi il simbolo della Napoli che tutti vogliamo. In contrapposizione alla malanapoli che deve essere combattuta da tutti, senza se e senza ma. Il suo ricordo deve essere tenuto sempre vivo dalla Istituzioni tutte, e da tutti quelli e sono la maggioranza, che credono nei valori della legalità e del rispetto del vivere civile. Il Rapper napoletano, dal canto suo, deve rendersi conto che adesso, è diventato- ancor di più dopo Sanremo- un simbolo del riscatto sociale delle periferie. Pertanto, ogni parola, ogni gesto va misurato, in quanto potrebbe essere equivocato, proprio a causa della sua notorietà. Il video a cui fai riferimento era contenuto in un disco prodotto da Geolier appena maggiorenne. Trattava di tematiche tipiche del modo di cantare di trapper e rapper: violenza, armi, droghe e ghettizzazioni. Il fenomeno hip hop è nuovo a tal punto che è difficile anche interpretarlo. Dopodichè resta il fatto che Emanuele Palumbo partecipò ai funerali di Giogiò. Queste alcune delle parole che ebbe a pronunciare all’indomani del suo barbaro assassinio: “Non è possibile morire a 24 anni, nella stagione più bella dell’anno, per un parcheggio. A 16 anni nessuno dovrebbe avere una pistola. Nei quartieri i ragazzi devono cambiare mentalità e scappare da tutto questo male. Voglio dirgli che uscire soltanto per divertirsi con gli amici non è da deboli, che andare a scuola non è da scemi, che portare dei fiori a una tipa che gli piace non è una vergogna. É il momento che tutti facciamo il nostro perché i ragazzi cambino, a partire già da cose che possono sembrare piccole e lontane da quello che è successo, ma non è così. Fa tutto parte della stessa mentalità. Ciao, Giambattista, non è giusto.”

Progetti futuri?

Più che progetti, intendo continuare a coltivare le mie due grandi passioni: il giornalismo e la scrittura. Lo farò nelle vesti di componente di una straordinaria rete di giornalisti e comunicatori della 3C (Coordinamento Comunicatori Cultura). Una felice intuizione della Coordinatrice la giornalista e scrittrice Tiuna Notarbartolo, che è anche direttrice del Premio Elsa Morante. Una rete che cresce ogni giorno di più. Composta da scrittori, artisti, giornalisti e intellettuali in una rete che ha lo scopo di funzionare sia come interscambio di opinioni e sia come amplificatore, in grado di diffondere e nutrire attivamente ogni ramo della cultura. La nuova iniziativa riprende la chiave di volta del Premio Morante e mira a diffondere la cultura su ogni mezzo, dal web al cartaceo, senza escludere nessuna forma di comunicazione. La rete dei giornalisti culturali avrà lo scopo di rafforzare un settore indispensabile e vitale per il territorio. Infine continuo con piacere ad essere membro dell’Accademia italiana di Arte e Letteratura di Roma. Oggi, continuare ad impegnarsi per la diffusione della cultura in ogni sua estrinsecazione, è come una sorta di resistenza civile al fine di mantenere intatto il nostro patrimonio di valori fondanti la civiltà europea. In attesa, come dire: di tempi migliori.

La trama

Con orgoglio, da Scampia: una storia di anime perse che ritrovano il filo interrotto della propria esistenza, riemergendo dalla melma in cui sono stati cacciati dalla società,diventando così protagonisti del proprio riscatto. Nascere a Scampia è una colpa o un destino cinico e baro? Marco lo pensava ogni tanto. Ma andava avanti. Lui si sentiva un privilegiato. Sì, rispetto a tanti suoi coetanei con i quali aveva giocato per strada da ragazzo. Il motivo? aver avuto un’opportunità. I suoi genitori lo avevano protetto dalle tentazioni di cercare e trovare la scorciatoia ad una vita di stenti e di miseria, ovvero scegliere la strada dell’illegalità, dell’antistato:diventando l’ennesimo “guaglione” del Sistema. No, non poteva diventare come il suo amico del cuore Gennarino. Lui aveva scelto la strada della malanapoli. Ma non per questo lo condannava! Perché non aveva trovato mai nessuna mano tesa: pronta a dargli aiuto. Poi la durezza della sua vita ad un tratto, come un lampo che illumina la notte buia e tempestosa cambia. Un pc regalato dal suo vicino di casa, il profilo creato sul social per sentirsi meno solo, ed ecco che una sera si materializza come in una favola moderna una ragazza: Mara, e tutto cambia. Il riscatto sociale di Marco inizia da lì, e prosegue per sanare la mortale ferita di Napoli: i ragazzi dei quartieri patogeni, gli invisibili agli occhi dell’altra Napoli. L’associazione fondata insieme a Mara per aiutare i ragazzi del quartiere, entra nel mirino della camorra. Ma non cederanno di un millimetro nemmeno di fronte alle minacce e a un tentativo di omicidio. Perché la felicità quella vera si può trovare proprio così: dando un’opportunità a chi non l’ha mai avuta, ricevendo in cambio amore puro!

Alcune notizie sull’ autore

Giuseppe Storti, giurista di professione(Avvocato specialista in Diritto Amministrativo e Scienze dell’Amministrazione), giornalista e scrittore per passione. Iscritto all’Albo dei giornalisti, elenco pubblicisti della Campania dal 1982. Esperto in Comunicazione Politico- Istituzionale. Ha collaborato per decenni con «il Mattino di Napoli».È stato direttore di numerosi giornali e portali. Nell’attualità collabora con giornali quotidiani e mensili. Nel 2021 ha pubblicato per Guida Editori “Il tempo fermo,” romanzo finalista al Concorso Letterario Gold Writer Officina Edizione 2021. Un suo racconto breve:“Sognando Segni”storia di un rider romano, è stato pubblicato da due diverse case editrici, conseguendo la menzione d’onore speciale al Concorso Letterario “ Emozioni” 2022. Membro dell’Accademia Nazionale di Arte e Letteratura di Roma. Membro della 3C Coordinamento Comunicatori per la cultura. A gennaio 2024 l’uscita del suo nuovo libro: Con orgoglio, da Scampia. Storie di periferie esistenziali e di riscatto sociale. Edito dalla Giannini di Napoli.

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