Di Daniele Piro
Tanti anni fa invitai a Benevento degli amici nordici (chi mi conosce sa che ormai sono un emigrante da oltre un trentennio) che non avevano mai fatto nella loro vita dei giri nel Sud Italia, men che meno a Benevento.
Mio padre venne a prenderci alla stazione e nel percorrere viale Principe di Napoli la prima cosa che uno dei miei amici esclamo’ fu: “pero’…..una strada così pianeggiante ma non vedo nemmeno una bicicletta!”. Gente di Legnano, cresciuta con il mito delle famose biciclette che portavano il medesimo nome della cittadina in cui vivo e nella quale la bici fa effettivamente da padrona. A tale affermazione io e mio padre cominciammo a ridere. Quando dopo circa un quarto d’ora arrivammo a destinazione e si resero conto di dove fosse l’abitazione dei miei genitori – quartiere Pacevecchia zona Quisisana – , si rimangiarono quanto detto. Percorrere Benevento in bici non è affatto semplice, non tanto per il traffico, bensì per la morfologia del territorio di una città che presenta notevoli saliscendi. Morfologia che suo malgrado è entrata nella parlata corrente dei Beneventani che, forse anche senza pensarci su, ormai indicano le varie zone cittadine proprio facendo riferimento all’altezza. Non ci credete? A chi di voi non è mai capitato di pronunciare frasi come: “ devo fare un salto ABBASCE a stazzion’, arriviamo ABBASCE e Palazzin’, mia nonna abita ABBASCE a Madonn’ a Razzie ,sta e cas’ ABBSCE a Fragola o ABBASCE Santa Colomba o ABBASCE u Cimiter’ per indicare le zone basse della città che si contrappongono alle ormai consolidate frasi usate per indicare i quartieri o i rioni alti quali “NGOPP’ andenn’, NGOPP’ a Pacevecchia , NGOPP’ Capemont o NGOPP’ u Viale Atlantici.
Per non farci mancare nulla credo che non ci sia un solo Beneventano che nel corso della sua esistenza non abbia esclamato la frase: “facimmece ‘na camminata MMIEZ u Corz “ che diventa il vero spartiacque del territorio morfologico cittadino, non tanto per la sua centralità, ma per la sua collocazione altimetrica posta a metà fra le zone basse e quelle di collina.
Ricordo da ragazzino quando l’altitudine influisse anche sul microcliclima cittadino. Sovente in inverno mi capitava di svegliarmi euforico per via di un soffice strato nevoso che aveva imbiancato il quartiere. Euforia che svaniva man mano che vedevo la neve scomparire, scendendo dal cocuzzolo della montagna per recarmi a scuola alla F.Torre (medie) e poi all’Alberti (superiori), attraversando quel Viale Mellusi che per quanto rientrasse nella categoria dei quartieri con dicitura “ ‘ngopp”, non era ‘ngopp abbastanza affinchè la neve tenesse.
Vi lascio con un aneddoto accaduto con il mio professore di Educazione Fisica delle medie che alla domanda: “dove abiti?” ed alla mia successiva risposta: “Prufsso’, abito ‘NGOPP’ andenn” mi guardò e con fare serioso mi disse: “ma a matin’ p’ scenn’ pigli ‘a fune o t’ vutt’ abbasc’ direttamente?”
Mmiez’, ngopp, abbasce….termini stupendi a testimonianza che la lingua italiana sarà pure bellissima, ma non può competere con il dialetto di una città costruita in salita (o in discesa; dipende dai punti di vista!)
Scugnizzo69