Di Paola Francesca Moretti 

Le agenzie educative sono, ma con i tempi che corrono meglio usare il condizionale, quindi, dovrebbero essere degli ambienti sereni dove i giovani sperimentano lo stare insieme in modo rispettoso e amichevole. In special modo la scuola dovrebbe rappresentare il luogo dove si cresce, non solo da un punto di vista culturale, etico, sociale ma principalmente emotivo. La scuola dovrebbe essere tante cose. Negli ultimi anni, però, presenta notevoli difficoltà. Una delle istituzioni educative primarie rivela fragilità e carenze, a chi attribuire tali deficienze? Sicuramente i soggetti coinvolti sono diversi, in primis un tessuto sociale che non regge più, ormai, abbandonato completamente a se stesso. In aumento il numero delle condotte lesive poste in essere da ragazzini verso i coetanei, condotte che diventano ancora più abiette quando sono compiute nei confronti di una persona con disabilità.

La frequenza con cui questi atti malevoli vengono agiti è al di sopra di ogni immaginazione. E che dire poi dei numerosi docenti e compagni di classe bullizzati ogni santo giorno, tanto da indurli a odiare il momento in cui devono recarsi a scuola. Azioni delinquenziali che fanno notizia per un lasso di tempo esattamente pari alla durata di un acquazzone estivo.

Bullismo nei confronti di un bambino diabetico

In questi giorni, su uno dei tanti quotidiani online, ho letto un articolo che trattava di un episodio di bullismo che ho trovato quanto mai vergognoso, come d’altra parte lo sono tutti.
L’evento sgradevole è avvenuto in una scuola media della provincia di Brescia, due adolescenti di 13 anni hanno preso di mira un ragazzino di 11 anni affetto da diabete. Piazzato fuori dal bagno, il duo di bulli derubava i più piccoli di soldi e spuntini. E, si sa, che per una persona diabetica essere privato della sua dose di cibo zuccherino potrebbe costituire un grosso problema. Sono partite le denunce da parte dei genitori. Si tratta di minorenni, dunque, quale potrebbe essere la punizione? Spero in una massiccia dose di sanzioni riparatorie che coprono tutto il periodo delle vacanze estive.

Le azioni provocatorie trovano terreno fertile nella scuola

Voglio partire, per le mie riflessioni, dalla definizione di bullismo che viene data dallo psicologo norvegese Dan Olweus, il quale ha considerato il bullismo come una sorta di cannibalismo psicologico, un’espressione forte ma altrettanto descrittiva del fenomeno. Olweus è stato il primo ad aver usato, negli anni ’70, il termine inglese bullying per indicare le prepotenze subite da uno studente dai suoi pari: “uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero prevaricato e vittimizzato, quando viene esposto ripetutamente nel corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni”.

Va da sé che è proprio nella scuola che il fenomeno del bullismo trova terreno fertile, per questo motivo l’istituzione si deve attivare affinché gli allievi siano in grado di riconoscere e rispondere in modo opportuno al problema.

Qual è il modo migliore di rispondere ai comportamenti aggressivi e vessatori?

A mio avviso, gli studenti vanno incoraggiati a porre attenzione ai comportamenti non adeguati dei compagni; devono rivolgersi immediatamente a un docente o a un adulto di riferimento qualora si trovino ad assistere a prevaricazioni perpetrate ai danni di altri compagni; mantenere un comportamento prudenziale, perché, a volte, per intervenire e salvare l’amico o il compagno, si rischia di rimanere coinvolti e farsi molto male.

A scuola, gli atti di bullismo, si verificano, principalmente, nei momenti in cui gli studenti sfuggono all’occhio vigile del personale scolastico, vale a dire, durante l’intervallo, negli istanti di cambio dell’insegnante, alla fermata del pullman. Dunque, si renderebbe necessaria la presenza di un operatore, proprio nel lasso di tempo in cui gli allievi non sono sotto il diretto controllo degli adulti.

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