di Maria Grazia Massimiani
Durante i lavori del maxi-cantiere francese del Grand Paris, è esplosa l’inchiesta relativa allo smaltimento di rifiuti del cantiere nelle terre agricole della regione parigina.
Il cantiere, che vedrà la luce a fine 2025, ha come obiettivo quello di ampliare l’offerta di trasporto pubblico su ferro permettendo a circa tre milioni di viaggiatori di spostarsi con maggiore rapidità nei loro percorsi quotidiani.
L’inchiesta è partita dalla denuncia di un agricoltore che, sottoposto a minacce e vessazioni di vario titolo, ha deciso di rivolgersi all’autorità giudiziaria. Evidenziando un sistema di stampo mafioso, in attività da tempo, il quale attraverso l’uso della forza aveva come obiettivo quello di impadronirsi di alcune terre incolte o a vocazione agricola della regione parigina.
Il gruppo criminale aveva preso accordi con esponenti politici di comuni che gravitano intorno all’aerea metropolitana di Parigi con lo scopo di usufruire di determinati terreni per riversare su di essi la terra di smaltimento dei lavori pubblici. Rendendola di conseguenza inquinante ed inutilizzabile.
Quello che viene descritto oltralpe come fenomeno di banditismo locale ha in realtà i caratteri specifici del sistema mafioso che logora e fagocita il territorio. Una realtà identificata dalla maggior parte della popolazione come fenomeno propriamente italiano.
Una holding finanziaria i cui interessi sono di ampio spettro e che superano i vecchi confini nazionali, infiltrandosi nelle economie estere. Una mafia nuova che guarda all’Europa e ai suoi interessi economici. I reati ambientali risultano aumentati di circa il 15% dal 2021. Questo dato ci permette una duplice lettura del fenomeno: da una parte l’aumento esponenziale dei reati ambientali da parte della criminalità organizzata ma anche la capacità di contrasto da parte della polizia e della magistratura a tale fenomeno.
Gli interessi criminali si stanno concentrando su questo nuovo business per due motivi principali, in primo luogo perché sono reati meno pericolosi da un punto di vista penale, in secondo per l’aumentata domanda da parte di una certa imprenditoria corrotta che vuole abbattere i costi produttivi relativi allo smaltimento dei rifiuti. Basta pensare che tra i business mafiosi, quello dello smaltimento di rifiuti risulta essere al quarto posto per guadagni.
L’Italia, tra i paesi europei, risulta essere all’avanguardia dal punto di vista legislativo per questo tipo di reati. Attualmente l’Europa sta cercando di mettere in atto una normativa comune che preveda il reato di ecocidio per questo tipo di attività. L’elemento chiave che deve essere comune a tutti i paesi europei è quello di una presa di coscienza sul fenomeno. Una presa di coscienza che deve essere valorizzata dalla condivisione dei dati tra ciascun paese e conseguentemente la creazione di un’unica banca dati europea alla quale attingere informazioni.
Se la società civile perde di vista questa capacità mafiosa di nascondersi e cambiare pelle, di varcare confini e linguaggi, diminuisce la sua capacità di contrasto.
Gli interessi europei e i suoi relativi mezzi finanziari non sono altro che una nuova frontiera da sfruttare per le mafie. Gli enormi investimenti attuali che gravitano intorno alle energie rinnovabili e ai sistemi di riconversione dei rifiuti sono una terra di conquista per i fenomeni criminali ma anche un sistema alternativo per le imprese ad evadere il fisco. Finché ci sarà domanda da parte delle imprese a trattare in maniera illegale il trattamento dei rifiuti, allora ci sarà sempre una risposta criminale a tale bisogno. La celebre frase pronunciata nel 1992 dal collaboratore di giustizia Nunzio Perrella, “Dottò, la monnezza è oro”, rappresenta in chiave semplicistica il senso reale che ruota intorno allo smaltimento dei rifiuti. Un oro nero che non conosce crisi.