Di Daniele Piro 

“Il gigante e la bambina
sotto il sole, contro il vento
in un giorno senza tempo
camminavano tra i sassi” è l’inizio di una celebre canzone di Ron che potremo tranquillamente “trasportare” nel mondo magico della palla a spicchi. Si è sempre detto che alcuni sport possono essere praticati da chi ha nel proprio dna il requisito fondamentale dell’altezza. Basket, volley, ma anche essere portiere di calcio,sono sport per i cosiddetti “lunghi”.

Ma come ogni buona regola che si rispetti, esiste sempre l’eccezione. Ieri sera nella sfida olimpica nel gruppo B di basket fra il Giappone e la Francia padrone di casa superfavorita, i centimetri hanno fatto la differenza solo visivamente. Da un lato il giocatore più alto della competizione, Victor Wembanyama (222 centimetri di altezza), dall’altro quello più basso, il giapponese Yuki Togashi, alto appena 167 centimetri. Sul parquet però la differenza non si è vista, anzi i favoritissimi padroni di casa della Francia sono andati a un passo dalla sconfitta.

Sotto di 4 lunghezze a 16 secondi dalla fine, è stato un gioco da quattro punti di Matthew Strazel a pareggiare i conti e salvare i transalpini da una sconfitta ormai praticamente certa, complici i 24 punti realizzati da Rui Hachimura e i 29 di Yuki Kawamura per i nipponici. Nel supplementare è poi salito di livello Wembanyama, che ha realizzato 8 dei suoi 18 punti finali nei cinque minuti di extra-time, mantenendo imbattuta la sua nazionale che si giocherà il primo posto nel girone contro la fortissima Germania, che ha passeggiato contro il Brasile vincendo di 13 con 20 punti di Dennis Schröder e 17 di Franz Wagner. Ad un certo punto del match Togashi si è trovato a marcare (!) proprio Wenbanyama con un effetto a dir poco esilarante, visto che il nipponico arrivava all’altezza dell’ombelico del francese, proprio come se un bambino fosse entrato sul parquet per sfidare un adulto.

Stranezze dello sport che però avvengono di tanto in tanto. Sempre in tema cestistico, negli anni 80 fece scalpore Spud Webb, vero nome Anthony Jerome Webb che nonostante la sua altezza (si fa per dire!) di 168 cm, tra le più basse in assoluto per la NBA, riusciva a schiacciare senza alcuna difficoltà, al punto da arrivare a vincere nel 1986 la gara delle schiacciate dell’ All Star Game battendo il compagno di squadra e favorito vincitore del Contest Dominique Wilkins.

E, sempre per rimanere all’eccezione che conferma la regola, come dimenticare il mitico portiere della Nazionale Messicana Jorge Campos Portiere, sì…ma alto 1,68: tre centimetri in più di Maradona per capirci, e nonostante ciò uno dei numeri 1 migliori di quegli anni..

Messicano, nato ad Acapulco:
Jorge in porta inizia a starci da piccolo, nella squadra allenata dal papà, ma sempre a modo suo: gli piace stare alto per toccare il pallone, gli piace uscire veloce sulle gambe degli avversari, gli piace volare da un palo all’altro con la sua incredibile esplosività…e gli piace far gol, oltre che evitarli. E così quel ragazzino piccino, che non crescerà granché in altezza, diventa portiere professionista e arriva al Pumas, dove però ha davanti Adolfo Rios, il miglior portiere messicano dell’epoca. Perciò Jorge che ha fame di campo chiede al suo mister di cambiargli ruolo: “Posso giocare attaccante mister”. Follia? No, perché Campos segna 14 gol in 37 partite, uno di questi in finale Concacaf Champions, vinta proprio dal Pumas.

Insomma…dalle nostre parti si direbbe “è curt’ ma mal’ cavat…”.
Quando i proverbi hanno sempre ragione.

Scugnizzo69

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