Milano, 16 lug. (Adnkronos) – I giudici del Riesame hanno confermato il sequestro preventivo di atti e dispositivi effettuato nella perquisizione della Guardia di finanza, e non hanno ritenuto di affrontare, in questa fase cautelare, il dilemma se la Fondazione Milano Cortina 2026 è un ente di natura privata o pubblica. Lo si apprende da fonti giudiziarie. Il provvedimento respinge dunque il ricorso presentato dalla difesa dell’ex direttore Massimiliano Zuco e segna un punto a favore della procura di Milano nell’inchiesta su corruzione e turbativa d’asta che ha portato a indagare anche l’ex amministratore delegato dell’ente Vincenzo Novari e l’imprenditore Luca Tomassini per presunte irregolarità negli appalti dei servizi digitali, nel periodo in cui Novari era amministratore delegato.
Nelle motivazione della conferma del sequestro i giudici avrebbero riqualificato il reato in traffico di influenze illecite e non avrebbero sollevato la questione di costituzionalità sul decreto del governo. Nel decreto legge dello scorso giugno si ritiene l’ente una società privata chiarendo “che le attività svolte dalla Fondazione ‘Milano Cortina 2026’ non sono disciplinate da norme di diritto pubblico e che la fondazione non riveste la qualifica di organismo di diritto pubblico” e che “opera sul mercato in condizioni di concorrenza e secondo criteri imprenditoriali”. In questa fase per i giudici del Riesame non è rilevante sciogliere il dilemma sulla natura dell’ente, dunque resta il nodo tra pubblico e privato.
I titolari del fascicolo – la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano e i pm Francesco Cajani e Alessandro Gobbis – ribadiscono da sempre la natura pubblicistica della fondazione, in quanto perseguirebbe uno scopo di interesse generale di natura non commerciale-industriale e in conformità agli impegni assunti dall’Italia, nel rispetto della Carta olimpica, lo farebbe con garanzie dello Stato e degli enti locali chiamati a ripianare alla fine l’eventuale deficit di bilancio dei Giochi. I reati contestati dalla procura hanno come presupposto che i dirigenti della Fondazione siano assimilabili a pubblici ufficiali o a incaricati di pubblico servizio, altrimenti l’inchiesta – che contesta alcune gare dei servizi digitali dei Giochi olimpici e paralimpici o alcune assunzioni – rischierebbe di essere finita prima di iniziare.