Taormina, 21 giu. (Adnkronos) – “Quando si parla di identità, parlare di Europa è quasi una necessità” ha detto Alessandro De Pedys, Direttore Generale per la Diplomazia pubblica e culturale, Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale, intervenuto a Palazzo Corvaja nell’ambito di Taobuk a Taormina. E nel corso dell’incontro, dal titolo L’identità come arma geopolitica, ha proseguito: “L’UE è forse il più ambizioso esperimento geopolitico di tutti questi decenni, che ha garantito benessere e pace ai suoi cittadini per molto tempo. Tuttavia, non è mai riuscita a creare una vera identità europea e i cittadini non si sentono parte di un unico popolo europeo. La globalizzazione ha infranto il triangolo identità – patrimonio – memoria collettiva. È lecito quindi domandarsi se andiamo verso un’omologazione culturale, verso una convivenza armonica tra culture diverse, oppure verso uno scontro di civiltà. La strada, io credo, è quella di coltivare la consapevolezza della propria identità e della propria cultura: una cultura che non può non essere aperta verso l’esterno. Tuttavia, una simile apertura non può essere rigetto delle proprie tradizioni. Una cosa è essere aperti verso le contaminazioni culturali, che sono positive pena un inaridimento della società, altro è eliminare la nostra tradizione in nome di relativismi”. Di identità ed equilibri geopolitici ha parlato oggi a Palazzo Duchi di Santo Stefano anche Giampiero Massolo, analista e diplomatico, che ha portato a Taobuk il suo nuovo libro scritto a quattro mani con Francesco Bechis Realpolitik. Il disordine mondiale e le minacce per l’Italia. “Il mondo, la scena delle relazioni internazionali è frutto dello scontro/incontro dei vari interessi nazionali – ha detto Massolo – Questi comportano la sintesi di tanti aspetti e fra questi c’è anche l’aspetto dell’identità, le nazioni hanno una crescente ambizione di essere riconoscibili sulla scena internazionale e il perseguimento dell’interesse nazionale passa anche da lì”.
Carlo Cottarelli, direttore generale dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, Università Cattolica di Milano, oggi pomeriggio a Palazzo Duchi di Santo Stefano ha riflettuto sul tema della democrazia “Non c’è niente di più pericoloso – diceva Montesquieu – per una democrazia dell’apatia dei cittadini”. E sul crollo della partecipazione ha detto: “L’antidoto è prima di tutto dare più serietà al processo elettorale consentendo ai cittadini di scegliere chi viene eletto. Questa è una cosa fondamentale. Poi credo sia necessario rendere più facile votare: il voto per corrispondenza c’è in tanti Paesi, in Germania la metà dei voti sono per corrispondenza. Bisogna rendere più credibili i programmi dei partiti politici, obbligando i partiti a dichiarare quali e quante risorse siano disponibili per la realizzazione dei loro programmi. Credo che sarebbe anche necessario ridare un ruolo maggiore al Parlamento e insegnare nelle scuole che andare a votare è importante perché la democrazia funzioni”.