L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco
Dopo anni, viene incenerito un principio di civiltà e viene ripristinato un ricatto che pende sulla testa delle persone durante tutta la vita lavorativa. Capita spesso infatti che, insieme al contratto di assunzione, proprio nel momento di maggior fragilità, venga fatta firmare una lettera di dimissioni in bianco, in bianco perché senza data, come condizione per l’assunzione; che spesso viene perfino spacciata per una consueta procedura amministrativa. Quella lettera verrà compilata con la data dall’impresa, successivamente, quando quella persona, quasi sempre una giovane donna (ma non solo), non è più desiderabile per l’azienda, magari perché incinta, perché ha deciso di sposarsi, o a causa di una lunga malattia o in virtù di opinioni non gradite.
Ma cosa sono le dimissioni in bianco?
Con l’espressione “dimissioni in bianco” ci si riferisce ad una triste consuetudine del mercato del lavoro consistente nel far firmare al lavoratore o alla lavoratrice le proprie “false” dimissioni in anticipo,di solito già al momento dell’assunzione ,in modo tale che il datore di lavoro possa poi “completare” il foglio già firmato con la data desiderata al momento opportuno, a fronte ad es. di una malattia, un infortunio, un comportamento sgradito, o, caso maggiormente diffuso , una gravidanza del lavoratore. Si tratta, cioè, di una prassi diffusa al fine specifico di aggirare la normativa sui licenziamenti o quella relativa ai congedi di lungo periodo per maternità o malattia.
A breve il ritorno di questo abuso: le dimissioni volontarie non dovranno essere dichiarate compilando un modulo con numerazione progressiva e scadenza (reperibile sul sito del Ministero del Lavoro o presso le direzioni territoriali del lavoro), che quindi potrà essere retrodatato e fatto firmare al momento dell’assunzione.
In realtà, l’abuso delle dimissioni in bianco è praticato, quasi totalmente, in imprese sotto i 15 dipendenti dove non si è mai applicato l’articolo 18.
La legge che ripristina le dimissioni in bianco si colloca lungo una strada perfetta e chiara nella sua direzione:lo scrollamento da un’assunzione di responsabilità verso un paese per donne e uomini, in cui la maternità sia libera scelta.
In particolare nel ddl c’è una norma che “smonta” parte del Jobs act. La legge voluta dal governo Renzi (il decreto legislativo 151 del 2015) pur confermando il licenziamento individuale introdotto dalla legge Fornero, dettava norme stringenti (articolo 26) per contrastare il licenziamento mascherato da dimissioni volontarie del dipendente. Il ddl lavoro ha invece allargato le maglie di questi licenziamenti, dietro cui spesso si celano le cosiddette dimissioni in bianco, che colpiscono soprattutto le donne al momento della maternità.
Verso l’ inciviltà non c’è ancora da fare molto perché la strada è quella giusta.
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