Di Raffaele Romano
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Mai parole furono più veritiere di questa illuminante frase di Umberto Eco. I concetti che sempre più stanno emergendo fra stuoli di inesperti “giornalisti e storici” sono almeno due: il Piano Mattei come espressione scelta dal governo Meloni per un piano strategico per la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Africa e che il governo Meloni si sia messo in politica estera nella scia della politica di Bettino Craxi.
Storicamente è accertato che Mattei si smarcò totalmente dalle ingerenze degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, mentre la presidente Meloni fa esattamente l’opposto. Mattei si avvantaggiò di un momentaneo disinteresse da parte delle grandi multinazionali, che non credevano nello sviluppo economico del continente africano e quindi non lo ritenevano luogo privilegiato per i loro investimenti. La sua azione geopolitica realizzò accordi diretti con i governi locali cosa di non poco conto. A tal riguardo è entrato nella leggenda l’episodio che racconta di Maometto V, re del Marocco ed inviso alla Francia, il quale, contravvenendo ad ogni protocollo che gli impediva di dialogare con uno “straniero” in una lingua che non fosse l’arabo, era solito invece prenderlo sotto braccio e parlare con lui in francese. Per i marocchini Mattei “era quello che faceva trattare gli operai indigeni come quelli venuti dall’Europa.” Aveva dato loro la piena sovranità sulle proprie risorse naturali: “piena collaborazione invece di sfruttamento”.
Gli avversari-nemici di Mattei furono, in ordine di importanza, l’americana Standard Oil of New Jersey trasformatasi in Esso e in seguito fusa con la Mobil per diventare ExxonMobil; la Royal Dutch Shell all’epoca anglo-olandese; l’inglese Anglo-Persian Oil Company oggi BP; le americane Standard Oil of New York, Texaco, Standard Oil of California e Gulf Oil. Un bel ring di multinazionali! Oggi la situazione è completamente diversa. L’Africa, per volontà dell’allora segretario di Stato signora Clinton e del governo francese in primis, venne abbandonata allorchè decisero di attaccare la Libia dando l’avvio al sostanziale allontanamento dal continente africano. Ciò ha determinato il massiccio ingresso della Cina con ingenti investimenti direttamente coi governi locali, della Russia e, addirittura, della Turchia. Come se ciò non bastasse non si comprende con quali soldi, come e con chi in occidente si porterebbe avanti il sedicente Piano Mattei essendo l’Italia irrilevante sul piano militare, con scarsi mezzi finanziari e senza una sua geopolitica da 30 anni in qua.
Per quanto riguarda il presunto mettersi sulla presunta scia politica estera di Craxi si è altrettanto lontani anni luce. Fulvio Martini, per diversi anni a capo del Sismi, in un’intervista rilasciata nel 1995 a Giuseppe D’Avanzo de la Repubblica disse: “Per la mia attività, Craxi è stato probabilmente il miglior presidente del Consiglio dei cinque che ho avuto… L’ho detto e non rinnego. Con Craxi i rapporti sono stati più stretti perché quel periodo fu caldissimo. Ricordate la crisi dell’Achille Lauro con Sigonella?……. Il governo Craxi faceva sul serio la politica estera e l’intelligence aveva molta importanza per lui, la utilizzava come braccio operativo e il direttore del servizio non poteva che compiacersene. Facevo il mio lavoro di professionista.”
Basterebbe già questo per comprendere che i piani di valutazione sono totalmente diversi ma, per precisione storica, i due misero in piedi una politica estera con ben precisi obiettivi geopolitici utilizzando la nostra intelligence e la parallela costruzione di leader politici a noi molto vicini.
Per Craxi e Mattei c’era la libera scelta del campo occidentale non una scelta di vassallaggio obbligato come si è delineata dal 1993 in poi. Eravamo alleati forti e determinati che riconoscevano agli USA il ruolo primario che spettava loro ma che, allo stesso tempo, si ritagliavano spazi di autonomia in economia ed in politica estera con una visione geopolitica.
In estrema sintesi non erano avvezzi baciare alcuna pantofola sia in Europa che nel mondo al fine di avere un piccolo scranno per illudersi di poter contare come qualcuno a Roma pensa di fare oggi per il prossimo governo europeo perché, piaccia o non piaccia e lo ripeterò fino alla noia, le famiglie politiche che danno le carte in Europa sono sempre le stesse dal 1958: i popolari, i socialisti e i liberali e, purtroppo per noi, non abbiamo titolari in quelle case politiche.