Di Raffaele Romano 

A proposito di magistrati Indro Montanelli così scriveva dopo due suicidi (?!?) a San Vittore nel 1992/1993 “…………ci sono, mimetizzati dalla toga, degli autentici lazzaroni che, sbattuto qualcuno in galera, se ne vanno in vacanza, del recluso si ricordano solo nelle interviste a giornali e televisioni ed al ritorno passano il tempo a baloccarsi in fluviali atti istruttori frastagliati d’inghippi procedurali e quasi sempre scritti coi piedi, ma con piedi pretenziosi, perfino con civetterie letterarie”
Mai sentenza potremmo dire fu più esplicita, logica e condivisibile.

Va premesso, però, che bisogna tener conto che anche il buon Montanelli riteneva “giudici” i pubblici ministeri che, nel mondo liberale occidentale, sono solo e semplici avvocati dell’accusa che devono dimostrare davanti al vero “giudice terzo” le responsabilità con prove e non con semplici indizi e teoremi. Soprattutto non possono azzardarsi a chiedere all’imputato di dimostrare la sua innocenza. Ma tant’è ormai nel nostro paese accade di tutto e di più con l’aggravante collaborazione di giornalisti a cui vengono passate documentazioni che, spesso, non hanno nulla a che vedere con l’inchiesta ed il processo in corso.

Da più di 30 anni veline, registrazioni ed intercettazioni vengono passate da uffici delle procure a giornalisti amici e, su tale medievale e dispotico comportamento, non è stato mai condannato nessuno fra il fornitore ed il beneficiario della notizia.

Prendiamo, ad esempio, la Francia per capire come un Paese che ha ispirato il concetto della “Libertà” a mezzo mondo dalla presa della Bastiglia in poi. Nello specifico della Giustizia la Costituzione francese del 1958 della V Repubblica in merito al potere giudiziario, cui riserva soltanto tre articoli, fra cui l’art. 66 a garanzia dell’indipendenza e dell’inamovibilità, mentre sottopone la magistratura inquirente alla dipendenza gerarchica dal potere esecutivo.

Inoltre, dopo la riforma con legge costituzionale del 27 luglio 1993, la Costituzione, art. 65, prevede due distinti organi di autogoverno uno per la magistratura inquirente e un altro quello giudicante, equivalenti al Consiglio Superiore della Magistratura italiano e per tramortire, in modo definitivo i nostri imperanti giustizialisti, ricordo la Loi Perben II del 1º febbraio 2010 che sottopone esplicitamente la funzione inquirente al controllo del Ministero della Giustizia ed è stata dichiarata legittima dal Consiglio costituzionale sia rispetto agli articoli della Carta che al principio della separazione dei poteri.

Ed ecco il testo: «Le ministre de la justice conduit la politique d’action publique déterminée par le Gouvernement. Il veille à la cohérence de son application sur le territoire de la République. A cette fin, il adresse aux magistrat du ministère public des instructions générales d’action public. Il peut dénoncer au procureur général les infractions à la loi pénale dont il a connaissance et lui enjoindre, par instructions écrites et versées au dossiers de la procédure, d’engager ou de faire engager des poursuites ou de saisir la juridiction compétente de telles réquisitions écrites que le ministre juge opportunes».

Avete capito bene cari italioti: ci sono 2 CSM e i Procuratori sottostanno al Ministro della Giustizia. Per non parlare degli Stati Uniti dove gli avvocati dell’accusa devono essere, il più delle volte, eletti, e dove i pubblici ministeri sono chiamati “procuratori” e fanno parte del “ramo esecutivo” del Ministero di Giustizia, e a ricoprire la carica non sono magistrati ma semplici avvocati. Il dipartimento è diretto dal procuratore generale degli Stati Uniti, che riporta direttamente al presidente degli Stati Uniti ed è un membro del gabinetto del presidente, come lo fu Robert Kennedy. Ecco perché affrontano laicamente il rinvio a giudizio di un ex Presidente, Donald Trump, che con quel processo su basi quasi golpiste parteciperà tranquillamente alle prossime elezioni.

E che dire poi dell’ex presidente della Francia, Nicolas Sarkozy, condannato anche in appello a un anno di detenzione, ma con sei mesi di condizionale e sei di misure alternative, nel caso cosiddetto “Bygmalion”, relativo al finanziamento illecito della sua campagna elettorale del 2012. Il primo ministro britannico uscente Rishi Sunak è sotto inchiesta per via della consorte Akshata Murthyrisulta per aver avuto interessi d’affari che il premier non avrebbe a suo tempo dichiarato.
Da noi, invece, dove non regna più una vera democrazia liberale da un trentennio e dove il potere è nelle mani degli avvocati dell’accusa innalzati a giudici e dove, soprattutto, una politica in parte codarda ed in parte loro ancella regna la completa anarchia.

Negli Stati Uniti la Harris e Trump insieme hanno raccolto centinaia di milioni di dollari di finanziamenti e dove i più cospicui, a suon di milioni, sono elargiti dai grandi gruppi da Google a Microsoft ma lì nessuno si pone il pregiudizio infamante che porta il nome della “cultura del sospetto” imperante fra noi per il quale si immagina già una corruttela fra il finanziatore ed il finanziato. Là passano milioni e, giustamente, non succede niente qui per qualche migliaio di euro si corre il rischio di essere incriminati e condannati.

Se lo scempio dell’inquinata Senna fosse accaduto in Italia vari procuratori avrebbero fatto a gara a sigillare le Olimpiadi e il Tevere e le Tv e i giornali sarebbero andati a nozze, per non parlare dell’esodo forzato dei clochard parigini, circa 13.000, evacuati a forza dalla capitale per imbellettarla a fini turistici. Rarissimi accenni nei media d’Oltralpe e qui da noi idem per cui rimane il dubbio se siamo solo noi a muoverci in tal senso e tutti gli altri fanno l’esatto opposto oppure c’è molto che non va. Spero che nessuno possa dire che Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti sono meno di noi in tutto.

 

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