L’editoriale del Direttore Daniela Piesco
Io, in qualità di uomo, non posso, né direttamente né indirettamente, né dirigendo, né aiutando, né incitando, partecipare alla guerra; non posso, non voglio e non lo farò.”
Lev Tolstoj
All’inizio dello scorso secolo, Tolstoj, grande maestro di cultura della Pace e della Nonviolenza, di fronte ai conflitti del suo tempo e al dilagare frenetico di deliri nazionalistici e di aggressività imperialistica, si trovò a riscontrare, con grande amarezza, che i saggi insegnamenti filosofico-religiosi e gli appassionati messaggi etico-politici delle menti migliori del passato sembravano non aver lasciato alcuna traccia sulla coscienza collettiva dell’umanità.
Appare , dunque, quasi impossibile porre un argine all’avanzata della paralizzante sensazione di sfiducia nelle capacità evolutive del genere umano.
Io sono venuta al mondo in una democrazia liberale, più o meno. Immagino che se fossi venuta al mondo in una dittatura nazifascista, il mio modo di pensare, sarebbe diverso, probabilmente, da quel che oggi penso.
Pertanto, mi pare di poter dire che, se desidero “giudicare” le ragioni dei contendenti di un conflitto, devo assumere la responsabilità di avere un “punto di vista”. E, se scriviamo a partire da uno specifico punto di vista, dovrebbe essere ovvio, ed evidente, che tale punto di vista non potrebbe mai pretendere di assumere in sé la Verità, e la Realtà.
Non è necessario essere d’accordo con me, ma si può essere d’accordo con l’idea che io stia provando ad esprimere il mio punto di vista in modo trasparente, affinché siano chiari i termini di un onesto conflitto delle idee, eventualmente.
Mi vien voglia, ogni tanto, di esercitare i miei pensieri, di fronte alla realtà. Di questi tempi, però, trovare una soddisfacente definizione di “realtà”, o addirittura un luogo fisico riconosciuto, che possa qualificarsi come “realtà”, è un’operazione estremamente difficile e controversa.
Sembra, che ognuno viva una sua propria realtà, e che questa realtà sia l’unica ad essere riconosciuta come vera. E sembra anche che non esista alcun discorso pubblico possibile, capace di convincere qualcuno che la sua realtà individuale, forse, non è esattamente la verità, ma un costrutto personale, magari totalmente privo di razionalità e oggettività.
Mi pare che non sia quasi mai il frutto di un lavoro di riflessione magari sofferta, ma solo il posizionamento più conveniente, e veloce, nel mercato dei rumori che affollano i nostri sensi per manipolare, spesso, i nostri tentativi di informarci, sapere, o capire qualcosa.
Il confine, tra bugia e verità, è divenuto sfumato e permeabile; anzi, la bugia, ha assunto contorni, e forza e forma, di verità, e genera conseguenze reali, sovvertendo radicalmente qualsiasi gerarchia delle fonti.
L’ecosistema della comunicazione continua, costituito dai social network globali, amplifica, con infinita potenza questo processo e lo conduce alle sue estreme conseguenze, avendo ormai creato un mercato dell’informazione che non misura il proprio successo in accuratezza o indipendenza, o credibilità, ma in capacità di creare consenso.
Ebbene l’esercizio che chiedo ai miei pensieri, in questo giorno di festa e di banchetti , ha a che fare con la guerra in corso a Gaza .
Più o meno trenta anni fa, io manifestavo,al liceo classico portando la maglietta con la scritta “Free Palestine ” senza sentire in me dubbio alcuno, contro quella guerra.
Mi era chiaro, allora, il perché io fossi contraria
Innanzi tutto, perché, come dice la nostra Costituzione, “l’Italia ripudia la guerra“. Il “ripudio” è qualcosa di più forte, e radicale, di un semplice “rifiuto”: è bene tenerlo a mente, sempre. E poi perché non c’era Giustizia, in quella guerra. E non c’è stata Giustizia nelle conseguenze che quella guerra ha riverberato in questi trenta anni.
Avevo chiaro, il mio giudizio, all’epoca.
Oggi invece mi pare che ci si debba adeguare al principio, secondo cui “la storia la scrivono i vincitori”, e, pertanto sia una pura presunzione pensare di distinguere il Bene dal Male, visto che l’unica scelta corretta, sarebbe quella di adattarsi all’idea secondo la quale la versione della storia che, “normalmente“, possiamo considerare vera e reale, è paradossalmente, essa stessa, un costrutto determinato solo dai rapporti di forza.
Rendendo del tutto vano, per questo, un “giudizio”, sul Bene, o sul Male.
Il Bene, coinciderebbe con quello che i vincitori hanno stabilito sia Bene.
L’uso di questi termini, in realtà, ne svela la natura di puri pretesti, utili per anatemi da social; per fomentare una propaganda globale che macina ogni cosa involgarendola.
Tale disinvoltura induce in me profonda diffidenza.
In guerra, la propaganda svolge un ruolo importante. Non mi impressiona che i contendenti ne facciano uso. Ma chi voglia discutere, o trovare soluzioni possibili per giungere alla Pace, deve scansare i frutti avvelenati della propaganda. Altrimenti, nei fatti, sta perseguendo un’altra strada.
Allora noi crediamo al cosiddetto Destino, o per dirla in un altro modo, alla “Astuzia della Ragione”?
E’ comodo, in realtà, spiegare le cose solo quando esse abbiano condotto a degli eventi, e non ad altri. Ma noi, oggi, viviamo quel che accade, e non possiamo permetterci di attendere che quel che accade sia giunto alle sue estreme conseguenze, per provare a spiegarlo, perché quelle estreme conseguenze, potrebbero implicare la nostra scomparsa, come specie. O, quanto meno, una profonda compromissione delle nostre condizioni materiali, economiche, politiche, sociali e culturali.
Non commettiamo l’errore di pensare che il mondo come lo abbiamo conosciuto e conosciamo, sia dato ora, e per sempre. La storia umana è storia di processi di cambiamento, e, mentre pensiamo di star fermi, in realtà ci stiamo muovendo. E non possiamo limitarci a sperare che non sia verso la fine.
Civiltà e barbarie ci riguardano. Allora onoriamo lo spirito di resistenza della Striscia di Gaza e la lotta di liberazione del popolo palestinese.