Di Paola Francesca Moretti 

Iyanla Vanzant ha dichiarato: “La famiglia dovrebbe essere il nostro rifugio sicuro. Molto spesso, è il luogo in cui troviamo il dolore più profondo”.

La famiglia sterminata a Paderno Dugnano per mano di un figlio è la rappresentazione di un dolore profondo che il 17enne, omicida e reo confesso ha, verosimilmente, sperimentato all’interno del suo stesso nucleo famigliare.
Su questo terribile fatto di cronaca è intervenuto il Garante della privacy criticando il modo in cui alcune testate giornalistiche hanno dato spazio alla notizia, facendo trapelare dettagli privati anche di soggetti minori. Secondo il Garante per la protezione dei dati personali “questo comportamento rischia di far degenerare la cronaca nella morbosa spettacolarizzazione della vicenda”. Sono dell’avviso che ogni operatore dell’informazione ha il diritto/dovere di informare l’opinione pubblica attenendosi al proprio codice etico. Ora, è palesemente evidente che tale fatto nella sua tragicità ha suscitato clamore mediatico, l’importante è, però, non andare oltre il fine puramente informativo.

Incredulità e sconcerto per la strage di Paderno Dugnano, in particolare si ravvisa un senso di fallimento degli adulti nei confronti degli adolescenti. Stando alle dichiarazioni di conoscenti e parenti, nell’ insieme la famiglia era perfetta: due genitori perfetti, due figli perfetti.

I nostri occhi di osservatori esterni vedono quello che gli altri vogliono mostrarci, dunque, la bella famigliola del mulino bianco, tutta sorrisi, abbracci e baci esiste davvero? Oppure è solo una chimera che nella prospettiva di ognuno di noi diventa reale? Ogni entità è perfetta solo e unicamente nel suo stato imperfetto. Cosa intendo dire? Che non si può credere che tutto possa filare liscio, né tantomeno pensare che tutto possa essere sempre perfetto proprio perché la realtà, si sa, è ben diversa. Ormai, è risaputo che anche nelle famiglie perbene, serene, stabili, ci sono problemi e difficoltà. A chi di noi non è capitato di conoscere famiglie che in apparenza sembrano la raffigurazione della perfezione ma in realtà, ogni giorno, devono affrontare una marea di problematicità che si guardano bene dal palesare?

Da fonti giornalistiche, ho avuto modo di acquisire le dichiarazioni rilasciate dal giovane, attualmente, rinchiuso nel carcere minorile Cesare Beccaria di Milano. In caserma, il 17enne ha dichiarato che “Non c’è un vero motivo per cui li ho uccisi. Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio. Me ne sono accorto un minuto dopo: ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato”. Il giovane ha anche affermato: “il malessere avvertito da qualche giorno è solo mio, non collegato alla famiglia”.
Da una prospettiva puramente comunicativa, il ragazzo presenta una notevole fragilità di fondo, nonostante il terribile gesto, ritenuto premeditato.
Ha colpito a morte tre persone: madre, padre e fratellino senza fermarsi. Mi chiedo: “Da dove genera tanta violenza?” Diverse le motivazioni che possono aver armato la mano del reo contro il suo stesso sangue e credo debbano essere ricercate nella struttura della personalità del giovane. Personalità che si forma attraverso i modelli delle principali figure di riferimento e via via si sviluppa con le esperienze vissute dall’individuo nel mondo esterno.

Agli inquirenti il giovane è apparso lucido, consapevole del suo agito, e ha compreso perfettamente che non può tornare indietro. Ha reso una confessione spontanea, si potrebbe considerare una sorta di liberazione per l’atto compiuto? Molto probabile.
Nelle dichiarazioni rilasciate dal 17enne, a mio parere, vi è una discrasia “il malessere avvertito da qualche giorno è solo mio, non collegato alla famiglia”. Ha ucciso l’intero nucleo famigliare, mi riesce difficile escludere un malessere privo di un qualsiasi collegamento con la famiglia. Benché alla nascita venga reciso il cordone ombelicale, ogni individuo rimane sempre legato alle proprie origini, sin dall’atto del concepimento.

Inoltre fa riflettere la frase “Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia”, un sentirsi estraneo, escluso, com’è da interpretare questa estraneità, una percezione personale? Oppure le indagini porteranno ad altre verità?
Gli esperti della mente avranno molto da lavorare con questo ragazzo, il quale dovrà far pace con se stesso, giacché, l’orribile gesto compiuto condizionerà il resto della sua esistenza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.