L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco
Premesso che i docenti svolgono un servizio pubblico,da membri della pubblica amministrazione, e che debbano rispettare non solo i doveri didattici e i principi che regolano qualsiasi rapporto di lavoro, ma anche le norme della PA, ossia tutelare la reputazione dell’amministrazione,le sanzioni inflitte devono essere motivate e, soprattutto, proporzionate.
In generale manifestare le proprie convinzioni politiche, religiose o sociali è un diritto riconosciuto dall’articolo 21 della Costituzione.
L’articolo 33, inoltre, sancisce la libertà di istruzione e l’autonomia dei docenti nel definire i metodi didattici: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”.
Ne deriva che i docenti possano manifestare apertamente il proprio pensiero politico ed esporre le proprie idee sul mondo .Ciò che si deve evitare è l’assolutismo ideologico o il proselitismo.
Nello specifico la responsabilità disciplinare dell’insegnante risponde agli stessi principi che regolano la responsabilità penale del giornalista, nei processi,ad esempio ,in cui viene contestato il reato di diffamazione.
Sia fuori sia dentro la scuola è necessario rispettare tre limiti:
-la verità storica del fatto oggetto di critica o almeno la corrispondenza a fatti veri secondo un prudente apprezzamento soggettivo;
-la continenza formale delle espressioni adoperate;
– la pertinenza, da intendere come rispondenza della critica ad un interesse meritevole in confronto con il bene suscettibile di lesione.
In altre parole, è necessario essere fedeli al vero, equilibrati e ben intenzionati.
Andando più a fondo è bene ribadire che Il docente è un cittadino che può liberamente candidarsi alle elezioni politiche non essendovi incompatibilità tra la funzione dell’insegnamento e quella di parlamentare, che è anzi regolata espressamente e permette di richiedere l’aspettativa.
Va da sé che l’essere candidato a una carica pubblica ti autorizza a sostenere una campagna elettorale mirata all’ottenimento del consenso.
Ne caso di Raimo, appare evidente che abbia parlato non solo con il proposito legittimo di ottenere consenso alla tornata elettorale, ma anche facendo valere il suo diritto di critica nei confronti dello stato attuale della Scuola italiana, di cui si evidenziano gli aspetti negativi che si mira a migliorare.
Orbene si può discutere sulle parole pungenti,scivolose e a tratti violente ( “Valditare deve essere eliminato come la morte nera di Star Words” anche se tutto sommato si invocava un fumetto)utilizzate dall’attivista Raimo ma restano comunque due fattori innegabili:
-un evidente difetto di proporzionalità tra condotta e sanzione avendo colpito il lato economico con una sospensione di ben tre mesi
– una palese intimidazione affinché anche altri desistano dall’ essere dissidenti concretizzandosi,ancora una volta,una compressione irreparabile della libertà individuale.
In verità non ho apprezzato le esternazioni di Raimo che considero controproducenti e autolesioniste proprio per chi crede in uno sviluppo progressista ma il suo caso è uno spunto di grossa riflessione sull’ operato del governo e su ciò che sta facendo Valditare per la scuola italiana .Ci si è soffermati a chiedersi perché si è meritato le critiche di Raimo ?
Valditara quale scuola sta immaginando per i ragazzi italiani? Quali ragazzi considera ‘italiani’ e quali no? Cosa pensa del voto in condotta (sic!)? Cosa sta facendo sull’accorpamento selvaggio degli istituti scolastici? Sta garantendo l’indipendenza della ricerca educativa rispetto al governo? Sta lavorando per una scuola in linea con le migliori esperienze occidentali oppure ha un progetto antiquato?
In alcuni casi il silenzio non fa bene.
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