Il 12 novembre scorso, in Olanda la Corte d’Appello dell’Aja ha sentenziato nella causa tra la Shell e gli attivisti climatici. Una sentenza di grandissimo rilievo generale, sia nella materia che circa gli assetti climatici.
Il tema della causa era la richiesta degli attivisti di obbligare la Shell a ridurre le emissioni di CO2 in modo drastico. La Corte d’Appello ha sentenziato che un’impresa privata non può venire costretta a modificare la propria strategia commerciale per soddisfare la lotta ai cambiamenti cimatici. Dare indicazioni al riguardo, anche restrittive, spetta solo agli Stati, a parte la questione oggi assai controversa che ciò sia efficace per arrivare nel 2050 all’obiettivo della neutralità carbonica.
Ora, è del tutto evidente che in materia l’insieme degli Stati è molto cauto. Ed è comprensibile. Le energie fossili sono ad oggi indispensabili per i bisogni umani (oltre l’80% del fabbisogno energetico, con la Cina il più grande consumatore), la disponibilità di rinnovabili cresce molto lentamente nei paesi emergenti e si è ancora una volta dimostrata (in Europa con la guerra in Ucraina) l’importanza strategica di disporre di catene di approvvigionamento energetico duttili e diversificate. Infine c’è la promessa di Trump di sviluppare parecchio la produzione di idrocarburi negli USA, nell’intento appunto di anteporre l’indipendenza energetica agli obiettivi climatici.
La battuta d’arresto dell’Aja – al di là delle protestra gli attivisti del clima – non significa bloccare l’impegno nel settore climatico. Indica invece l’urgenza di ripensarne tempi, procedure e modalità. Riuscire a ridurre la produzione di CO2 non è un obiettivo da imporre con precetti moralistici o con sogni salvifici. Richiede un’innovazione complessa sotto il profilo tecnologico e sotto quello degli stili di vita diffusi.
Per tale percorso, ci vogliono come prima cosa il tempo per agire e capitali di investimento molto grossi. L’obiettivo è fare ricerca, è raggiungere nuova conoscenza tecnica da applicare nei vari campi di produzione e da diffondere con comportamenti adattati ai nuovi strumenti, molto più rispettosi degli equilibri ambientali e più sostenibili in termini economici. Smettiamola con l’entusiasmo per transizioni ambientali non ancora ben valutate nei risvolti globali e che non danno certezza di effettivi risparmi complessivi quanto a CO2. Un esempio è la precipitosa corsa all’auto elettrica, senza avere approfondito i reali costi d’ogni tipo dell’intero processo su scala mondiale e i complessi rapporti geopolitici. Un altro esempio è l’aver trascurato la questione dello stoccaggio che è inaggirabile per le rinnovabili, intermittenti per natura. Insomma, la questione climatica è troppo importante e complessa per poter essere affrontata in termini ideologici lasciando da parte quelli sperimentali. Oltretutto fingendo di non vedere il grosso ostacolo dei paesi BRICS , concentrati sulla crescita economica e disattenti alle questioni ambientali.
Già tutti questi sono problemi di grande portata trascurati dagli attivisti che ricorrono all’ideologia verde. Poi esiste il dato di fatto cui la sentenza dell’Aja ha correttamente detto stop. Troppi del mondo ambientalista, della politica ideologica e della religiosità messianica, vorrebbero stabilire come affrontare gli assetti climatici non in base ai dibattiti e alle decisioni dei cittadini bensì usando la scorciatoia del dar più potere ai Tribunali, pensati garanti dell’ imporre il presunto bene comune ambientale. Ma tale scorciatoia – oltre ad aggirare principi costituzionali chiave – depista e vanifica lo sforzo del far maturare nei cittadini la maggior consapevolezza riguardo quel rapporto tra condizioni di vita e norme della convivenza , pur sempre da aggiornare, che è la vera molla del confronto ambientale nella libertà e dell’effettivo progredire civile.
Info Raffaello Morelli
Per lunghi anni esponente del Partito Liberale Italiano, del quale è stato Vicesegretario nazionale, è stato Consigliere Regionale per la Toscana. Tra i promotori del referendum sulla responsabilità civile dei magistrati e di quello per la riforma Democratica, nonché del referendum per la Riforma ELettorale del 1992. E’ stato vice Presidente del Comitato contro il referendum Renzi del 2016 e componente del Comitato per il SI alla Riduzione dei parlamentari nel 2021.
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