Di Osmano Cifaldi

Tremila anni prima di Cristo, circa.
Siamo nell’Antico Egitto, il più noto medico del tempo Imhotep stava tenendo una lezione di medicina attorniato da un gruppo di giovani. “Dovete sapere, diceva loro, che il polso è un indice del cuore e delle condizioni di salute. La corrente sanguigna fluisce in un circuito senza mai arrestarsi. Male quando il cuore pulsa fortissimamente. Se poi molto sale è nei cibi il polso diventa più pieno e anche qui non va bene…”.
Imhotep non era poi così fuori dalla realtà; aveva individuato l’importanza della pressione sanguigna e la necessità di tenerla moderata e in equilibrio.
Facciamo un salto in avanti di 4700 anni e troviamo Santorio Santorio, professore a Padova, che presa conoscenza dell’importanza della misurazione della pressione sanguigna tramite il polso, inventò il “pulsilogium”, un primissimo articolato aggeggio per la misurazione delle pulsazioni.

La prima stima scientifica della pressione del sangue a noi conosciuta è del 1711, compiuta dal canonico inglese Hales. Nel suo rudimentale ma razionale esperimento legò un tubo di ottone dentro l’arteria di un cavallo e vi attaccò un tubo di vetro; sciogliendo la legatura dell’arteria il sangue salì nel tubo perpendicolarmente dal livello del ventricolo sinistro del cuore, ricavava certi valori del flusso del sangue.
La strada era aperta da questa intuizione. Ormai da Hales in poi il mondo medico aveva concepito l’importanza del controllo della pressione sanguigna.

Gli studi nello specifico acquistano interesse ed alla soglia del Novecento (1894) la svolta: l’invenzione di uno strumento di misurazione decisamente razionale. L’inventore dell’”apparecchio” fu il medico italiano Scipione Riva Rocci, professore a Pavia.

Una palla di gomma piena d’acqua con attaccato un manometro a mercurio: si preme la palla contro il polso del paziente fino a che la pulsazione non scompare, gettando nel contempo lo sguardo sul manometro. Lo strumento funziona, è nato lo “sfigmomanometro”. Lo strumento è avanzato rispetto al “pletismografo” di un paio di decenni addietro, ma Riva Ricci non è soddisfatto. Due anni più tardi al braccio del paziente viene messo uno strumento di gomma circondato da un contenitore anelastico. Ci siamo. La misurazione arteriosa avviene in modo molto convincente.
Il perfezionamento avverrà in breve tempo; il nuovo strumento diventerà un essenziale ausilio per l’opera del medico che individuerà l’importanza della diagnosi dell’ipertensione, essenziale per poi intervenire tempestivamente sulla vasocostrizione che tanti danni può provocare a molti organi del corpo umano.

Oggi l’ipertensione arteriosa non è più vista come un segnale di fattore di rischio su cui non si può intervenire con una cura.

Lo strumento moderno misura esattamente lo stato della pressione ed il medico interviene con opportuni farmaci per regolarla. E con essa si mette in “sonno” ogni possibile rischio di danno vascolare.

Grazie a Scipione Riva Rocci, al suo strumento di misurazione ed alle intuizioni degli antichi medici che tanto empirici non erano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.