Di Francesco Maria Luongo 

Commentando il recente report di Fanpage.it, il Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni ha criticato il modus operandi usato dai giornalisti, affermando che “infiltrarsi nei partiti politici è un metodo usato dai regimi” e “in 75 anni di storia repubblicana nessuno ha ritenuto di infiltrarsi in un partito politico e di riprenderne segretamente le riunioni”. In parte ha ragione, nessun giornalista prima d’ora aveva scelto di infiltrarsi nella gioventù di un partito. Non è inedito invece usare il giornalismo per entrare all’interno di realtà in cui nessuno osa entrare con l’obiettivo opposto presentato dalla premier: esporre e scardinare quei regimi che hanno basato il loro potere sul silenzio, l’omertà e l’illegalità, anche a costo della propria vita.

Che cos’è il giornalismo investigativo?

Il giornalismo investigativo, o giornalismo d’inchiesta, è una forma di giornalismo in cui il giornalista, di solito freelance e non legato a una particolare organizzazione, non si limita soltanto ad esporre ciò che riceve dalle sue fonti, ma è lui stesso ad addentrarsi nell’argomento di cui sta trattando. L’obiettivo è quello di informare il lettore su questioni che altrimenti sarebbero rimaste celate. Esso nasce negli Stati Uniti a opera dei “Muckrackers” ovvero “Scavatori di letame”, cioè reporter che avevano come scopo informare i cittadini delle irregolarità degli affaristi e dei politici. La loro inchiesta più famosa è quella del Washington Post sullo scandalo Watergate che ha portato alla messa in stato d’accusa e poi alle dimissioni dell’allora presidente Richard Nixon. Il giornalismo investigativo è una pratica completamente legale in Italia grazie all’Articolo 21 della Costituzione e alla Corte di Cassazione, che in diverse occasioni ne ha ribadito la liceità (più recentemente attraverso l’ordinanza n.30522 del 3 novembre 2023)

La mafia

L’argomento preferito dei giornalisti investigativi nostrani riguarda le organizzazioni mafiose, da Cosa Nostra in Sicilia, alla Camorra in Campania fino alla N’drangheta in Calabria. In Sicilia i primi ad occuparsene sono i cronisti dell’Ora, giornale di Palermo. In particolare dal 1954 fino al 1974 un gruppo di giornalisti guidato da Vittorio Nisticò ha indagato sui rapporti di Cosa Nostra sul territorio palermitano. Il primo scoop arriva dopo 4 anni, quando sulla prima pagina appaiono  le foto di Luciano Liggio con la scritta “Pericoloso!”. Infatti sono stati proprio loro a individuarlo come il boss di Cosa Nostra e responsabile di tutti i crimini a stampo mafioso della zona. A causa di questa notizia, 4 giorni dopo, cinque chili di tritolo esploderanno davanti alla sede dell’Ora, creando parecchi danni alla facciata. In Campania ad occuparsi della Camorra ci sarà Giancarlo Siani nel 1985 che sfiderà i due clan di Torre Annunziata, i Gionta e i Nuvoletta, quest’ultimi alleati con Totò Riina. Infatti svelerà i traffici del boss Valentino Gionta e i rapporti che aveva formato con la politica locale durante il terremoto dell’Irpinia. Invece i Nuvoletta verranno accusati di voler fare fuori proprio Gionta per prendere il suo ruolo e fare pace con Antonio Bardellino, fondatore del Clan dei Casalesi. I Nuvoletta decideranno di vendicarsi uccidendo il giornalista il 23 settembre dello stesso anno. L’ultimo ad investigare sulla Camorra è stato Roberto Saviano con il suo celebre libro “Gomorra”, una fiction tratta dalla realtà che ha completamente scoperchiato la criminalità organizzata. A causa del suo romanzo, ha ricevuto la scorta e tutt’ora vive secondo un rigido protocollo di protezione.

L’Osservatore Politico

Nel 1968, un giornalista di nome Carmine “Mino” Pecorelli fonda l’Osservatore Politico (OP), agenzia di stampa e poi rivista, con l’obiettivo di scovare tutti gli scoop del panorama politico. Nonostante i titoli sensazionalistici, il contenuto degli articoli era molto attendibile. Tutto ciò era possibile grazie ad una fitta rete di informatori presenti non solo negli organi statali, ma anche nell’Arma dei Carabinieri, nei Servizi Segreti Italiani e nella Loggia P2. Tra gli scandali scoperti da OP ricordiamo lo scandalo Italpetroli, lo scandalo Lockheed, il caso Sindona, il dossier “Mi.Fo. Biali” e la scoperta di una loggia massonica all’interno del Vaticano. Nel 1978 Mino si occuperà del Caso Moro, dalla strage di Via Fani del 16 marzo ai 55 giorni di prigionia fino al ritrovamento del cadavere a Via Caetani il 9 maggio. Tra le notizie più importanti ci sono la falsità del Comunicato numero 7 delle Brigate Rosse, la pubblicazione della lettera di Moro in cui invitava Cossiga e Zaccagnini ad impegnarsi a liberarlo e la trattativa intrapresa dal Vaticano. L’ultimo bersaglio di Mino è Giulio Andreotti. La sera del 20 marzo 1979 aveva pronta un’inchiesta intitolata “Tutti gli assegni del Presidente”. Non verrà mai pubblicata perché proprio in quella sera il giornalista verrà colpito da 4 colpi di pistola. Con la morte del suo fondatore, anche l’Osservatore Politico chiuderà i suoi lavori, con l’ultima edizione uscita 7 giorni dopo l’omicidio.

Traffico di Rifiuti in Somalia

Nel 1991 scoppia in Somalia la guerra civile tra il dittatore a comando del paese Siad Barre e l’esercito di liberazione somalo. L’anno seguente l’ONU ordina una missione di pace, che prenderà il nome di Restore Hope, per porre fine al conflitto. Diversi giornalisti da tutto il mondo si recano in Somalia per documentare le operazioni dei caschi blu. Per il TG3 viene scelta Ilaria Alpi affiancata al cameraman Miran Hvoratin. Arrivati sul posto però iniziano ad occuparsi di un’altra questione. Entrano in contatto con Vincenzo Li Causi, sottoufficiale del SISMI, che rivela alla giornalista della presenza di un traffico illecito di armi e rifiuti tossici a cui partecipavano anche i Servizi Segreti Italiani. A seguito di questa scoperta, i due intervisteranno il “Sultano di Bosaso” che confermò la presenza di due pescherecci italiani all’interno della tratta. Tristemente Ilaria e Miran pagheranno caro il costo di conoscere la verità: a seguito dell’intervista, il 20 marzo del 1994, nei pressi dell’hotel Sahafi, la giornalista e il cameraman vengono uccisi in circostanze mai chiarite.

Conosciamo tutto il lavoro compiuto dai due grazie ai colleghi giornalisti che sono presto giunti sulla scena del crimine e recuperato tutto il materiale prima che potesse andare distrutto.
Dopo tutti questi anni, ecco che arriva l’ultima inchiesta, quella di Fanpage.it su Gioventù Nazionale. Da quando è arrivato in Italia, il giornalismo investigativo e la politica hanno avuto un rapporto conflittuale, uno l’opposto dell’altro. Una falsa dicotomia però. La politica dovrebbe fare tesoro del lavoro di questi giornalisti. Ad esempio Fratelli d’Italia può utilizzare questo report per allontanare una volta e per tutte la grave accusa che gli viene rivolta: quella di apologia al fascismo. Alla fine bastano 3 parole, una di 2 lettere, una di 4 e una di 12. Cara Giorgia, rimane soltanto a lei la scelta di cogliere questa occasione.

 

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