Editoriale di Daniela Piesco Direttore Responsabile

L’Unesco coglie l’eccezionale valore universale di una straordinaria opera ingegneristica che nei secoli è stata essenziale per gli scambi commerciali, sociali e culturali con il Mediterraneo e l’Oriente: riunito a Nuova Delhi ha deliberato l’iscrizione della “Via Appia. Regina Viarum” nella Lista del Patrimonio Mondiale, che diventa così il 60esimo sito italiano riconosciuto .

Lunga 650 chilometri, l’antica Via Appia attraversava l’Italia centromeridionale. Fu la prima delle grandi strade di Roma costruite con tecniche innovative, veri e propri capolavori di ingegneria civile che si affiancarono alle vie naturali e che costituiscono i monumenti più durevoli della civiltà romana. Il tracciato, iniziato nel 312 a.C. dal censore Appio Claudio Cieco per collegare Roma a Capua, fu poi prolungato fino a Benevento, Venosa, Taranto e Brindisi, testa di ponte verso la Grecia e l’Oriente.

Concepita per esigenze militari, la Via Appia divenne da subito strada di grandi comunicazioni commerciali e di primarie trasmissioni culturali e, nel tempo, è diventata il modello di tutte le successive vie pubbliche romane così come, in un certo senso, l’origine del complesso sistema viario dell’Impero, che è anche alla base dell’attuale rete di comunicazione del bacino del Mediterraneo.

Gli appellativi con cui gli stessi autori antichi la definirono, insignis, nobilis, celeberrima, regina viarum, testimoniano tutte le valenze politiche, amministrative, economiche, sociali e propagandistiche che le valsero la sua millenaria fortuna e oggi l’ inserimento nel patrimonio UNESCO.

L’Appia iniziava a Porta Capena, nei pressi del Circo Massimo, e proseguiva fino a destinazione secondo un percorso lineare e agevole, che si interrompeva solo nei pressi di Terracina, dove era necessario attraversare un canale navigabile che fiancheggiava la via: chiamato decennovium perché era lungo 19 miglia, vi si procedeva tramite chiatte trainate da animali da tiro.

Testimone illustre il poeta Orazio, che in una delle sue satire descrive il viaggio verso Brindisi lamentandosi delle zanzare che infestavano le paludi pontine. Solo sotto Traiano si provvide a bonificare la zona e a lastricare anche questo tratto di strada.

Largo circa 4,10 m, una misura che rendeva facile la circolazione nei due sensi, il tracciato era affiancato da marciapiedi laterali contornati da monumenti funerari che i passanti potevano ammirare, spezzando la monotonia del viaggio.
Stazioni di posta, alberghi, osterie, piccoli impianti termali e servizi per i viaggiatori scandivano il percorso.

Concepita per esigenze militari, la Via Appia divenne da subito asse di comunicazioni commerciali e culturali, modello delle successive vie pubbliche romane e, in un certo senso, origine del complesso sistema viario dell’Impero, alla base dell’attuale rete di comunicazione del bacino del Mediterraneo.

Attraversando paesaggi mozzafiato e spesso incontaminati, luoghi di grande importanza spirituale, catacombe e acquedotti maestosi, città e località storiche, la via Appia trova oggi la sua degna collocazione tra le grandi meraviglie del mondo.

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