Di Angelo Moretti

Non sappiamo cosa decideranno i giudici di Palermo nella prossima udienza di metà ottobre che vede il Vice-premier Salvini imputato. Il PM ha chiesto sei anni per l’Ex Ministro degli interni e capita non poche volte che il collegio giudicante stravolga le richieste dei magistrati inquirenti. Nulla dunque è certo, se non una circostanza incontrovertibile. Salvini rivendica, ed ha rivendicato a più riprese, che il suo atto illegale (contro la legge) avesse però una piena legittimità politica, perchè egli fu eletto nel 2018 proprio dopo una campagna elettorale in cui aveva preannunciato, se avesse vinto la sua parte politica, chiare e forti azioni del potere esecutivo contro gli sbarchi e contro l’azione umanitaria delle ONG.

Ciò che asserisce Salvini è ineccepibile: lui era all’epoca Ministro degli interni, per cui non ha fatto altro che portare avanti ciò che aveva promesso. Solo che ciò che aveva promesso era contra legem. Lo scontro vero non è, e non era, dunque tra l’ideologia di Salvini e la magistratura, ma tra il potere esecutivo ed il potere legislativo. La Lega del 2018 raggiunse un ragguardevole risultato del 17% di elettorato, più del doppio fu invece il risultato del Movimento 5Stelle, mentre intorno al 20 arrivò il Pd. Dunque la Lega era nella maggioranza dell’esecutivo Giallo-Verde una forza di minoranza ed il suo programma di respingimento muscolare non è diventato “legge”, perché egli non aveva i numeri per cambiare le leggi italiane vigenti in materia di salvataggio in mare, per cambiare la costituzione, per ignorare le regole europee, per modificare la Dichiarazione Universale dei Diritti umani promulgata a New York nel 1948.

Non aveva neanche i numeri per modificare la consuetudine antica del “diritto del mare”, che è anch’essa fonte di legge, secondo cui gli uomini a mare vanno obbligatoriamente salvati da chi può farlo. L’allora Ministro degli Interni non ebbe i numeri per cambiare tutto questo e, nonostante lo avessero avvertito che sulla nave Open Arms erano presenti finanche bambini e persone vulnerabili, protetti in maniera ancora più stringente dalle leggi internazionali, egli pronunciò con forza il suo “Decido da solo. Non sbarcheranno”. Non c’è che dire, il prode ministro fu coerente fino in fondo e noi oggi non siamo chiamati a commentare il suo “ho difeso la patria”.

È chiaro a tutti che il politico, più che il Ministro, voleva mostrare i muscoli italiani contro centocinquanta persone povere, lo aveva detto, lo ha fatto. Ciò che oggi dispiace, però, è il fatto che pare che lo stesso non fosse pronto ad andare in galera per la sua opera di disobbedienza alle leggi. Era pronto a disobbedire ad ogni potere legislativo pur di tenere fede alle sue promesse elettorali ed il suo posizionamento politico, ma era sicuro di poterlo fare a spese del ministero, non dell’uomo politico, era sereno che tutto poi potesse risolversi con una nulla di fatto: i migranti sarebbero scesi sulla banchina, stremati ma ancora in vita, lui ne sarebbe uscito sano e salvo e senza alcuno strascico.

Nessuno lo aveva avvisato che la disobbedienza si paga con la galera e, soprattutto, che in fondo lui rappresenta solo una minoranza infinitesima del mondo e che dunque non aveva alcun potere per fare quello che ha fatto. In questi giorni, come si dice a Napoli, si “è scetato dal sonno” della sua stessa propaganda e scopre, ironia della sorte, di aver difeso le patrie galere, più che la patria in sé.

Ora sarebbe il momento che il nostro dicesse a grande voce: pago con la galera! Senza accusare la magistratura che fa solo il suo dovere.

Questa sarebbe vera coerenza. Lo farà?

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.