Di Daniela Piesco Direttore Responsabile 

Con l’ok delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera ai primi 11 emendamenti del “pacchetto sicurezza”viene introdotta (con l’ultimo, l’undicesimo) la cosiddetta “norma anti-Gandhi”, che punisce con la sanzione carceraria da sei mesi a due anni, senza l’alternativa della pena pecuniaria, chi “impedisce la libera circolazione su strada ordinaria o ferrata ostruendo la stessa con il proprio corpo, se il fatto è commesso da più persone”.

In buona sostanza a differenza dei trattori o dei tassisti, le dimostrazioni non violente di chi sposa la causa dell’attivismo ambientale danno fastidio al governo e se il traffico si blocca e si tratta di un trattore allora in questo caso l’illecito penale non si andrebbe a configurare, ma con il corpo sì.

Protestare dunque sarà passibile di galera

Ora premesso che dei colletti bianchi non se ne occupa mai nessuno,dopo la farlocca norma anti-rave arriva la norma anti-Ghandi ( che già dal nome apparirebbe come un ossimoro in quanto Grandi era un pacifista) cioè il reato di blocco stradale con il solo corpo ,un reato indirizzato ovviamente “ai figli di nessuno”il cui scopo è mandare in galera chi protesta trasformando così un illecito amministrativo in illecito penale.

Gli obbiettivi sottaciuti? Studenti e ambientalisti in particolare quelli che protestano contro le grandi opere in maniera ,si legge,” violenta o minacciosa”.

Ma il testo dell’ emendamento è talmente fumoso che si rischia il carcere anche per un volantino basti che venga considerato, appunto,”minaccioso”.

Anche i lavoratori sono sotto attacco : c’è un’ altra proposta di legge che vuole trasformare i picchetti dei lavori in ” violenza privata”che prevede pene fino a quattro anni di carcere .

Ebbene non lo sentite anche voi il soave profumo di democrazia?

È fuori di dubbio che la possibile contestazione del reato per gli assembramenti politici si pone come foriera di un inasprimento repressivo con orizzonti sanzionatori del tutto preoccupanti.

Sussistono dubbi in ordine al bilanciamento tra l’esigenza di salvaguardare la libertà di circolazione e la piena attuazione del diritto di manifestare il proprio pensiero, riunirsi e scioperare. L’occupazione di vie pubbliche è condotta commessa storicamente da più persone principalmente in occasione di scioperi o manifestazioni di protesta e viene considerata una modalità di esercizio di diritti fondamentali

Vediamo alcuni esempi pratici di frizione evidente tra il libero manifestare e la volontà coercitiva dello stesso esecutivo.

La questione si è posta per la prima volta nel 2019 con le proteste dei pastori sardi per il prezzo del latte

Al fianco dei pastori , che scesero abbondantemente in strada bloccando la Sardegna,c’era anche il nostro ministro Salvini che espresse solidarietà alla rivolta contro la normativa europea in tema. Il dato fornisce un evidente paradosso laddove si consideri che a seguito della protesta si sono aperti una pluralità di procedimenti. Alcuni in sede amministrativa con comminazione di sanzioni se l’invasione stradale era avvenuta con i soli corpi; altri procedimenti invece nel penale qualificando un blocco con oggetti (lo sversamento del latte?).

Alcuni lavoratori della città di Fermo hanno scioperato davanti allo stabilimento per aver perso il posto di lavoro e si sono visti destinatari di sanzione amministrativa per essersi assembrati nella strada adiacente ai cancelli. Ebbene il Giudice di Pace in sede (in diverse composizioni fisiche) ha annullato le sanzioni sostenendo l’ovvia sovra ordinazione del diritto costituzionale alla protesta rispetto la sotto ordinata (nella gerarchia delle fonti) riforma. Interessante notare che il Giudice non ha nemmeno ritenuto di dovesi rivolgere alla Corte Costituzionale: il che rimanda alle attuali polemiche per le decisioni del magistrato di Catania in materia di migranti. L’attacco vigoroso e frontale del mondo politico di attuale maggioranza cui abbiamo assistito in tema di immigrazione contro i giudicanti non si è dato nel caso ora ricordato, essendo la protesta dei lavoratori di più difficile manipolazione; eppure la vicenda interroga parimenti la qualità tecnica di redazione delle norme del nostro legislatore.

Manifestanti su un ponte di futuro passaggio della linea TAV vicentina sono stati oggetto di elevate sanzioni per il blocco, mentre 39 attivisti del clima che bloccarono l’Eni a Marghera sono stati rinviati a giudizio penalmente perché,a differenza di quanto accaduto nel vicentino,hanno steso uno striscione a cornice della protesta (il che asseritamente integra il penale per l’utilizzo di un oggetto).

Il Giudice ha poi assolto tutti per mancanza del necessario dolo in capo ai manifestanti, ma resta il dato di un processo imbastito su una normativa pericolosissima

Gli esempi citati potrebbero continuare con il riferimento alle note iniziative degli attivisti per il clima di Ultima Generazione il cui interrompere / rallentare la circolazione veicolare sembra il preciso bersaglio dell’attuale disegno di legge. L’applicazione dovrebbe riguardare altresì i recenti movimenti per l’agricoltura laddove il voluto incolonnamento dei trattori non può non essere astrattamente sussunto nel reato che stiamo indagando.

Evidenti , appaiono i limiti di costituzionalità.

Tuttavia, la galleria di esempi citati dimostra che la problematica è già di attualità per le lotte in corso ove alla lesione del diritto di manifestazione si affianca un palese pericolo interpretativo che impone di portare la questione di costituzionalità nei processi pendenti anche sotto altri profili.

Il principio di determinatezza (articolo 25, comma 2º della Costituzione) si sostanzia nell’esigenza che il legislatore delinei la fattispecie in forma precisa e in modo intellegibile così che il consociato possa ragionevolmente prevedere quale  sia la qualificazione che l’ordinamento giuridico conferisce ai suoi comportamenti.

Il nuovo reato è a forma sia libera che vincolata, prevedendosi il blocco della strada sia tramite oggetti sia per chi ‘comunque ostruisce o ingombra una strada’. Cosi operando, si crea un’opaca distinzione con la condotta non penalmente rilevante di cui all’art. 1-bis (ostruzione con il corpo).

Sul punto è stato osservato che: «Durante una manifestazione, uno sciopero o un assembramento di protesta è difficile comprendere di volta in volta se l’ostruzione o l’ingombro della strada avvenga esclusivamente mediante l’utilizzo del proprio corpo o se, nella concitazione o con l’evolversi della condotta, possano utilizzarsi dei mezzi quali altri autoveicoli o altri oggetti volti alla finalizzazione dell’azione. Ebbene l’interpretazione della norma in esame porterebbe a concludere che, nell’imperversare di una manifestazione, sia tutt’altro che remota la possibilità̀ che si possa passare da una pena massima di 4 mila euro per un manifestante che decida di bloccare la strada con il proprio corpo a 12 anni di reclusione nel caso in cui il medesimo manifestante decida unitamente ad altri di bloccare la medesima strada mediante l’utilizzo dei cartelloni e delle bandiere che fino a pochi istanti prima sventolavano pacificamente, o per restare nel tema della trattazione decida di rendere momentaneamente inagibile la via versando sull’asfalto grandi quantità di latte» (così S.M. Gaias in “Forum quaderni costituzionali”, 26.5.’19).

Lo stesso tipo di blocco potrebbe passare da illecito amministrativo a penale «nel momento in cui venga utilizzato uno striscione o un cartellone teso da un lato all’altro della strada … senza arrecare alcun danno effettivo», ma per esprimere una forma di dissenso che ferma la circolazione sulla via (così E. Verdolini in “Quaderni costituzionali” n. 2/2020, p. 257).

I c.d. pacchetti sicurezza fungono da molto tempo quale biglietto di presentazione del governo in carica e una linea di continuità lega il ‘Conte uno’ all’attuale esecutivo: il tentativo di criminalizzare la protesta. In particolare entrambi hanno cercato di introdurre il blocco stradale con il solo corpo quale condotta di rilevo penale. Potremmo dire che cambia l’orchestra ma non la sinfonia se non fosse che uno dei principali interpreti è il ministro Salvini che allora spingeva la penalizzazione dal dicastero degli interni (per una questione di ordine pubblico evidentemente) ed ora dal ministero delle infrastrutture (per la libera circolazione veicolare).

Stessa orchestra, stessa sinfonia; a noi il compito di fare rete e scrivere nuove armonie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.