di Gabriele Parenti
Quest’ anno ,per la prima volta il Tour inizia dall’Italia, da Firenze (il 29 giugno Le Granddépart percorre luoghi simbolo come Le Cascine, i Lungarni, Piazza Duomo, Piazza della Signoria, Piazza Pitti, Piazzale Michelangelo, poi la corsa effettiva inizia da Candeli (vicino al Viola Park), attraversa Pontassieve, sale sull’Appennino Tosco Romagnolo con i suoi paesaggi mozzafiato, supera il Passo del Muraglione e la prima tappa si conclude a Rimini.
L’evento dà l’occasione per ricordare gli italiani che hanno vinto il Tour compirono in Francia imprese memorabili. Infatti fin dall’anno della sua nascita(1903), il Tour de France ha un posto speciale nella leggenda del ciclismo. E’ chiamato anche La Grande Boucle (il grande ricciolo) perché, tradizionalmente, percorre i lati dell’ exagone.
Gino Bartali lo vinse nel 1938 e poi di nuovo a dieci anni di distanza. Nel 1937 il campione fiorentino dopo aver dominato il Giro d’Italia (in maglia rosa dall’ 8° tappa fino a Milano) sembrava aver iniziato bene anche il Tour. Infatti nella 7° tappa a Grenoble conquistò la maglia gialla ma poi una caduta lo costrinse a ritirarsi (precipitato in un torrente fu salvato dall’annegamento da un altro italiano, Francesco Camusso). Nel 1938 si preparò per la Grande Boucle con particolare cura. Arrivato alle Alpi attaccò con decisione e sull’Izoard, in una zona impervia (il valico è a 2361 m slm), conquistò la maglia gialla, la mantenne per undici tappe ,fino a Parigi.
Più famosa ancora la vittoria del 1948. Era il 15 luglio. Bartali iniziava le tappe alpine con un ritardo di ben 21 minuti dal campione francese Louison Bobet e ormai sembrava avere poche speranze. Ma, ancora una volta, sul Col de l’Izoard, sferrò un attacco formidabile e giunse al traguardo con 20 minuti di vantaggio su Bobet . Il giorno dopo arrivò di nuovo primo al traguardo, indossò la maglia gialla fino al trionfo al Parc des Princes.
.Era un momento in cui in Francia prevaleva un sentimento antitaliano a seguito della famosa “pugnalata alla schiena” inferta da Mussolini nel 1940, un affronto ancora vivo nell’ opinione pubblica transalpina.
Ma Bartali (che quando aveva vinto nel 1938 si era rifiutato di fare il saluto romano) divenne popolare tra i francesi dominando le tappe alpine su montagne cult del ciclismo come il Vars e l’’Izoard (2361 alt.) Galibier (2642) la Croix de fer (2067), luoghi simbolo del ciclismo, che sono rimasti impressi nell’ immaginario collettivo.
Tra l’altro, solo dopo molti anni si è conosciuto l’impegno civile di Bartali che furante la guerra salvò la vita di molti ebrei trasportando per loro in bicicletta, nell’Italia occupata dai nazisti documenti falsi . Un atto eroico che gli è valso un posto tra i Giusti delle nazioni.
L’impresa del 1948 è celebre anche in correlazione a un’altra vicenda che è entrata nei libri di storia. Il giorno prima, a Roma, il Segretario del PCI Palmiro Togliatti aveva subito un attentato ed era in gravi condizioni. Un fremito percorse il popolo comunista. Erano ancora forti le tensioni dello scontro fontale in occasione delle elezioni del 18 aprile.
Quando si seppe dell’attentato a Togliatti ci fu una mobilitazione spontanea, con scioperi e manifestazioni. Si era in un clima da guerra civile. Ma quando la radio annunciò la grande vittoria di Bartali ci fu un momento di generale esultanza. Fu solo un attimo di tregua ma bastò a smorzare una tensione che stava per divenire parossistica perché circolava la falsa notizia che il leader comunista fosse morto. Si guadagnò così il tempo necessario a evitare il peggio.
Infatti, poco dopo, Togliatti che aveva ripreso conoscenza, dopo l’operazione per estrarre il proiettile, chiese ai suoi di mantenere la calma e di non perdere la testa. L’atmosfera si rasserenò e non ci fu il temuto tentativo insurrezionale che rischiava a sua volta di innescare una dura repressione.
Nel 1949 Bartali ritentò l’impresa del Tour ma una caduta lo mise fuori gioco e fu Coppi a trionfare. Poi, nel Tour del 1952 (vinto ancora da Coppi) sul Col de Galibier fu scattata la celebre foto con Coppi e Bartali che si passavano una borraccia. Una trentina di anni fa, parlando con Bartali, l’argomento cadde sulla borraccia. Il grande Gino con la sua nota incisività mi spiegò che non era affatto importante sapere chi dei due l’avesse passata all’altro. perché questi episodi erano consueti fra loro. In effetti, poiché in rispettive interviste Bartali parlò di bottiglia e Coppi di borraccia, questo fa anche pensare che essi si riferissero a episodi differenti e che essi dovessero essere frequenti. A testimonianza che lo sport è competizione ma anche solidarietà.
Fu epica anche l’impresa di Gastone Nencini “Il leone del Mugello” un altro campione di grande spessore sportivo e umano. Il libro scritto dal figlio Giovanni (Sulla cresta dell’onda. Gastone Nencini e quel 1960 (Edizioni Sarnus-Polistampa 2020) si avvale di una chiave narrativa coinvolgente: un dialogo immaginario fra un giovane giornalista Armand e un anziano cronista, Auguste, che aveva seguito quella corsa come inviato. Gli incontri si tengono dalle parti del Mont Ventoux luogo-simbolo delle grandi tappe alpine. Il racconto ripercorre tappa per tappa quel Tour del 1960 ricco di colpi di scena. Nencini, un italiano subito entrato nel cuore dei francesi conquista la maglia gialla nella prima tappa a Bruxelles (una memorabile soddisfazione per i minatori italiani emigrati in Belgio) poi la perde ma la riconquista di forza sui Pirenei con una fuga leggendaria.
Rivière, l’astro nascente del ciclismo francese (grande pistard, detentore del record dell’ora) era l’avversario principale del campione toscano e lo tallonava sapendo che poteva batterlo nella volata finale.
Ma quando si arrivò alla tappa delle tre salite terribili, il Tourmalet, l’Aspin e il Pereysourde, si susseguirono i colpi di scena. La cima dell’Aspin è immersa in una coltre di nebbia. Rivière stringe i denti, riesce a rimanere nel gruppetto dei primi ma sull’ultimo colle Nencini attacca e nella discesa aumenta il vantaggio. “Scende come solo lui sa fare- scrive il figlio Giovanni- le traiettorie sembrano disegnate da una mano invisibile, una mano d’artista”.
Dai Pirenei alle Alpi nuove emozioni ma la maglia gialla è saldamente sulle spalle dell’italiano. Poi l’evento drammatico della rovinosa caduta di Rivière.
Infine, a Parigi, l’apoteosi del Parc des Princes, l’ Olimpo del ciclismo, dove solo tre italiani (Bottecchia, Bartali,Coppi) prima di lui erano arrivati in maglia gialla.
Il Tour del 1960 è rievocato con l’agilità di una cronaca dal vivo. L’autore, che ho intervistato in occasione dell’uscita del libro, ha spiegato che la scelta di ripercorrere quell’evento in forma di dialogo è nata perché l’io narrante lo coinvolgeva troppo emotivamente mentre il dialogo gli ha consentito un maggiore distacco narrativo.
Intanto, nell’area fiorentina, cresce l’attesa per il Tour.
A Pontassieve in località I Veroni possiamo ammirare il magnifico Murale di Bue 2530 di Uovo studios con emblematico sfondo giallo e l’immagine stilizzata di Bartali. Nelle ruote della bicicletta compaiono il Ponte Mediceo e la Porta Aretina
Il nuovo Sindaco di Pontassieve Carlo Boni ha rilevato in proposito che le Grand Départ è un evento storico per l’Italia e per le nostre terre fiorentine. Aggiungendo poi che “nel ricordo di Bartali, Nencini, Pantani e Coppi, le prime tappe del Tour sono una sorta di itinerario della memoria del ciclismo”. E il Sindaco Boni ha sottolineato anche che con il murale realizzato da Simone Bue e dai suoi collaboratori di Uovo studios) “ Noi abbiamo voluto onorare questo momento e tanti momenti legati al ciclismo alla sua storia, oltre che alla promozione di una cultura che guarda alla bicicletta come mezzo che promuove stili di vita sani e volto alla sostenibilità”.
Info Gabriele Parenti
Giornalista professionista e scrittore, ha svolto per numerosi anni, all’interno della RAI, attività di progettazione e conduzione di programmi radiotelevisivi per le reti nazionali e per la TGR Toscana.