L’editoriale del Direttore Daniela Piesco

Volete sapere cos’è uno Stato di polizia?

L’ altro Ieri,il 14 ottobre,Marco Borella,apicoltore,era con il suo banco al mercato di Desio in Brianza come  d’abitudine,solo che questa volta aveva deciso di rivestire la parete frontale della sua bancarella con uno striscione avente  la scritta : “Stop bombing Gaza – stop genocide”.

Il suo gesto contro la guerra ha però sortito uno strano effetto. Qualcuno non deve aver gradito questa presa di posizione e ha chiamato i carabinieri che giunti sul posto hanno intimato al malcapitato Borella di togliere lo striscione..

Al rifiuto dell’apicoltore di procedere alla rimozione gli hanno  comminato una multa di 430 euro per “propaganda politica non autorizzata”.

Premesso che nel caso di specie non si trattava di propaganda politica in quanto le parole contenute nello striscione non istigavano alcun tipo di odio e non ledevano i diritti civili e politici di nessuno ma esplicitavano puramente la richiesta urgente, legittima e inascoltata, di porre fine a un massacro indiscriminato,sarebbe stato facile obbedire per il quieto vivere, per continuare a foreggiare il silenzio imposto dal nostro governo che soffre il rumore del dissenso ; sarebbe stato facile impaurirsi con la minaccia di incorrere in sanzione ,sarebbe stato facile negare ancora una volta la giustizia .

E invece no , Marco ha deciso di opporsi mostrandoci un gesto di resistenza civile che vale mille volte più di ogni forma di censura.

Tutto ciò accade in un Paese che si proclama democratico.Accade in spregio alla Costituzione, all’articolo 21, che garantisce ogni forma di libertà di pensiero e di espressione.

Accade come se nulla fosse, come se fosse normale lo stravolgimento del rapporto tra statualità e cittadinanza.

Questa non è la lotta di Marco, ma è e deve essere una lotta comune per tutti noi, condivisa e diffusa quanto più possibile affinché le legittime richieste di pace e di porre fine al genocidio in atto a Gaza non siano soffocate con motivazioni pretestuose e in contraddizione allo stato di diritto.

Con la scusa della sicurezza, Meloni aumenta le pene, introduce nuovi reati, vieta ogni forma di resistenza passiva. Tutti i conflitti sociali diventano così una questione di ordine pubblico.

La cosiddetta “sicurezza”, mina il garantismo e la legalità costituzionale.Di fatto,completando e peggiorando l’opera delle leggi Minniti e Salvini , configura sia uno Stato del controllo che uno “Stato di polizia”. Tutti i conflitti sociali diventano questioni di ordine pubblico. Vengono aumentate a dismisura le pene e disegnati nuovi reati esclusivamente per rendere più difficili le lotte territoriali, ambientali, le critiche alle condizioni carcerarie.e via elencando .

Si vieta perfino ogni forma di resistenza passiva, ogni campagna di massa che metta in discussione l’arbitrio del potere.

Lo Stato sociale muore, abbattuto dallo Stato penale.

Ma vi è di più! Una colossale saldatura tra poteri politici, poteri militari e informazione: tutti hanno calzato l’elmetto della guerra.

Ha scritto giustamente Shoshana Zuboff, (la sociologa autrice de Il capitalismo della sorveglianza ) : «Stiamo pagando per farci dominare ; basta» Dovremmo seguire il suo invito. Potremmo pagare amaramente le rimozioni dell’oggi: la democrazia, come la libertà, è indivisibile.

Ph : Facebook

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