(Adnkronos) – In particolare, sono stati controllati quattro opifici – nelle province di Milano e Monza e Brianza – “tutti risultati irregolari nei quali sono stati identificati 32 lavoratori di cui sette tra occupati in nero di cui due clandestini sul territorio nazionale”. Negli stabilimenti di produzione “effettiva e non autorizzata” è stato riscontrato, rendono noto i carabinieri, “che la lavorazione avveniva in condizione di sfruttamento (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri), in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione) nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico”.
Sono stati denunciati, a vario titolo, per caporalato e altro ben cinque titolari di aziende di diritto o di fatto di origine cinese nonché due persone non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio nazionale. Infine sono state comminate ammende pari a 138.000 euro e sanzioni amministrative pari a 68.500 euro e per quattro aziende è stata disposta la sospensione dell’attività “per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro nero”.
Nel procedimento penale per caporalato e per emissione di fatture false per operazioni inesistenti è stata individuata anche una società ‘cartiera’ regolarmente autorizzata dal brand alla sub-fornitura che non provvedeva in concreto alla realizzazione dei manufatti ma rappresentava “un mero serbatoio di lavoratori, i quali una volta assunti venivano impiegati mediante distacco direttamente presso la società appaltatrice lasciando di fatto gli oneri fiscali, contributivi e retributivi a carico della distaccante, così abbattendo i costi da lavoro. Pertanto – spiegano gli investigatori – è stata individuata anche una fatturazione per operazioni inesistenti a carico della ditta sub-appaltatrice”.