Di Apostolos Apostolou

La politica è una società di persone umane e il suo bene è un bene integralmente umano. Individualità e personalità sono distinti e creano in ciascuno di noi due attrazioni l’una con l’ altra in conflitto. E quando diciamo che un uomo è una persona vogliamo dire che egli è solamente un pezzo di materia, un elemento individuale nella natura, cosi come sono elementi individuali nella natura un atomo, una spiga di grano, una mosca o un elefante. Dove è libertà dove la dignità, dove sono i diritti?

L’umana personalità è un grande mistero che risiede in ciascuno di noi. Sappiamo che tratto essenziale di una civiltà che meriti questo nome è il senso e il rispetto della dignità della persona umana. L’uomo è un individuo ma non come gli altri. L’uomo è un individuo che si guida da sé mediante l’intelligenza e la volontà. L’uomo è un tutto, ma non un tutto chiuso è un tutto aperto, cioè non è un piccolo dio senza porte né finestre come la monade di Leibniz, o un idolo che non vede, non intende e non parla.

L’uomo tende per natura alla vita sociale e alla comunione. Cosi è non soltanto a causa dei bisogni e delle indigenze della natura umana, ma anche a causa della radicale generosità iscritta nell’ essere stesso della persona, a causa di quella attitudine alle comunicazioni dell’ intelligenza e dell’ amore, propria dello spirito, che esige di mettersi in relazione con altre persone. Jean-Jacques Rousseau diceva che il respiro dell’uomo è mortale all’uomo. E Seneca sosteneva che “ogni volta che sono andato tra gli uomini, ne son ritornato diminuito”. L’uomo è un animale politico secondo Aristotele, cioè la persona umana richiede la vita politica, la vita in società, non soltanto familiare, ma anche civile. E la civicas merita questo nome in quando è una società di persone umane.

Questo modello della politica, cioè di una politica che esprimeva la persona umana oggi non esiste. Nel secolo a venire, “la maggior parte degli stati incominceranno a trasformarsi da oggetti di culto, carichi di contenuti emozionali, a semplici unità amministrative civili, nell’ambito di una complessa organizzazione planetaria”, come sosteneva Vaclav Havel (la Repubblica pag. 1 – 5 marzo 2000) . E Ralf DahrendorfI (nella sua opera conflitto sociale nella modernità -Cap.3, pag.70 Sagittari Laterza – Giugno 1989), scrisse “I mezzi di comunicazione sono importanti di fatto, e forse dovrebbero assumere piu importanza anche nella teoria costituzionale”. Oggi più che mai è valido l’abusato e spesso incompreso aforisma di Marshall Mc Luhan: «Il medium è il messaggio».

Oggi il fatto di concepire un’opinione come un’entità misurabile falsifica il processo attraverso cui la gente si forma un’opinione, che costituisce il vero significato di una società democratica. Gabriele Cazzulini dirà “Se la democrazia esiste realmente soltanto un giorno ogni cinque anni, e in quel giorno l’illusione di essere protagonisti, diventa reale, allora la tele-democrazia è un perfetto surrogato che riproduce abbastanza bene il sapore del voto vero, quello con la matita non copiativa e la scheda elettorale che sembra un album completo con le figurine dei partiti […] Prendi il telecomando, trovati il tuo talk-show-politico-preferito e poi, per piacere, stai fermo. Sì, ho detto fermo. Ma non solo fisicamente. Stai fermo con la testa. Non usare troppo il cervello, anzi non usarlo. Stai a guardarli, i politici parlanti. Ascoltali, sempre. Non sforzarti di capirli. Non si capiscono nemmeno tra di loro. Non capiscono neppure se stessi. Ma non conta. Non facciamo i difficili. Basta guardare – come si guarda dal buco della serratura, come si guarda un grande fratello, come si guarda dalla finestra sul cortile alla ricerca di delitti oppure di piccole quisquiglie familiari. Video, ergo sum, cioè ergo voto. […] Video-democrazia, ovvero la democrazia visuale. Telecomando in mano, occhi aperti e cervello spento. Quando in Medioriente si lotta veramente per la vita o per la morte, qui si va su Twitter per commentare Otto e Mezzo o San Remo. Per carità: il divertimento fa bene alla salute. Ma sembra come usare una tecnologia incredibilmente potente per contemplarsi l’ombelico. Si può dare di più, vero Gianni Morandi, leader della tele-politica? […]Finale di partita: se le elezioni stesse, quelle vere, sono diventate il momento “topico” di una politica spettacolarizzata, allora perché non trasformare in elezione uno spettacolo politicizzato? Detto, fatto!”.

J.Baudrillard ha detto che La Guerra del Golfo non c’è mai stata. Intende dire che i combattimenti sono stati così asimmetrici da non poter parlare di guerra, l’era della televisione ha creato un paradosso per cui uno dei conflitti più visti di sempre, in realtà è stato il meno visto. Dalla epoca dei diritti della persona abbiamo passato ai diritti della teledemocrazia. Aristotele e i saggi dell’antichità sapevano che le virtù morali sono ordinate verso una contemplazione della verità che trascende il rapporto politico; ne consegue che se l’umanità fosse nello stato che i teologi chiamano di natura pura, un regno degli spiriti affine a quello di cui Leibniz amava parlare, avrebbe normalmente preso posto al disopra della vita politica. Il fatto che la persona umana trascenda naturalmente lo stato in quanto coinvolge un destino superiore al tempo, può essere verificato in molti altri modi. Oggi persona umana ha il diritto di decidere lei stessa riguardo al suo destino personale, sia che si tratti di scegliere il proprio lavoro, o di fondare un focolare.

Oggi i diritti umani sono anche un prodotto dei nuovi mezzi di informazione e delle tecnologie di comunicazione. Secondo Danilo Zolo (“la crisi dello stato democratico”, Rivista Jura Gentium) “Per quanto riguarda in modo specifico gli effetti di interazione sociale che si ritiene siano stati prodotti a livello globale dalla rete telematica di Internet, non si può negare che essa è diventata rapidamente uno strumento efficacissimo di informazione culturale, scientifica, economica e politica, oltre che di comunicazione personale. Sarebbe grottesco negarne il grande valore comunicativo ed informativo. E tuttavia, per quanto riguarda in particolare gli effetti di interazione e di integrazione politica che sarebbero stati prodotti sia nell’ambito nazionale sia a livello internazionale, le opinioni sono contrastanti. Ci sono autori – ed io sono fra questi – che sottolineano la crescente specializzazione delle funzioni politiche entro le società minimamente industrializzate e la scarsità delle risorse di tempo, di attenzione e di competenza socialmente disponibili per la partecipazione politica anche sul terreno semplicemente informatico. Ci sono molti dubbi che le tecnologie informatiche possano contribuire ad una diffusione nazionale e tanto meno transnazionale dei valori e delle istituzioni democratiche. La possibilità di prendere decisioni politiche pertinenti dipende assai meno dalla disponibilità di tecniche di comunicazione rapida che non dalla capacità degli attori sociali di controllare e selezionare criticamente le proprie fonti cognitive, in un contesto di generale trasparenza sia dei meccanismi di di emissione delle notizie, sia dei processi decisionali. Non va inoltre dimenticato che le nuove tecnologie della comunicazione hanno notevolmente accentuato le diseguaglianze su scala mondiale”.

Il cosiddetto global digital divide taglia in due il mondo “globalizzato”. Nei trenta, ricchi paesi dell’OCSE, nei quali risiede meno di un quinto della popolazione mondiale, risulta presente il 95% delle utenze stabili di Internet mentre l’Europa sorpassa di 41 volte l’Africa, che pure ha una popolazione più numerosa di quasi 100 milioni. Complessivamente meno del 6% della popolazione mondiale è connesso alla rete: circa 4 miliardi di persone oggi ne sono escluse. Mentre gli Stati Uniti e il Canada contano assieme circa il 60% dei “navigatori”, l’Africa e il Medio Oriente raggiungono assieme il 2%.

Come credono molti “In un futuro molto prossimo il controllo sui media si giocherà probabilmente sulle cosiddette “autostrade dell’informazione”, cioè sul controllo delle reti telematiche. Già adesso la telematica sta diventando un terreno di scontro sociale (come altri), dove i diversi campi politici-culturali-sociali si fronteggiano e avanzano diversi modelli di società e di democrazia (vedi p.es. la Città invisibile , il più importante luogo virtuale di dibattito politico-sociale nazionale).” [1]

1 ) Enrico Galavotti, Breve introduzione alla storia della rete Internet.

 

Apostolos Apostolou. Scrittore e professore di filosofia

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