Di Daniele Piro 

E’ solo di pochi giorni fa la notizia della chiusura definitiva del programma sportivo iconico per le reti Rai, ovvero 90° minuto, che per cinquant’anni ha incollato davanti la tv almeno tre generazioni. Sebbene dagli anni 2000 in avanti abbia perso la sua caratteristica principale di esclusività, resta a pieno diritto nei programmi storici dei palinsesti televisivi.

Nato nel 1970 su idea di Maurizio Barendson e Paolo Valenti, 90° Minuto ha avuto un enorme successo perché, in un’epoca senza la pay-tv, dava la possibilità di vedere in poco più di mezz’ora tutti i gol della Serie A, a poca distanza dalla fine degli incontri. A fare da padrone di casa c’era il mitico Paolo Valenti, pacato e serio professionista, costretto a destreggiarsi fra collegamenti spesso improvvisati e cambi repentini di scaletta dovuti soprattutto ai montaggi “volanti “ dei filmati da parte delle varie postazioni tv approntate negli stadi o in studi televisivi in camper parcheggiati fuori dagli stessi.

Accanto alla figura del conduttore ecco spuntare gli inviati che per estrosità, caratteristiche fisiche, qualità giornalistiche rimarranno nella storia, soprattutto in noi cinquantenni di oggi giovincelli di allora che, incollati alla radiolina, sobbalzavamo ad ogni interruzione di un inviato che segnalava un gol o un espulsione, contando poi i minuti che ci separavano dall’inizio della trasmissione.

Ecco collegarsi Franco Strippoli da Bari col suo mitico riportone, il colto Giannini da Firenze col suo accento toscano, Beppe Barletti da Torino che si ostinava a pronunciare” Cauuuusio“anziché Causio, il satirico e pungente Luigi Necco da Napoli che salutava sempre a mano aperta al termine del collegamento, Vasino da Milano con la sua faccia da perfettino diligente chiamato a svolgere il compitino, Giorgio Bubba da Genova che commentava le gesta di entrambe le squadre ai piedi della Lanterna, da Roma si alternavano Maffei e “Bisteccone” Galeazzi (che diventeranno poi anche conduttori in differenti), ma poi c’era lui che li batteva tutti, il mitico ed inarrivabile Tonino Carino da Ascoli che faceva già ridere solo a pronunciarne il nome, per non parlare della sue simpaticissime espressioni colorite da farfugliamenti vati ogniqualvolta non partivano le immagini.

Paolo Valenti rimase alla conduzione fin quasi alla sua morte, avvenuta nel 1990. Seguirono Fabrizio Maffei (a più riprese), Gian Piero Galeazzi, Paola Ferrari, Franco Lauro, Marco Mazzocchi, Simona Rolandi e Marco Lollobrigida, con varie figure a coadiuvarli tra i quali Bruno Pizzul, Giorgio Tosatti, Alberto Rimedio, Alessandro Antinelli solo per restare ad alcuni tra i più noti volti della Rai.
Era sicuramente un calcio ed un periodo storico diverso; esisteva il retropassaggio al portiere, la numerazione sulle maglie da 1 a 11, c’era il libero, lo stopper, il terzino. Erano i tempi del caffè Borghetti e dei ceci e sementi distribuiti sugli spalti, delle partite tutte rigorosamente alle 15 o alle 14.30 quando d’inverno si riportava l’ora indietro.

Si andava in trasferta in massa senza troppi vincoli, tessere, restrizioni e divieti, con gli stadi che pullulavano di bandiere, striscioni, trombette e tamburi, senza la necessità di chiedere autorizzazioni di ogni tipo. Era il periodo della vincita milionaria (in lire) facendo tredici al Totocalcio, quello che mio nonno si ostinava a chiamare “Sisalla” da Sisal (antesignana del Totocalcio); e per finire, ma non basterebbe un libro per voler riassumere tutto quello che accadeva in quegli anni, erano i tempi dei “scusa Ameri, scusa Ciotti ha segnato Bruscolotti”, o delle coppie di stranieri storici quando furono riaperte le frontiere per tesserare giocatori d’oltralpe: Barbas e Pasculli a Lecce, Luvanor e Pedrinho a Catania, Barbadillo e Juary ad Avellino con quest’ultimo che faceva sei /sette giri attorno alla bandierina dopo ogni gol.
Ricordi di un calcio che non c’è più e la chiusura del programma per eccellenza ne è la diretta conseguenza.

In un campionato spezzatino che va dal Sabato (a volte Venerdi’) al lunedì, verso cui si è perso anche interesse, sarebbe mancata proprio la contemporaneità degli eventi a farla da padrone. 90° minuto funzionava perché era una esclusiva sorta di “tutto e subito”; la possibilità di poter vedere gol ed azioni di tutte le partite solo immaginate nelle sublimi descrizioni dei commentatori radiofonici, diventavano una sorta di “droga” sportiva dalla quale nessuno voleva disintossicarsi.

C’era nel contempo, meno frenesia, più calcio parlato e meno urlato o chiacchierato come oggi; un canale (rai1) per vedere “a caldo” un tempo di una partita di Serie A in differita ed una professionale trasmissione esaustiva in seconda serata. ovvero la Domenica Sportiva.

Storie e ricordi di un calcio che fu, che rimarranno sempre vivi nelle menti e nel cuore di tutti quelli a cui la radiolina all’orecchio provocava fremiti ed emozioni. Un mitico giornalista di allora scomparso da pochi anni, Gianni Mura, disse che “lo sport avrà tanti difetti, ma a differenza della vita, nello sport non basta sembrare ma bisogna essere”. Tutto vero Gianni: oggi c’è parvenza e non sostanza, c’e l’apparire fighetti con cerchietti, gel, orecchini, fasce nei capelli e rasature sopraffine lontani anni luce dai baffi di Palanca o Savoldi o al pelato Fanna o del sovrappeso Chimenti.

Rimarrà sicuramente il dubbio (ma propendo più per una quasi certezza) che fosse meglio il tempo di quando era tutto più vero, più “vivo”, più reale.

Scugnizzo69

 

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