Di Raffaele Romano
Per cercare di comprendere Napoli non è possibile dopo Totò non parlare del Teatro a Napoli o di Napoli nel teatro. Si perché il confine fra i due mondi è così sottile che è difficile distinguerlo. La prima compagnia teatrale di cui si abbia notizia certa a Napoli è del lontano 1575, anche se già certamente qualche secolo prima si sarà molto diffusa questa nuova prassi di organizzazione degli spettacoli ma, per ora, non ve ne è traccia storica certa. Teresa Magale, una grande ricercatrice e attualmente professore associato di Discipline dello Spettacolo all’Università degli Studi di Firenze, nel suo libro “Tra mare e terra. Commedia dell’Arte nella Napoli spagnola (1575-1656)” edito da Bulzoni descrive, in circa 500 pagine quali fossero state le caratteristiche della civiltà teatrale napoletana. Con documenti originali l’autrice spiega le principali dinamiche culturali della vita degli attori in un arco di tempo che va dalla formazione della più antica compagnia dell’Arte finora nota (1575) e la devastante peste di metà Seicento (1656). Col tempo la Megale dà a Napoli e al suo teatro una posizione di primo piano nel quadro italiano ed europeo, già con la sua maschera più tipica che fu Pulcinella. Ma a parte questa breve foto storica e non affondando molto nei secoli non possiamo non partire da Antonio Petito, un grande attore teatrale e, allo stesso tempo, drammaturgo che ereditò dal padre, Salvatore, i panni della maschera di Pulcinella ed è considerato, ad oggi, il migliore interprete della stessa. Fu sempre il padre a farlo debuttare cedendogli la sua maschera nel corso di una bella rappresentazione teatrale nello storico Teatro San Carlino di Napoli. Petito è stata la figura principe del teatro napoletano dell’800. Si deve a Raffaele Viviani la riscoperta e il rilancio del Petito autore quando, nel 1941, mise in scena “So’ muorto e m’hanno fatto turna’ a nascere”.
La seconda grande colonna del teatro napoletano, dopo il Petito, è stata senz’ombra di dubbio Eduardo Scarpetta. Scarpetta nacque a Napoli il 13 marzo 1853 e da lui discendono anche i De Filippo che con Titina, Eduardo e Peppino furono un importante ramo della sua grande discendenza. Scarpetta fu il capostipite di una nuova tradizione teatrale sia come attore che come autore. Egli iniziò stretto dai morsi della fame col citato Antonio Petito per poi diventare il più importante attore e autore del teatro napoletano tra la fine del 1800 ed i primi del Novecento. A lui si deve il teatro dialettale moderno e si specializzò, molto particolarmente, nell’adattamento alla lingua napoletana delle pochade francesi; mentre, per altre opere, scrisse commedie sulla vita sociale della Napoli dell’epoca. Come non ricordare, ad esempio, la famosissima “Miseria e nobiltà” portata sul grande schermo da Totò nel 1954 che interpreta la maschera inventata da Scarpetta: Felice Sciosciammocca che affiancò quella storica di Pulcinella e la divertentissima “O’ Scarfalietto”. Da Eduardo Scarpetta nacque la stirpe dei De Filippo suoi figli naturali avuti dalla relazione con Luisa De Filippo, da cui nacquero i già citati Titina, Eduardo e Peppino. Titina iniziò la sua precoce carriera artistica nella compagnia del padre e da bambina veniva utilizzata in ruoli da maschietto, come “Peppeniello” in Miseria e Nobiltà, mentre Eduardo, a soli 14 anni, venne scritturato dal fratellastro Vincenzo Scarpetta nella sua compagnia. Insieme alla sorella Titina e solo pochi anni dopo Vincenzo Scarpetta associò alla compagnia anche l’ultimo dei fratelli De Filippo, Peppino. Nel 1927 Eduardo De Filippo formò con Michele Galdieri, grande commediografo e sceneggiatore anch’egli napoletano, una propria compagnia alla quale associò Peppino e Titina. In questa occasione Eduardo conobbe l’americana Dorothy Pennington, che sposò l’anno seguente. Nel 1931 Eduardo, Titina e Peppino fondarono la “Compagnia del teatro umoristico, i De Filippo”. Con questa loro compagnia i tre si affermarono definitivamente. Il sodalizio associò nel tempo i più valenti attori comici e dialettali napoletani: come Agostino Salvietti, Tina Pica, Dolores Palumbo, Pietro Carloni e tanti altri. Successivamente i tre litigarono e ruppero questo grande sodalizio in cui Titina dopo un serio problema cardiaco si ritirò dalle scene mentre Eduardo e Peppino, invece, continuarono nella loro doppia veste di attori ed autori.
Un’altra grande famiglia fu quella dei Maggio di cui il capostipite Mimì Maggio fu l’interprete preferito dei più importanti autori e dei migliori impresari del Caffè-Concerto d’inizio ‘900. Mimì si sposò con Antonietta Gravante, una cabarettista di successo da cui ebbe ben 16 figli e ben 7 di questi (Rosalia, Pupella, Dante, Enzo, Beniamino, Icario e Margherita) seguirono le orme artistiche dei genitori. La più apprezzata di tutti fu l’indimenticabile Pupella che affiancò Eduardo De Filippo e rimane negli occhi di tutti la sua partecipazione in “Natale in casa Cupiello” nota, soprattutto, per il solito: “Te piace o’ Presepe?”.
Attualmente le dinastie artistiche continuano a Napoli e, fra le tante, ci piace ricordare i fratelli Gianfranco e Massimiliano Gallo figli del cantante Nunzio Gallo che in una recente intervista si sono così pronunciati: “A differenza dei bambini che sognano di essere astronauti, noi abbiamo sempre saputo che avremo fatto gli attori. Quando hai un obiettivo, il tuo cammino non si perde in un vagare dispersivo. Per noi il teatro è una malattia, lo facciamo perché non ne possiamo fare a meno”.
Come si vede la tradizione continua…