L’editoriale del Direttore Daniela Piesco

Volete sapere cos’è uno Stato di polizia?

L’ altro Ieri,il 14 ottobre,Marco Borella,apicoltore,era con il suo banco al mercato di Desio in Brianza come  d’abitudine,solo che questa volta aveva deciso di rivestire la parete frontale della sua bancarella con uno striscione avente  la scritta : “Stop bombing Gaza – stop genocide”.

Il suo gesto contro la guerra ha però sortito uno strano effetto. Qualcuno non deve aver gradito questa presa di posizione e ha chiamato i carabinieri che giunti sul posto hanno intimato al malcapitato Borella di togliere lo striscione..

Al rifiuto dell’apicoltore di procedere alla rimozione gli hanno  comminato una multa di 430 euro per violazione dell’articolo 23 comma 1 del Codice della strada, che vieta l’affissione di cartelli che possano arrecare disturbo visivo agli utenti della strada con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione.

In particolare la norma che è stata ripescata ad hoc per l’ occasione regola l’esposizione di cartelli, insegne, manifesti che ostacolino la viabilità o la segnaletica stradale o che contengano messaggi razzisti, discriminatori, offensivi o sessisti .

Ora essendo evidente che nessuna di queste circostanze riguarda lo striscione esposto da Borella, perché era rivolto verso l’interno del mercato, quindi non verso il traffico automobilistico, e perché conteneva un chiaro messaggio di pace e non violento , la sanzione comminata ha tutto il sapore del tentativo di limitare la libertà di espressione  .

Questo episodio si inserisce in un contesto più ampio di repressione del dissenso in Italia, con recenti casi di intimidazioni nei confronti di individui che esprimono sostegno alla causa palestinese.

Sarebbe stato facile obbedire per il quieto vivere e procedere alla rimozione per continuare a foreggiare il silenzio imposto dal nostro governo che soffre il rumore del dissenso ; sarebbe stato facile impaurirsi con la minaccia di incorrere in sanzione ,sarebbe stato facile negare ancora una volta la giustizia .

E invece no , Marco ha deciso di opporsi mostrandoci un gesto di resistenza civile che vale mille volte più di ogni forma di censura.

Tutto ciò accade in un Paese che si proclama democratico.Accade in spregio alla Costituzione, all’articolo 21, che garantisce ogni forma di libertà di pensiero e di espressione.

Accade come se nulla fosse, come se fosse normale lo stravolgimento del rapporto tra statualità e cittadinanza.

È bene sottolineare che le legittime richieste di pace e di porre fine al genocidio in atto a Gaza non devono essere soffocate con motivazioni pretestuose e in contraddizione allo stato di diritto.

Con la scusa della sicurezza, Meloni aumenta le pene, introduce nuovi reati, vieta ogni forma di resistenza passiva. Tutti i conflitti sociali diventano così una questione di ordine pubblico.

La cosiddetta “sicurezza”, mina il garantismo e la legalità costituzionale.Di fatto,completando e peggiorando l’opera delle leggi Minniti e Salvini , configura sia uno Stato del controllo che uno “Stato di polizia”. Tutti i conflitti sociali diventano questioni di ordine pubblico. Vengono aumentate a dismisura le pene e disegnati nuovi reati esclusivamente per rendere più difficili le lotte territoriali, ambientali, le critiche alle condizioni carcerarie.e via elencando .

Si vieta perfino ogni forma di resistenza passiva, ogni campagna di massa che metta in discussione l’arbitrio del potere.

Lo Stato sociale muore, abbattuto dallo Stato penale.

Ma vi è di più! Vi è una colossale saldatura tra poteri politici, poteri militari e informazione: tutti hanno calzato l’elmetto della guerra.

Ha scritto giustamente Shoshana Zuboff, (la sociologa autrice de Il capitalismo della sorveglianza ) : «Stiamo pagando per farci dominare ; basta» Dovremmo seguire il suo invito. Potremmo pagare amaramente le rimozioni dell’oggi: la democrazia, come la libertà, è indivisibile.

Ph : Facebook

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