Roma, 11 giu (Adnkronos) – “Giò, sentàmi, assaggia sta suppressata!”. Non c’è prova certa del fatto che sia stato lo spot elettorale in cui Antonio Decaro studia i dialetti delle cinque regioni della circoscrizione Sud a spingere il sindaco di Bari al successo delle europee. Sta di fatto che è stato lui il ‘dem’ più votato in Italia, superato in termini assoluti solo dalla premier Giorgia Meloni considerando le preferenze raccolte in un unico collegio.
Decaro ha ottenuto 495.918 voti. Numeri da capogiro, che diventano ancora più pesanti analizzando bene i risultati. A Bari città, Decaro ha ottenuto 59.339 voti (Meloni 13.499) e il Pd è arrivato a quota 49,77%, neanche nella rossa Emilia. Allargando alla provincia i voti per il mister preferenze dem sono stati 186.577 (Meloni 59.830), in tutta la Puglia 352.266 con il Pd al 36,57%. Ma Decaro è primo tra i dem anche in Basilicata (22mila voti), Abruzzo (14mila voti), Molise (4mila) e Calabria (25mila voti).
Per l’Istituto Cattaneo, a Bari “grazie alla forza attrattiva esercitata dal sindaco uscente, Antonio Decaro, una quota considerevole di ex elettori Cinque Stelle (circa il 67%) ha votato per il partito oggi guidato da Elly Schlein”. Il primo cittadino di Bari non è nuovo agli exploit nelle urne. Per il suo secondo mandato da sindaco, nel 2019, ha vinto al primo turno con il 66,3% (la prima volta nel 2015 aveva avuto il 49,4% al primo turno). Eppure il neo eurodeputato non nasce politico, ma tecnico: approda in politica come assessore (tecnico) alla Mobilità dell’allora sindaco di Bari Michele Emiliano nel 2004.
(Adnkronos) – Da lì, un crescendo: consigliere regionale in Puglia dal 2010, deputato dal 2013. Sempre sotto le insegne dem. A Bari si identifica subito con la città: nel 2021 è il sindaco più amato secondo la classifica stilata dal Sole 24 ore (secondo nel 2022, terzo nel 2023). Presidente dell’Anci, classe ’70, laureato in ingegneria civile al Politecnico di Bari, sposato con due figlie, Decaro vive sotto scorta dal 2016 dopo le minacce legate ad alcune vicende sul contrasto al commercio abusivo, una bandiera della sua amministrazione.
E proprio dalla cronaca era arrivato l’ultimo ‘dispiacere’ per Decaro, con tanto di polemiche politiche che hanno funestato l’ultimo tratto della sua sindacatura e l’avvio della campagna elettorale per le europee. Prima l’inchiesta (che non ha mai coinvolto Decaro) partita da una consigliera comunale, poi la decisione del Viminale di inviare una commissione ispettiva con tanto di minacce di scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose.
Poi le dichiarazioni di Michele Emiliano, la foto con due donne legate a un boss di Bari vecchia. Una tempesta di polemiche politiche che, però, non hanno avuto alcuna influenza sulla reputazione di Decaro. “Non ho avuto paura dei clan Parisi, Capriati, Strisciuglio. Non avrò paura di voi. Aspetterò con serenità la commissione per l’accesso. Avrete tutto il mio supporto perché Bari non piega la testa”, aveva detto il sindaco nel marzo scorso in una conferenza stampa ancora ‘cliccatissima’ su Youtube, anche perché è quella in cui non trattiene le lacrime.
(Adnkronos) – Ma non era una prima volta, cedere alla commozione, per Decaro. Era già successo ai tempi del Covid: “Il momento più difficile per me”, ha sempre ammesso l’esponente dem. Il successo del sindaco (ormai ex) di Bari conferma una vecchia tradizione del centrosinistra: le ultime europee sono state infatti, per il Pd, a forte trazione amministratori locali.
Oltre Decaro, hanno fatto incetta di voti il sindaco di Firenze Dario Nardella (116mila), il sindaco di Pesaro Matteo Ricci (103mila), il sindaco di Bergamo Giorgio Gori (210mila). A questa pattuglia si aggiunge anche Nicola Zingaretti (124mila voti), deputato dopo un lungo periodo da presidente di Provincia di Roma e della Regione Lazio.
Di sicuro, tra i mister preferenze dem c’è il presidente del partito Stefano Bonaccini: 389mila voti. Il governatore (ormai ex, anche lui) dell’Emilia Romagna ha tra l’altro trascinato il Pd a riprendersi lo scettro di partito più votato nella sua regione (36,1%) che cinque anni fa aveva dovuto cedere alla Lega, con il record a Bologna del 41,1%.