L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco
Anche se è vero che quella di firmare ordigni destinati a colpire il nemico è una pratica che esisteva già ai tempi della seconda guerra mondiale, con gli americani che lanciavano messaggi ai giapponesi ricordando loro che la vendetta sarebbe presto arrivata e che arrivò, infatti, con uno dei più gravi disastri umanitari della storia( le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki..) mi domando come si possa mantenere viva la nostra umanità di fronte alla tragedia globale ed evitare di scivolare nell’imperturbabilità e nell’insensibilità.
Credo che il gesto di ieri , del presidente ucraino Volodymyr Zelensky , sorridente, mentre firma i proiettili destinati a colpire la Russia, le sue truppe e sicuramente la sua popolazione fatta di civili , donne e bambini sia esecrabile e che non vada in alcun modo celebrato sui social con video contenenti musica epica …
Si è persa la sensibilità e l’ analisi dei gesti.
Ma la cosa più grave è che nessun intellettuale o la cd intellighenzia italiana ne abbia fatto menzione .
Forse è questo che incrina la nostra democrazia : la frequente esposizione a immagini e storie di conflitti globali favorisce la nostra insensibilità. La ripetizione costante di immagini drammatiche e notizie sconvolgenti rischia di anestetizzare le nostre reazioni emotive.
Tutti noi dovremmo avere una responsabilità e in primis gli organi di informazione: dobbiamo essere consapevoli dei pericoli dell’apatia e lavorare insieme per trasformare il dibattito pubblico in un veicolo di comprensione e cambiamento positivo. Solo in questo modo possiamo evitare che le tragedie diventino “mode” sui social media e vengano rapidamente sostituite da nuovi titoli sensazionali.
Abbiamo forse raggiunto un punto in cui le sofferenze umane diventano notizie di routine?
Forse è il momento di ritornare a una forma di giornalismo più approfondita, che vada oltre i titoli impressionanti che fanno scalpore e ci si dedichi a una narrazione più dettagliata e complessa.
È inoltre essenziale interrogarci sul significato della nostra connessione con i conflitti globali. Dobbiamo chiederci se la nostra brevità di attenzione è dovuta a un eccesso di informazioni o a una mancanza di impegno personale.
Solo allora potremo sperare di recuperare una connessione più autentica e impegnata con gli eventi che segnano il nostro mondo.
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