Roma, 28 giu. (Adnkronos) – “La forma di governo non solo può essere messa in discussione, anzi mi sento di dire che deve essere messa in discussione: è ora di superare un sistema ereditato dalla Guerra fredda, fatto apposta per non permettere ai vincitori delle elezioni di governare”. La pensa così sul premierato Augusto Barbera, presidente della Corte costituzionale dal 12 dicembre 2023, che oggi, in una lunga intervista sulle pagine del Sole24ore, dice la sua sulle riforme costituzionali.
“Non mi convince questo rifiuto da parte di vari settori dello schieramento politico del tema delle riforme istituzionali, che è aperto dal 1983. Prima con la Commissione Bozzi, poi con la Commissione De Mita-Iotti, poi con la Commissione D’Alema, poi con i “Saggi” di Letta e Napolitano, poi con le stesse riforme Berlusconi-Bossi e Renzi-Boschi, bocciate ai referendum confermativi del 2006 e del 2016. Da decenni si sa che ci sono dei limiti della forma di governo che vanno superati. E sono i limiti posti dalla Costituente stessa. Dove, dallo scoppio della guerra fredda nel 1946-47 e dall’estromissione delle sinistre dal governo nel maggio del ’47, prevalse la paura della vittoria dell’altro. La cosiddetta ‘paura del tiranno’ nasce lì: il possibile tiranno era per i comunisti quello clericale, per i democristiani quello socialcomunista. Da ciò discendono tutte le cose che non funzionano del sistema italiano”, dice il presidente della Consulta.
Tra queste il bicameralismo paritario. “Siamo rimasti l’unico Paese ad avere due Camere che hanno gli stessi poteri – fa notare Barbera -. Addirittura, all’inizio, con Camere di diversa durata (5 anni la Camera e 6 il Senato) ed elette con sistemi elettorali diversi (proporzionale di lista con preferenze alla Camera, uninominale al Senato), un’anomalia nell’anomalia poi superata nel 1963. Perché? Proprio per rendere difficile il governo allo schieramento vincente. E allora perché ora non porre mano al bicameralismo? L’occasione poteva essere rappresentata dalla riduzione del numero dei parlamentari, voluta dai 5 stelle e approvata a larga maggioranza: c’era la possibilità di valorizzare il Parlamento in seduta comune per tutta una serie di provvedimenti, cioè attuare di fatto un monocameralismo al posto del monocameralismo alternante a cui si è costretti oggi. Si è persa un’occasione. Io ad esempio trovo avvilente che un presidente del Consiglio quando deve andare a Bruxelles per le riunioni del Consiglio Ue, come avvenuto anche questa settimana, debba presentare le comunicazioni prima in una Camera e poi nell’altra, rileggendo lo stesso identico discorso e assistendo ad un dibattito inutilmente ripetitivo. Se vogliamo rafforzare il Parlamento come sede della rappresentanza popolare, un luogo in cui i cittadini si possano riconoscere, abbiamo bisogno di avere una sola Camera: per gli inglesi è la Camera dei Comuni, per i francesi è l’Assemblea nazionale, per i tedeschi è il Bundestag”.
Per il presidente della Corte Costituzionale, “nessuno può erigersi a esclusivo erede della Carta costituzionale e dunque unico legittimato a riformarla”, una “Costituzione è salda se vi è legittimazione reciproca” e le forze politiche, nel processo di revisione, “non possono delegittimarsi reciprocamente”. “Così come -rimarca – nessuno dovrebbe dimenticare di riflettere a fondo sugli effetti spesso negativi causati dalle modifiche costituzionali tentate, e talvolta anche portate a termine, grazie alle fughe in avanti della maggioranza del momento: in particolare, quando parliamo di forma di governo, ogni innovazione dovrebbe essere condivisa dalle forze politiche presenti in Parlamento. Sarebbe nell’interesse dell’opposizione, in un regime bipolare destinata all’alternanza di governo, e della maggioranza, che, soprattutto su questi temi, dovrebbe essere interessata ad abbassare la temperatura del conflitto politico”.
Per Barbera, dunque, “la forma di governo non solo può essere messa in discussione, anzi mi sento di dire che deve essere messa in discussione, visto che dalla Costituente uscì un sistema fatto apposta per non permettere ai vincitori delle elezioni di governare”. Quanto alle critiche messe sul potere di scioglimento delle Camere in capo al premier -previsto dalla riforma targata dal governo Meloni -, che svuoterebbe il ruolo del Capo dello Stato e renderebbe “schiavo” il Parlamento, “trattandosi di un punto decisivo del progetto di riforma costituzionale all’esame del Parlamento, non posso né voglio esprimermi. Posso limitarmi a ricordare che, a certe condizioni, il potere del Primo Ministro di provocare il ricorso anticipato alle urne è presente in tutte le forme di governo parlamentari”.
Quanto al problema dell’eccesso di decretazione d’urgenza e del troppo frequente ricorso alla fiducia, “si dice spesso che, tutto sommato, non c’è bisogno di cambiare la forma di governo perché il presidente del Consiglio può adottare i decreti leggi, mettere la fiducia, lavorare sui maxiemendamenti. Ebbene – rimarca Barbera -, tutto questo in realtà è espressione di debolezza, non di forza del capo del governo. Le altre democrazie europee non conoscono né decreti legge, né questioni di fiducia, né maxiemendamenti, anche perché il Primo Ministro ha due decisivi poteri: da un lato controlla l’agenda del Parlamento richiedendo il voto a data certa di provvedimenti governativi urgenti, dall’altra può porre il veto ad emendamenti parlamentari che aumentino la spesa o diminuiscano l’entrata”.