Di Paola Francesca Moretti 

Signora Fallaci, secondo Lei, il fine giustifica i mezzi?
“No, non è vero che il fine giustifica i mezzi. Se i mezzi sono sporchi, anche il fine più nobile diventa sporco”.

Nella risposta è Oriana Fallaci. Non occorre essere Freud per capire che lei è stata una donna tenace, giornalista sopra le righe e raffinata scrittrice – chiedo venia – scrittore perché è nel nome di genere maschile che meglio si identificava. A tale proposito, ha dichiarato: “Quando ero bambina, a cinque o sei anni, non concepivo nemmeno per me un mestiere che non fosse il mestiere di scrittore. Io mi sono sempre sentita scrittore, ho sempre saputo d’essere uno scrittore – e, già, perché in barba alle lotte femministe per il riconoscimento dei suffissi al femminile, vedi scrit-trice, poet-essa, e via dicendo, Oriana era impegnata su fronti completamente diversi.

Le battaglie che era interessata a combattere erano di altra tipologia. A lei, reporter di guerra, donna pragmatica, le scaramucce linguistiche non la sfioravano nemmeno di striscio, dato che era stata bersaglio di proiettili veri – e quell’impulso è sempre stato avversato in me dal problema dei soldi, da un discorso che sentivo fare a casa: Eh! Scrittore, scrittore! Lo sai quanti libri deve vendere uno scrittore per essere conosciuto e arrivare a vendere un libro?”.

Il tempo ha dato ragione a quell’impulso interiore e fortemente assecondato da una tra le donne più dotate e intelligenti che io abbia avuto modo di leggere.
Mi sarebbe piaciuto conoscere Oriana di persona, avere uno scambio di idee su una molteplicità di temi, giacché, so che con lei mi sarei potuta sbizzarrire ad affrontare argomenti di ogni genere.
La Fallaci è stata una tipa tosta, con attributi non pari ma superiori a quelli di un uomo. Amava la disciplina, apprezzava la riservatezza e il rispetto delle regole sociali.

Una professionista che ha saputo esprimere il dramma umano. Se andiamo a ritroso nel tempo, precisamente nel 2001, alla mente riaffiora l’immane tragedia dell’attacco alle Twin Towers. Ecco, allora, che da esperta cronista, da solerte giornalista qual era, la Fallaci ci ha restituito con il suo modo magistrale di scrivere e argomentare sia la malasorte delle vittime insieme alla sensazione di precarietà esistenziale, e al contempo una personale ma quanto mai lucida analisi dei motivi politici e sociali soggiacenti all’attacco terroristico.
Madre e moglie mancata per predestinazione funesta, giornalista e scrittore per passione viscerale, donna che ne ha passate di cotte e di crude, certamente, non poteva avallare, l’arcinoto e spesso abusato, modo di dire, il fine giustifica i mezzi senza la sua personale chiosa. Non fosse altro che il chiarimento è legato alle sue vicissitudini.

Di Oriana Fallaci scrittore apprezzo lo stile diretto, discorsivo, contrario alle norme letterarie, intriso di espressioni alquanto gettonate. Apprezzabile la sua grande sensibilità nel cogliere le sfumature di uomini e donne protagonisti delle sue storie e interviste. Lo stile di scrittura è chiaro, semplice, ben equilibrato, oserei dire sobrio e vivace al contempo.

Lei, sì, che aveva compreso le tecniche di scrittura per inviare messaggi funzionali privi di ogni sorta di orpelli retorici.

 

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