Di Silvia Sorrentino

Quando nel 2013 uscì il film Snowpiercer di Bong Joon-ho, il 2031, anno in cui è ambientato, sembrava ancora molto lontano. A più di dieci anni dall’uscita, tuttavia, il film sembra quasi un incubo premonitore, il quale ci fa chiedere: cosa possiamo aspettarci realmente dal prossimo decennio?

Snowpiercer mostra una realtà distopica in cui, per sopravvivere alle temperature estreme risultate dal riscaldamento globale, i governi di un gran numero di Stati hanno deciso di lanciare una sostanza refrigerante nell’atmosfera, il cw-7. Quest’ultima, però, è troppo refrigerante, causando un’era glaciale a cui pochi riescono a sopravvivere. Gli ultimi esseri umani si ritrovano a vivere all’interno di un treno guidato dal fantomatico signor Wilford, capo delle Wilford Industries, l’azienda proprietaria del treno.

La società dell’ultima umanità risulta essere suddivisa in classi, inizialmente decise dal biglietto di appartenenza (prima classe, economy, coda del treno), le quali rispecchiano uno stato di profonda disuguaglianza sociale. Le condizioni di vita precarie delle passeggere e dei passeggeri di coda sono fortemente in contrasto con lo stile di vita lussuoso di coloro che si trovano in testa. La classe dominante giustifica la struttura classista del treno ponendo una forte enfasi sul concetto di ordine, secondo il quale ogni membro del convoglio ha un proprio ruolo prestabilito e immodificabile.

La crudezza delle scene di violenza, di fame, di povertà e di morte ci riporta alle notizie di cronaca attuali, costringendoci a paragonare la fantascienza del film alla realtà che viviamo quotidianamente. Ci impone di riflettere sulle problematiche che, seppur provenienti da un universo distopico, sembrano diventare sempre più reali. Snowpiercer offre interessanti spunti di riflessione in diversi ambiti, tra cui il ruolo della privatizzazione: in un mondo sempre più privatizzato, la scelta politica ricade interamente nelle mani di chi detiene il capitale industriale. I relativi proprietari risultano essere, così, i principali decisori delle sorti della società intera, come lo è il signor Wilford all’interno del treno. Effettivamente, gli anni Trenta del Ventunesimo secolo potrebbero aprirsi proprio così: con una spinta sempre più tendente alla sottomissione alle leggi sfrenate del “libero” mercato, come testimoniato dall’inclinazione del governo Meloni verso la privatizzazione degli enti pubblici, così come dalla generale deriva mondiale verso la destra dello spettro politico.

Altro tema fondamentale del film è il ruolo dell’educazione e dell’informazione; le bambine e i bambini dei vagoni di testa crescono nella convinzione che coloro che vivono in coda siano “persone così stupide che vivono nelle proprie feci”, mentre vengono educate all’adulazione del signor Wilford, “salvatore dell’umanità”. I membri dei diversi vagoni, inoltre, sembrano non entrare mai in contatto tra loro, e le poche informazioni che la testa riceve sulla vita in coda risultano essere raccontante in modo tale da alimentare l’astio e mantenere l’ordine prestabilito. Anche in questo caso, Snowpiercer sottolinea un problema importante della nostra epoca e che sembra destinato a crescere ulteriormente: la non-neutralità dell’educazione e dell’informazione, strumenti utilizzati dal signor Wilford come dai governi e dalle industrie private del nostro mondo. Sembra, infatti, di star andando verso un 2030 in un clima di strumentalizzazione sempre maggiore dei media, utilizzati per l’oppressione sistematica di diversi soggetti, come le vittime del genocidio in Palestina, o la giustificazione delle violenze delle forze dell’ordine verso chi manifesta in Italia, o, ancora, della colpevolizzazione costante delle donne vittime di violenza di genere, in un clima di censura sempre più oppressivo anche nelle “democrazie liberali” come la nostra.

Coloro che abitano il treno sono così alienati dalla forza del discorso mediatico a cui sono sottoposte e sottoposti da non riuscire a pensare in termini diversi rispetto a quelli che gli vengono offerti. È proprio questo, tuttavia, l’elemento di speranza offerto da Snowpiercer, che ci invita a smettere di considerarci come rinchiusi in un sistema chiuso ed ineluttabile. Quella che viene descritta dal signor Wilson come “l’eterna locomotiva” non è, infatti, eterna: diverse scene mostrano come il sistema del treno sia insostenibile e abbia sempre più necessità di pezzi di ricambio ormai estinti, destinato, nel lungo termine, a smettere di funzionare. Qui, la metafora del treno come esempio di sistema capitalistico è chiara ed inequivocabile. Inoltre, la vita all’interno del treno è così alienata che non ci si accorge che, fuori, la neve sta iniziando a sciogliersi, e la risposta non è nel sostituire il signor Wilson: una vita fuori dal treno è possibile.

Ph: iStock senza royalty

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