“Non era ancor di là Nesso arrivato, quando noi ci mettemmo per un bosco che da nessun sentiero era segnato. Non fronda verde, ma di color fosco; non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti; non pomi v’eran, ma stecchi con tosco:” (Dante Alighieri, Inferno, XIII, 1-6 ). Dante e Virgilio, guidati dal centuaro Nesso, giungono attraverso il fiume infernale Flegetonte (un fiume di sangue che simboleggia la violenza e il dolore) in una grande foresta, che è la selva dei suicidi;
« Il suicida è un carcerato che, nel cortile della prigione, vede una forca, crede erroneamente che sia destinata a lui, evade nottetempo dalla sua cella, scende giù e s’impicca da sé» Albert Camus
Se “La morte è un modo di essere che l’essere assume quando c’è”, secondo M. Heidegger,(1969), per André Malraux, (La condizione umana, 1933) “morire è passività, ma uccidersi è atto”.
Il suicidio è un morbo che non conosce nazionalità. Molti scrittori, oltre al fatto che si sono suicidati o hanno tentato di farlo, hanno un mistero nella sua vita. E sicuramente non lo fa perché improvvisamente la morte comincia a sembrarle attraente. E’ sicuro che non ci sono domande davanti a un suicida. Non esistono suicidi timidi scriveva Pavese, perché il suicidio, non la morte in sé, ha il coraggio di una rappresentazione in cui la tragedia e l’ironia si incontrano. (Tre dei quattro fratelli di Ludwig Wittgenstein si sono uccisi, e Wittgenstein stesso ha spesso contemplato l’idea ). Albert Camus suggerì che l’unica seria questione filosofica fosse se ci debba o meno uccidere. Il suicidio, scrisse, «è semplicemente confessare che (la vita) “non vale la pena”. Nel 1910 molti hanno parlato, e parlano ancora, di morti premature in Italia e in Grecia, di greco Periklis Giannopoulos (1869-1910) saggista traduttore e della morte di italiano Carlo Michelstaedter (1887-1910) filosofo.
Il greco Periklis Giannopoulos è stato un vero paradoso culturale, era convinto che la verità dell’uomo può essere raggiunta solo attraverso del paessaggio che vive, che può divenire un processo intuitivo in cui pensiero e azioni si trovano uniti. Cosi P. Giannopoulos si ispirava dalla luce della Grecia, risalta la bellezza e la naturalezza delle linee del paessaggio greco coi suoi forti effetti di luce e si toglierà la vita al termine di questa filosofia.
Il suo entusiasmo, la sua sensibilità, le sue nozioni, la sua scrittura, insomma non è né decadente, né irrazionalistica, ma soltanto greca, genuina, eloquente, spontaneamente umana. Grande ammiratore della Grecia ha studiato la letteratura della Grecia antica, e ha dato nuove ermeneutiche per il pensiero greco.
Critico della politica ha visto la decadenza della vita politica in Grecia, (degli anni 1900) sarcastico, conosceva bene la situazione politica dell’Europa perché ha vissuto in Francia per anni, (amico di Jean Moreas) ma viveva la dignità della Grecia fuori dal sistema politico-sociale greco, che voleva i cittadini della Grecia esisteranno come sudditi. Ha tradotto Baudelaire, Poe, Oscar Wild, e scriveva opere come «Un messaggio con centro la greca sensazione», «pensiero greco», e il manifesto con titolo «Appello per il pubblico greco»,ecc. Saggista di infinite ricorse stilistiche, capace di dare voce a ogni problema sociale con una ironia, e anche ha dato una nuova teoria per l’ arte, come ricerca dei valori. Organizza un’estetica della luce, che è caratterizzata dall’aspetto visivo, un’aspetto visivo come intuizione pura che può divenire un’ omologazione del soggetto e dell’ oggetto.
Molti dicono che Periklis Giannopoulos era un profeta del Risorgimento greco. La profezia non è visione del futuro, ma “sguardo profondo” sul presente. E Periklis Giannopoulos vedeva l’etica del dovere e dell’eroismo, l’approccio volontaristico alla realtà. la visione della politica come missione e pedagogia collettiva, l’identificazione di pensiero e azione. Aveva sempre una volontà debordante di vita e di eroismo. In Giannopoulos c’é il martire della patria, il grande patriota, credente, e sincero. E anche aveva il sentimento del sacrificio individuale. Affrontò con incredibile lungimiranza temi quali la democrazia e l’autodeterminazione dei popoli. Cosmopolitismo e nazione sono insieme secondi Periklis Giannopoulos. (L’Umanità è il fine: la Nazione, il mezzo; senz’essa, potrete adorare contemplatori oziosi l’Umanità)
Mori suicida (10/4/2010) al mare di Skaramagka,(luogo dei misteri eleusini) ha ornato i suoi capelli con fuori e entrato al mare con un cavallo bianco, vestito in bianco anche lui. Jean Baudrillard, in “Cool memories II 1990”, dirà. “Il solo crimine perfetto è il suicidio. Perché è unico e senza appello, al contrario dell’omicidio che deve ripetersi senza fine. Poiché realizza la confusione ideale tra il carnefice e la vittima”.
L’italiano C. Michelstaedter di famiglia italiana ebrea compri gli studi dapprima a Vienna, e poi a Firenze fu il filosofo della persuasione. Appare facilmente a prima vista negli scritti di Michelstaedteruna concezione pessimistica d’impronta schopenhaueriana, secondo la quale la vita è destinata a perpetua delusione, perché la nostra volontà rivolta a un altro da sé è sempre protesa verso un termine futuro, il quale perciò sempre fugge dinanzi a noi che lo inseguiamo, cosi che la vita non può giungere al possesso di sé, alla gioiosa consapevolezza d’ un libero assoluto valore. Credeva che l’uomo, ha bisogno di dare un significato ragionevole al suo vivere, e non si contenta di ridursi all’impulso istintivo, nasce la retorica delle ragioni illusorie, che danno parvenza di convinzione al nostro procedere ( Kallopismata orphnes )
Secondo Eugenio Garin, la riflessione di Michelstaedter é tutta sul rapporto dialettico fra la fuga nel tempo da ogni impegno «reale» e la «consistenza» in un atto decisivo capace di fondare, contro l’illusorietà di una vita condizionata da un bisogno senza fine.
L’ultimo periodo della vita di Michelstaedter é una concentratissima preparazione all’azione. Se fino allora il suo travaglio era stato la ricerca di che cosa di debba volere. Scriveva: «io ho qualche cosa da fare a questo mondo, so quello che voglio fare» (Lettera alla madre 10 sett.1910 in Letteratura). Egli lavorava ad essere luce a sé e agli altri, spendendo intransigentemente a oncia a oricia la propria vita, fino a vivere “la bella morte”. Questa morte non é il suicidio: contro l’assurdità del suicidio Michelstaedter si é pronunziato più volte chiaramente. Sicuramente il suo suicidio fu causato certamente da un momento di grave depressione. Mori suicida subito dopo la tesi di laurea. 17/10/1910.
Poesia di K. Michelstaedter
Se camminando vado solitario
per campagne deserte e abbandonate
se parlo con gli amici, di risate
ebbri, e di vita,
se studio, o sogno, se lavoro o rido
o se uno slancio d’arte mi trasporta
se miro la natura ora risorta
a vita nuova,
Te sola, del mio cor dominatrice
te sola penso, a te freme ogni fibra
a te il pensiero unicamente vibra
a te adorata.
A te mi spinge con crescente furia
una forza che pria non m’era nota,
senza di te la vita mi par vuota
triste ed oscura.
Ogni energia latente in me si sveglia
all’appello possente dell’amore,
vorrei che tu vedessi entro al mio cuore
la fiamma ardente.
Vorrei levarmi verso l’infinito
etere e a lui gridar la mia passione,
vorrei comunicar la ribellione
all’universo.
Vorrei che la natura palpitasse
del palpito che l’animo mi scuote…
vorrei che nelle tue pupille immote
splendesse amore. –
Ma dimmi, perché sfuggi tu il mio sguardo
fanciulla? O tu non lo comprendi ancora
il fuoco che possente mi divora?…
e tu l’accendi…
Non trovo pace che se a te vicino:
io ti vorrei seguir per ogni dove
e bever l’aria che da te si muove
né mai lasciarti. –
31 marzo 1905
Apostolos Apostolou
Docente di filosofia