Di Antonio Peragine*

Il dibattito politico ed etico-morale sulla possibile riapertura delle case chiuse ha assunto spesso, negli ultimi decenni, un ruolo importante nel nostro Paese. Punto centrale è la discussione attorno alla Legge Merlin, legge che, dalla sua entrata in vigore, non considera la prostituzione come un reato ma ne punisce sia lo sfruttamento che il favoreggiamento.

Una prima discussione legata al superamento della Legge Merlin riguarda la possibilità di regolamentare la prostituzione al fine di sottrarre il fenomeno alla criminalità e trasformarlo in attività tassabile, al fine di garantire una nuova entrata all’erario pubblico.

Altro argomento riguarda i luoghi in cui collocare logisticamente l’attività di prostituzione una volta regolamentata. Esiste poi la questione, etico-morale, se la prostituzione sia da considerare una libera scelta dettata dall’arbitrio (dunque un’attività lavorativa come le altre) o, piuttosto, come una schiavitù che oltraggia la dignità della donna.

Per quanto mi riguarda l’Italia dovrebbe seguire il modello di paesi come Olanda e Germania, dove la prostituzione, limitata in certe aree, è sottoposta a obbligatori controlli igienico-sanitari. Ciò eliminerebbe il fenomeno della prostituzione da strada, pericoloso diffusore di malattie sessualmente trasmissibili. Tale procedura limiterebbe l’accesso all’esercizio solo ai candidati che risultano “sani” ai test medici.

Affermo questo con cognizione di causa perché sono fermamente convinto che la prostituzione senza un controllo statale sia una schiavitù e una violenza verso chi la esercita.

La prostituzione è un fenomeno ineliminabile. Va considerata l’idea di circoscriverlo alle case chiuse, portando l’attenzione sulla lotta ai suoi risvolti peggiori. I mutamenti della società permettono di superare l’idea di offesa alla dignità della donna, riconoscendolo come libera scelta. Il superamento della Legge Merlin è necessario, per garantire tutela e diritti ai lavoratori del sesso.

Inoltre circoscrivere la prostituzione in zone dedicate garantirebbe un controllo più efficace.Per eliminare la prostituzione dalle strade è necessario regolamentarla e progettare zone o quartieri “a luci rosse” per l’esercizio di tale attività, seguendo il modello di paesi più evoluti in materia. Riportare la prostituzione al chiuso, in zone delimitate e sorvegliate faciliterebbe le operazioni di controllo fiscale e sanitario, con conseguente controllo sulla criminalità.

.Ma vi è di più!Regolamentare la prostituzione eliminerebbe il controllo della malavita sul fenomeno e garantirebbe entrate all’erario pubblico.La prostituzione non è un’attività illecita dal punto di vista penale. L’abrogazione di alcuni punti della Legge Merlin sottrarrebbe il fenomeno al dominio della criminalità e garantirebbe una nuova forma di entrata per l’erario pubblico, attraverso la sua tassazione. Il “lavoro sessuale” va considerato come qualsiasi altra attività lavorativa e, dunque, oltre che tassato, decriminalizzato.

Inoltre i controlli medici obbligatori limiterebbero l’accesso alla professione e migliorerebbe l’aspetto igienico-sanitario.

Il fenomeno della prostituzione in Italia, così come in Europa e nel mondo, ha subìto profondi cambiamenti con il mutare della struttura economica, della morale e dei costumi. È evidente, perciò, che la legge sia un prodotto del suo tempo, un’espressione delle tensioni della società italiana nell’immediato dopoguerra e che sia urgente una riflessione che prenda in considerazione le rivendicazioni e i bisogni delle sex workers, per un migliore adattamento della legislazione alla mutata situazione attuale.

Il percorso per garantire i diritti raggiunti, quindi, non sembra affatto concluso ed anzi lascia supporre che sia lastricato di insidie e battaglie future.

 

*Direttore del corriere nazionale ed editorialista per l’Eco del Sannio

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