Ricordo una canzone di Fabrizio De André, diceva che dietro a ogni scemo c’è un villaggio.In ogni villaggio o città ci sono i cosiddetti “tipi strani” e non è detto che siano scemi, quella è l’etichetta che gli viene data dalla gente che si ritiene normale, io preferisco definirli “personaggi”.
Vivono fuori dagli schemi ed è proprio per questo motivo che sono strani per chi, sugli schemi, imposta la propria vita.
Sono nata in Piemonte, ora abito in Sardegna, molto lontano da voi ma conosciamo tutti questo argomento, simile in ogni luogo ci si possa trovare.
Anni fa, nel mio racconto, descrissi alcuni di questi personaggi, ad uno in particolare ero affezionata, ed ecco come lo ricordai.
BISARICH
Altro personaggio insolito era un vecchietto soprannominato “Bisarich”, non so da dove venisse quel soprannome ma sicuramente un po’ “bizzarro” lo era.
Girava il paese e i dintorni spingendo una carrozzina da bambino, gli abiti che indossava gli venivano probabilmente donati e lui li portava fino a quando diventavano consunti: la giacca si sformava e le tasche pendevano, i pantaloni erano sdruciti e portava scarpe da tennis probabilmente per la loro comodità. Aveva perennemente una sigaretta all’angolo della bocca, quando non poteva permettersi di acquistarne un pacchetto, raccoglieva i mozziconi, li accendeva e li lasciava consumare senza poterli togliere viste le minime dimensioni e, questa abitudine, gli procurò una lesione all’occhio causata dal costante salire del fumo: gli divenne opaco; forse era solo affetto da cataratta ma, come ho già detto, la fantasia della gente crea leggende metropolitane che possono anche avere un fondo di verità ma lasciano sempre il dubbio che possa essere una favola e la linea di demarcazione si assottiglia sempre di più col passare degli anni.
Portava un berretto per riparare la testa dal sole, vagava costantemente alla ricerca di ferri vecchi e cianfrusaglie gettate via, le raccoglieva, le metteva sulla carrozzina e poi le rivendeva per poche lire o per qualche sigaretta.
Raccontava a volte di quando era stato in Abissinia, frammenti di ricordi lasciati dalla guerra; anche lui era un ricordo vagante, chissà cosa pensava durante l’eterno girovagare, chissà quali storie si raccontava da solo e dove correvano i suoi pensieri, se aveva dubbi e paure o se aveva smesso di averne; mi pongo sempre queste domande quando vedo persone come lui forse perché la mia mente è piena di domande senza risposta, mi chiedo come vivono il loro quotidiano non certo agiato: se lo vivono passivamente aspettando la logica fine dei loro giorni o se dubbi e ribellioni attraversino le loro menti…ma chi di noi si prenderebbe la briga di fermarsi a leggere nei loro sguardi, chi di noi ha abbastanza tempo per parlare con loro, meglio ipotizzare tirando dritto per la nostra strada e creare così leggende e favole intorno alla loro non facile vita.
Ho fermato il suo tempo su di una tela.
Nessuno saprà chi era, già oggi solo alcuni lo ricordano e domani non resterà neppure il ricordo ma la sua immagine su quel quadro sarà la prova della sua esistenza…e del mio pensiero per lui.
Questo è ciò che vedevo in lui perché non ci si dovrebbe mai fermare alla sola vista o alle leggende metropolitane, ma, soprattutto pensare che sono persone che vivono la vita in modo diverso, che sia per scelta o per costrizione.