Di Angela Casilli
Il voto europeo non sembra aver calmato gli animi, né nella maggioranza di governo né nelle opposizioni, visto il modo con cui si procede in Parlamento all’approvazione sia dell’autonomia regionale che del premierato, modus operandi caratterizzato da forzature da parte di una Destra che ritiene di poter decidere in assoluta libertà quello che vuole e da una Sinistra che ritiene, al contrario, di dover contrastare il Governo, manifestando nelle piazze e appellandosi ai costituzionalisti.
Il premierato ha superato al Senato il suo primo esame con l’approvazione del testo che dovrà, ora, superare la prova alla Camera per poi passare ad una seconda lettura in entrambe le Camere.
L’iter parlamentare, di per sé lungo, sarà comunque osteggiato da tutti quegli oppositori, e sono molti, che ritengono che la riforma sia l’anticamera di un vero e proprio regime, con le inevitabili derive autoritarie già viste in passato e temono per questo motivo “contraddizioni insanabili” nell’assetto costituzionale della nostra Repubblica.
Anche gli osservatori meno prevenuti sono d’accordo nel ritenere tale legge non ben definita, pur se migliorata rispetto al testo iniziale, per cui ci vorrà del tempo prima che possa funzionare veramente. La riforma stabilisce l’elezione diretta del Premier dal popolo ma non chiarisce come, tanto è vero che contiene una norma transitoria che stabilisce che entri in vigore solo dopo una nuova legge elettorale.
Facile perciò ironizzare su quanto scritto, visto i precedenti in fatto di legge elettorale, ma, questa volta, alcuni criteri basilari cui attenersi dovrebbero essere trascritti nella Costituzione, ad esempio la necessità di andare al ballottaggio se nessuno schieramento raggiungesse la maggioranza, come obbligatorietà, perché la Consulta a suo tempo ha bocciato sia il Porcellum che l’Italicum che non lo prevedevano.
Possiamo, quindi, essere certi che se la legge costituzionale sul premierato dovesse superare anche alla Camera l’esame, così com’è oggi, non sarebbe utilizzabile.
Sarebbe, invece, perfettamente utilizzabile dalle opposizioni che si coalizzerebbero nella campagna referendaria, per far saltare oltre alle riforme anche la Premier.
La prospettiva di tre referendum in una sola legislatura, oltre a quello sul premierato, anche quello sull’autonomia regionale e quello sulla Giustizia, quest’ultimo più che probabile, è un vero e proprio percorso di guerra, con un Parlamento sottoposto a tensioni crescenti con il rischio che la Costituzione diventi un capro espiatorio.
C’è da chiedersi, inoltre, se valga la pena acuire il clima di scontro dopo le aggressioni avvenute alla Camera nei giorni scorsi.
E’ un clima pesante, che negli ultimi tempi ha dovuto anche registrare le offese alla memoria di Giacomo Matteotti, vittima dello squadrismo fascista e perfino battute sarcastiche sullo sterminio degli ebrei.
Sono immagini di un sistema politico in affanno incapace non solo di mediare, ma soprattutto di controllare le derive estremistiche e il linguaggio, addirittura, di alcuni esponenti politici.
Questo disinvolto imbarbarimento della politica accentuerà il distacco dell’opinione pubblica e rischierà di nuocere non poco al nostro Paese sul piano internazionale.