Quando venni ad abitare in Sardegna, non sapevo quasi nulla della sua cultura millenaria.Nata e cresciuta al nord dove le informazioni sulle altre regioni si trovavano solo sui libri di scuola e non ne approfondivano di certo le tradizioni e la cultura, inoltre, l’informazione non era sicuramente come ora e anche le insegnanti non ne erano molto a conoscenza, parlando con una di loro, mi sentii dire “ah, sì, la Sardegna, la sua economia è basata sulla pastorizia, vero?” e tutto finì lì.
Ho scoperto, invece che questa terra è ricca di storia e tradizioni, naturalmente tra queste c’è quella riguardante il giorno dei morti, simile ad Halloween ma
che ha origini molto antiche e, soprattutto, autoctone.La credenza è che nella notte tra il primo e il due novembre,gli spiriti dei morti sono liberi di vagare sulla terra, infatti, è usanza preparare una tavola imbandita; di solito si mette un piatto di gnocchetti conditi con il sugo, un bicchiere di vino e un tovagliolo senza posate perché gli spiriti potrebbero usarle in altro modo.
che ha origini molto antiche e, soprattutto, autoctone.La credenza è che nella notte tra il primo e il due novembre,gli spiriti dei morti sono liberi di vagare sulla terra, infatti, è usanza preparare una tavola imbandita; di solito si mette un piatto di gnocchetti conditi con il sugo, un bicchiere di vino e un tovagliolo senza posate perché gli spiriti potrebbero usarle in altro modo.
Zia Anna racconta che il giorno di Ognissanti, i bambini uscivano portando una federa bianca e passavano di casa in casa a “pedire pro sos mortos “(chiedere per i morti) non aprirgli la porta portava male perché, donare a loro è come donare ai morti per i quali la cultura sarda ha sempre avuto molto rispetto.
Racconta anche che in quella occasione si facevano delle focacce grandi che venivano donate alle famiglie meno abbienti, chi donava diceva “pro amore e Deu” e chi riceveva doveva rispondere “pro amore sou”, altrimenti la donazione non avrebbe avuto valore.
Racconta anche che in quella occasione si facevano delle focacce grandi che venivano donate alle famiglie meno abbienti, chi donava diceva “pro amore e Deu” e chi riceveva doveva rispondere “pro amore sou”, altrimenti la donazione non avrebbe avuto valore.
Ancora oggi i bambini escono a chiedere per i morti , naturalmente ora gli si donano caramelle e dolcetti vari, allora si donavano mandorle, noci, castagne, fichi secchi, melagrane e giuggiole.
Da zona a zona, cambia il nome della festività pur mantenendo la sua valenza :
Su bene e is animas, Is animas,Is panixeddas, Su prugadòriu; in Barbagia è Su mortu mortu.
In alcune zone vengono esposte zucche arancioni specie nelle zone dove sono rimasti più fedeli alla tradizione antica.
Tra i dolci tradizionali che si fanno in occasione della festa di Ognissanti, ci sono sos pabassinos, biscotti di pastafrolla arricchita con mandorle, noci e papassa (uva passa) coperti da una glassa bianca decorata con i “diavoletti” colorati e sos Ossus de mortu, biscotti fatti con mandorle, zucchero, albumi, cannella e scorza di limone.
Tra i dolci tradizionali che si fanno in occasione della festa di Ognissanti, ci sono sos pabassinos, biscotti di pastafrolla arricchita con mandorle, noci e papassa (uva passa) coperti da una glassa bianca decorata con i “diavoletti” colorati e sos Ossus de mortu, biscotti fatti con mandorle, zucchero, albumi, cannella e scorza di limone.
Naturalmente non mancano gli esseri spaventosi : Maria Puntarlou o Maria Fressada, gatu Marrudu, Coixedda o s’ Amuntadori, Conca de Mortu, Bobboti e altri.Halloween non è una festa nostra, viene da altri paesi, è conosciuta e commercializzata ma, per quanto la sua allegoria possa piacere, non ci appartiene. Dovremmo imparare a conoscere le nostre varie e innumerevoli tradizioni, riprenderle e viverle perché sono parte della la nostra identità.
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