Di Paola Francesca Moretti 

Agatha Christie è una delle mie autrici preferite, non solo perché mi appassiona il genere letterario giallo ma soprattutto per le sue doti innate di scrittrice. Abile conoscitrice dei comportamenti umani, la regina del romanzo poliziesco è nota per il suo fine intelletto. Mi piace collocare la Christie a metà strada tra la pura fantasia e l’estro delinquenziale, nel romanzo “Sipario” ha scritto: “Ognuno di noi è un potenziale assassino – in ognuno di noi sorge di tanto in tanto il desiderio di uccidere – sebbene non la volontà di uccidere”.

Ė possibile ipotizzare che la scrittrice avesse un pensiero criminale per poter partorire tutte quelle opere narrative che ancora oggi riempiono gli scaffali delle librerie? Forma e ambientazioni impeccabili, personaggi ben delineati sotto il profilo psicologico fanno di ogni sua storia non un semplice giallo ma il giallo per antonomasia dalla trama avvincente e ben articolata.

La scrittrice, abile guida letteraria, conduce il lettore con adagi e colpi di scena all’interno di una vicenda ideata con malizia e spiegata con dovizia di particolari. Magistrale ideatrice di molteplici delitti compiuti con modalità e dinamiche diverse. Come Pollicino la Christie in ogni episodio delittuoso dissemina molliche di indizi per giocare un po’ con il lettore e al tempo stesso renderlo partecipe della caccia all’assassino. Infatti ha scritto: “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”.

Quasi a voler mettere in moto le celluline grigie di tutti coloro che hanno scelto di entrare nei meandri della mente umana. D’altra parte… “La migliore ricetta per il romanzo poliziesco? Il detective non deve mai sapere di più di quanto non sappia il lettore”.

Se non è genio questo, ditemi voi, allora cos’è?

Agatha Christie era una donna intelligente, avvolta da un alone di mistero, non amava tergiversare, le piaceva andare dritta al punto. La caratterizzava un’inventiva fuori dal comune, poliedrica e originale nella modalità di pensiero. Una donna dalla personalità impulsiva, spigolosa e ironica, ma al contempo brava a non urtare la suscettibilità dei suoi interlocutori. Colta e arguta, ma anche tanto criticona e severa verso la sua stessa persona.

Chi altri come lei è riuscito a fare della propria esistenza un novel a tratti limpido e a tratti oscuro, esattamente come quando il 3 dicembre del 1926 esce di casa e nessuno sa nulla di lei per ben undici giorni.I cronisti dell’epoca ebbero da che sbizzarrirsi, fiumi di inchiostro per mere supposizioni sull’uscita di scena della principale protagonista. Era stata colta da amnesia? Oppure semplice messa in scena, insomma, un modo come un altro per farsi ulteriore pubblicità? Fuga orchestrata ad hoc dalla stessa scrittrice? Un ventaglio di ipotesi si apriva agli stessi investigatori.

Nonostante i gravi problemi che incombevano sul popolo britannico, mi sorge spontanea la domanda: “per quale motivo la scomparsa di Agatha Christie suscitò in essi grande clamore?”

A fare da cornice alla – quanto mai rocambolesca – scomparsa furono una serie di dichiarazioni incoerenti e confuse tali da rendere l’intera vicenda un romanzo giallo breve dalla trama sospetta e inquietante. Agatha Christie mise tutto a tacere dichiarando di essere stata colpita da amnesia. Per buona pace di tutti? Mah! Credo che per questa faccenda furono pochi i pesciolini che abboccarono all’amo teso dalla scrittrice.
Chissà se ha qualche attinenza questa perla di saggezza che Agatha mette sulla bocca di Miss Marple, un personaggio assai perspicace: “Ho imparato che non si può tornare indietro, che l’essenza della vita è quella di andare avanti. La vita è davvero una strada a senso unico”.
Aprire l’armadio di Agatha?

Verosimilmente verrei sommersa da un mucchio di scheletri.

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