Di Beppe Facchetti *

A qualche giorno di distanza dalle “Considerazioni finali” con le quali si è pronunciato il nuovo Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, vi sono osservazioni su cui è utile tornare.

Il discorso di Via Nazionale è per tradizione un rito solenne, che chiude settimane di limatura, parola per parola, di quanto viene diffuso l’ultimo giorno di maggio.

Un tempo, quando ancora i poteri non erano stati trasferiti alla BCE, la lectio misurava la distanza tra l’Autority e la politica, con aggettivi ed avverbi che gli osservatori interpretavano per decretare bocciature e promozioni di chi sedeva, un km più in là, al Ministero dell’economia.

Questa volta, Panetta ha tenuto un tono di apertura, senza calcare i toni pessimistici che magari qualcuno si attendeva, perchè certi indicatori non sono malvagi e in contemporanea Moodys, castigamatti degli scialacquatori, ha confermato un rating magari non proprio esaltante, ma senza passi indietro: alta classifica di serie B.

E allora abbiamo centrato la nostra attenzione su due passaggi della relazione, quelli meno formali, perché in genere sono rivelatori del non detto.

Il primo è una concessione ad un linguaggio corrente, quasi popolare, che non ti aspetti. Panetta ha pronunciato un “non riesco a credere” davvero fuori dalle righe. Cosa non riesce a credere? “Che un Paese con la nostra storia, le nostre risorse, le nostre potenzialità non possa oggi superare difficoltà che sono sotto gli occhi di tutti”.

Ha ragione, non si riesce a credere al nostro autolesionismo e che la scaletta delle priorità sia capovolta, e il sistema politico, senza grandi reazioni del sistema mediatico, che talora anzi lo incoraggia, rincorra l’ultimo tweet polemico spesso sul nulla, e lasci spazi sulla polemica che forse può spostare qualche voto, senza badare al ruolo istituzionale del Capo dello Stato, cosa che danneggia tutti e può solo alimentare il distacco e l’assenteismo.

I problemi “sotto gli occhi” denunciati da Panetta saranno talora anche complessi, come ad esempio la produttività (dal 2000, !5 volte più lenta a crescere che in Francia, Germania e Spagna), che non è la parolaccia scambiata tra alte cariche dello Stato che tanto fa parlare di sé, ma è la misura della nostra inefficiente gestione della produzione e dei suoi fattori, nonché l’effetto delle lentezze dello Stato. Problema solo per gli addetti ai lavori? No davvero: si sappia che la questione riguarda direttamente i salari degli italiani. Dice Panetta: “sono oggi inferiori di un quarto a quelli di Francia e Germania” e “in termini procapite, il reddito reale disponibile delle famiglie è fermo al 2000”, mentre in quei Paesi è aumentato del 20%. E’ zavorra procurata.

C’è qualcosa di più concreto dei salari in un Paese in cui invece si litiga in eterno per l’immigrazione (di cui c’è bisogno per ragioni di demografia disperata) dimenticando che i numeri dell’emigrazione sono ormai superiori e riguardano centinaia di migliaia di giovani che vanno a lavorare all’estero, anche giovani medici di cui abbiamo un forsennato bisogno?

Seconda annotazione. Panetta è uscito dal sacro testo solo una volta, per sottolineare a braccio (“questo è un dato importantissimo”) una questione che sembra tecnica ma è sostanza: ha fatto notare che l’Italia è “contributore netto” per 155 miliardi verso il resto del mondo. Vuol dire che il Paese produce più risparmio di quello che investe. Dieci anni fa, per dire, era l’opposto (debitori per il 23% del Pil, oggi creditori per il 7,4%). Un fatto positivo in sé, perché con il debito pubblico che abbiamo, resiste un’Italia risparmiatrice, pur recentemente in calo. Ma non investiamo abbastanza questa eccedenza ed è un male. Di nuovo, un fatto di potenzialità non espressa, come quella dei giovani in fuga. Ma sono questi i veri problemi, quelli che ci allontanano dall’Europa proprio mentre i 200 miliardi del nuovo piano Marshall smentiscono certe paranoie anti Europa. Con due guerre alle porte e la crisi della democrazia americana persino in caso di vittoria di Biden, non sarebbe ora di rivedere la scaletta delle cose davvero serie? Bankitalia ce lo ha detto con garbo, senza urlare come si fa di solito.

Beppe Facchetti * è stato deputato al Parlamento e responsabile economico del PLI. E’ attualmente vicepresidente di Confindustria Intellect, che federa le associazioni della comunicazione e della consulenza.Ha sempre lavorato, in aziende, associazioni e istituzioni, nell’ambito della comunicazione d’impresa, materia che ha insegnato all’Università di Perugia e attualmente di Milano. Editorialista di politica economica per “L’Eco di Bergamo”, ha ricevuto nel 2015 la medaglia dell’Ordine per 50 anni di attività pubblicistica. Già membro della Giunta esecutiva dell’ENI, vicepresidente di Sacis Rai, ASM Brescia. Consigliere comunale, provinciale di Bergamo, candidato alla presidenza della Provincia per il centrosinistra.

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