Di Sergio Pezza *

Il dibattito in merito alla prostituzione, alla sua liceità morale ed alla eventuale legalizzazione, coinvolge molti delicati aspetti che non si possono ridurre in poche righe.

Mi permetto tuttavia di formulare qualche spunto di riflessione, senza alcuna pretesa di essere esaustivo.

Riconoscere che un fenomeno esiste, che è sempre esistito e che probabilmente esisterà sempre, non mi pare una buona ragione per riconoscerlo e legittimarlo.

I paragoni possibili sono infiniti e riguardano ogni aspetto deteriore dei comportamenti umani, molti dei quali,pur esistendo da sempre,non sono degni di un essere umano evoluto.

Per esempio il furto, la rapina sono fenomeni umani diffusi che arricchiscono la malavita; talvolta ci scappa il morto….quindi sarebbe opportuno dare loro una regolamentazione in modo tale che creino il minor danno possibile?

Oppure pensiamo al gioco d’ azzardo,fenomeno che lo Stato punisce, salvo nel caso in cui sia lui stesso a gestirlo ed a guadagnarci.

Molte famiglie si sono ridotte sul lastrico a causa di uomini ludopatici; che possono giocare legalmente oppure no, senza che questo incida sulla gravità della loro condotta,sul loro abbrutimento, sui danni che essa provoca.

Insomma l’esistenza di un fatto
negativo non basta per riconoscerlo e legalizzarlo.

*La scelta di politica legislativa deve fondarsi su altro; e precisamente sul riconoscimento di quel fenomeno come utile al progresso morale e materiale dei cittadini, sulla sua intrinseca meritevolezza di tutela.*

Ora è ben possibile avere diverse concezioni della sessualità umana, in base alle quali effettuare scelte politiche in materia.

Per quanto mi riguarda, penso che ridurre la magia dell’ incontro intimo fra due persone a bene di consumo, privarlo dei suoi preponderanti aspetti sentimentali ed affettivi, concepirlo come ” bisogno fisiologico” da soddisfare ad ogni costo, anche pagando, non sia qualcosa di buono e di utile alla felicità delle persone.

Penso inoltre che nessuna donna davvero libera sceglierebbe di farsi usare dal maschio di turno per guadagnarsi da vivere.

Nessuna donna sceglierebbe di vendere la propria intimità al miglior offerente; se accade è solo per bisogno estremo o per miseria morale.

Ed uno Stato degno di questo nome non può accettare che alcune donne vivano in queste condizioni, e, peggio ancora, pensare di lucrare sulla loro miseria o sulla loro ignoranza.

Uno Stato degno di questo nome dovrebbe garantire a tutte le donne una formazione morale ed una libertà dal bisogno, tali da non indurle o costringerle a prostituirsi.

*Presidente sezione penale tribunale di Benevento ed editorialista per l’ Eco del Sannio 

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