Di Letizia Ceroni 

Il profumo del pane appena sfornato…Una volta si sentiva per strada.Nel nostro bel paese se ne producono 250 tipi diversi, ogni regione ha i propri tipi di pane in base alla propria posizione e alle proprie risorse.

Anche la panificazione sta subendo cambiamenti, forse più lentamente di altri campi ma la grande distribuzione,a poco a poco, ne sta assorbendo la gestione e la globalizzazione fa sì che si usino materie prime che vengono dall’estero, cosa che ha destabilizzato la produzione interna di prodotti, purtroppo, d’eccellenza, uno di questi è il grano.

Ad esempio, la Sardegna era divisa in “giudicati”, uno di questi era il “Logudoro” che in sardo significa luogo d’oro, chiamato così per la sua piana coltivata a grano.Vi immaginate una distesa di grano maturo sotto il sole? Penso che fosse uno spettacolo meraviglioso. Ora non è più così.

Zia Anna racconta che si portava il grano alla macina e poi si passava ai setacci, che erano di diverse misure e il residuo di ogni passaggio, serviva per un prodotto diverso, l’ultimo, che era il più fine, serviva per fare il pane detto “spianata”, mentre il penultimo serviva a fare “su civraxu” una pagnotta da tagliare a fette. La crusca veniva data al maiale.

Alcuni avevano il forno in casa ma la maggior parte portavano il pane a cuocere al forno di uso comune che veniva acceso solo periodicamente, le donne, le ragazze e anche i bambini in grado di aiutare, si alzavano alle 2 di notte per preparare l’impasto del pane che, di solito, doveva bastare per un mese.

Una volta cotto nel forno, si stendeva un telo pulito sul letto e si metteva ad asciugare, poi, veniva avvolto nel telo che era apposito per il pane e riposto nella madìa.

Il pane e la pasta venivano fatti con la farina di grano duro, mentre i dolci erano fatti con la farina di grano tenero.
La spianata o pane fino assomiglia al pane arabo, era molto pratico perché, una volta piegato, occupava poco posto nella bisaccia del pastore, insieme al companatico, di solito formaggio o salsiccia che vengono arrotolati  nel pane, il panino così ottenuto, si chiama “puppia” (bambolina)

La campagna ha sempre offerto una grande varietà di erbe commestibili, ad esempio, il finocchietto selvatico o aneto, veniva usato per alcuni piatti semplici, uno di questi è la “zuppa “, ancora oggi cucinato come piatto tipico.

Naturalmente, visto che la pastorizia era la risorsa prevalente, si usava molto fare il brodo con la carne di pecora e anche il formaggio era fatto con il latte ovino.

Ecco un paio di ricette.
PASTA, FAGIOLI o CECI E FINOCCHIETTO.
ingredienti
500 gr di fagioli o ceci secchi
100 gr di lardo di maiale
1 cipolla
2 spicchi d’aglio
1 bel mazzo di finocchietti selvatici
2 patate
Olio di oliva
1 cucchiaio di conserva
Sale Q. B.
Procedimento
La sera prima, mettere a bagno i fagioli in acqua tiepida.
Al momento della preparazione, tagliare il lardo a piccoli pezzi, metterli in una pentola capiente e farli soffriggere fino a che il grasso sarà sciolto e, a quel punto, togliere i ciccioli lasciando il grasso nella pentola
Abbassare la fiamma al minimo e mettere la cipolla e l’aglio precedentemente tritati e le patate tagliate a cubetti piccoli, far insaporire e aggiungere almeno 2 litri di acqua, aggiustare di sale.
Quando bolle, aggiungere i fagioli e, a metà cottura i finocchietti tagliati a pezzetti facendo sempre attenzione che il brodo non si asciughi troppo aggiungendo acqua calda.
A fine cottura, fare la minestra con la pasta preferita,a piacere un giro di olio evo.

ZUPPA DI FINOCCHIETTI SELVATICI
ingredienti
1 mazzo di finocchietti selvatici (in alternativa finocchielle)
1/2 litro circa di brodo di pecora (in alternativa brodo di manzo)
2 o 3 spianate (in alternativa pane carasau)
Olio evo
1 cipolla piccola
Pecorino grattugiato q. b.
1 peretta non stagionata (caciocavallo)

Procedimento
Tagliare i finocchietti a pezzetti e la cipolla a fettine e farli soffriggere nell’olio, quando la cipolla sarà appassita, aggiungere il brodo e far cuocere, non troppo in modo che il finocchietto resti un po’ croccante.
In una profila dal bordo di circa 4 cm , disporre uno strato di spianata strappata con le mani, cospargere con il pecorino e la peretta tagliata a fettine sottili e bagnare con un paio di mestolate di brodo con i finocchietti.
Ripetere fino a esaurimento degli ingredienti, terminare con il formaggio.
Far gratinare in forno a 200° fino a quando non si formerà la crosticina.

Questi piatti sono tradizionali e vengono tuttora cucinati anche in diverse varianti cambiando alcuni ingredienti.

Ph : Letizia Ceroni

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