Editoriale di Daniela Piesco Direttore Responsabile dell’ Eco del Sannio 

«Anche noi bambini vittime della guerra dobbiamo essere felici» Renad Atallah

Renad è una bambina palestinese di dieci anni nata a Deir el-Balah, nella parte centrale della Striscia di Gaza. Da quando è iniziata la guerra, non potendo più frequentare la scuola, occupa il tempo cucinando con gli ingredienti trovati nei pacchi degli aiuti umanitari.

I video che realizza e che posta sui social stanno avendo l’ incredibile effetto di umanizzare questa guerra assurda e di mostrare allo stesso tempo come i bambini cercano, in ogni istante libero dalla morte, di provare a vivere la loro infanzia, continuando a sorridere.

Così, su un tavolino fuori da una tenda , nella sua città , Renad, con il suo sorriso radioso e i suoi splenditi occhioni prepara la “pasta al sugo bianco alla Gaza” e tante altre leccornie .La variante ” alla Gaza ” si rende necessaria perché non dispone di tutti gli ingredienti necessari e prescritti nelle ricette originarie ma nonostante ciò riempie una pentola tutta graffiata con acqua in bottiglia e accende un piccolo bruciatore a propano. Ha una cipolla fresca e un peperone verde, usa funghi in scatola per la salsa, insomma tutto quello che c’è nei pacchi degli aiuti umanitari.

Renad ha trovato un modo creativo per distogliere l’ attenzione dalla guerra e in quel mentre riesce a sensibilizzare  l’opinione pubblica mondiale perché mostra attraverso i social uno spaccato di vita che le televisioni e i Mass media non fanno.

Il suo obiettivo?

Raccogliere fondi attraverso una campagna on line con l’ intento di aiutare la sua famiglia a fuggire dalla devastazione di Gaza.I suoi video non sono solo tutorial di cucina ma rappresentano una forma di resistenza contro la quotidiana distruzione e sofferenza .

Sono almeno 1,7 milioni i palestinesi sfollati nella Striscia di Gaza, di cui 800.000 bambini. La popolazione di Gaza è stremata e costretta a vivere in condizioni terribili.

Renad trasmette un messaggio di speranza soprattutto ai bambini che come lei vivono in condizioni drammatiche.Questa semplice piccolina è un simbolo di creatività e resistenza.

Il minimo che possiamo fare noi ora è condividere la sua speranza senza retorica, senza mai alzare la voce, senza schierarsi per nessuno se non per chi la pace vuole costruirla sul serio. La realtà mostrata di quella martoriata terra dalla parte e con gli occhi dei bambini che sono contemporaneamente quelli che hanno più da perdere dalla perdurante situazione di guerra, ma anche la speranza più autentica in un possibile cambiamento, ci impone di non rimanere in silenzio.

Ma mentre scrivo leggo che ancora oggi altri cinque bambini sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano nel Nord della Striscia di Gaza. Ne dà notizia l’agenzia di stampa palestinese, Wafa.

I bambini stavano giocando vicino a un bar nella zona di Al-Shati quando sono stati uccisi da un attacco con droni, specifica l’agenzia.

Il quotidiano britannico ‘The Guardian’ ricorda, citando Save the Children, che dallo scorso ottobre più di 16.400 bambini sono rimasti uccisi a Gaza a causa dei raid…

Questo odio così radicato e radicale, così cieco e sordo, così feroce da travolgere qualsiasi argine morale, sta uccidendo non soltanto bambini, donne e uomini innocenti, ma sta demolendo fin nelle fondamenta il “potere” delle più grandi organizzazioni internazionali, che ormai possono soltanto limitarsi a condannare, a intimare, senza la pur minima capacità d’incidere o di cambiare il corso degli eventi.

Il fallimento dell’Occidente nel difendere i diritti umani dei palestinesi ha messo a nudo tutta la sua “ipocrisia”.

Dunque, come si esce da questa impasse? Guerra sempre più estesa, come vorrebbe Israele? Fino a coinvolgere anche l’Iran, che finora ha contenuto la sua risposta militare con il lancio dei circa 180 missili balistici, nonostante le sempre più esplicite provocazioni? Fin dove può spingersi il coefficiente “accettabile” di rischio? Davvero c’è qualcuno che pur di perseguire i propri interessi possa accettare anche soltanto l’idea che, prima o poi, si possa ricorrere all’opzione nucleare? Davvero a questo vogliamo arrivare?

Il rischio c’è, visto che molte delle decisioni-chiave sono affidate alle “ragioni” di pericolosi estremisti, fanatici e squilibrati .

Ph: Pixabay senza royalty

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