di Giuseppe Mele

Recatosi in Cina con ampio stuolo istituzionale e mediatico, il Presidente ha voluto divulgare l’ottimo livello dei migliori affetti esplosi negli incontri con i poteri autoctoni e si è trovato magnificamente a suo agio con uno dei Superuomini del mondo, al secolo Xi, presidente cinese. L’ultimo giorno si è manifestato l’acme della politica estera culturale nostrana grazie all’inaugurazione della cattedra Agnelli dedicata alla divulgazione della cultura italiana presso l’università di Pechino dove il triplete schierava oltre al Quirinale, il titolare della cattedra, Prodi ed il finanziatore, Elkann presidente di Exxor. Per completare lo sguardo sull’altro ieri, in panchina sedeva il nuovo presidente onorario del forum Cina-Italia, il Pierferdy. I cinesi sanno che i numeri del Professore bolognese sono in grande calo, surclassato anche in Europa dallo spento Letta, non parliamo poi, dall’eterno sempre presente Draghi. Sanno anche che Stellantis, ex Fiat, sta praticamente abbandonando il Belpaese. Nondimeno i figli del celeste impero sorridono sempre ad un Presidente, perché come si diceva un tempo per la Lisi, con quella bocca può dire quel che vuole.

L’ultimo giorno della visita cinese il Nostro ha anche incontrato gli imprenditori italiani a Canton che gli hanno indicato chi comanda da quelle parti. Così ha incontrato un certo Kunming che si è rilevato per essere il segretario provinciale del Partito comunista cinese. La nostra delegazione era quasi riuscita, fino a quel momento, a ignorare del tutto il fatto che la prima superpotenza mondiale è retta da un regime comunista. Anzi il Presidente si era già lanciato con gli occhi a mandorla in un pindarico omaggio ai 75 anni dell’anniversario della nascita della Nato, che, come è noto, sostiene la concordia mondiale fondamentale per sconfiggere le guerre. Mattarella ricordava quanto bene facesse la Nato alla Cina ed i cinesi giustamente sorridevano. Alla fine, sembrava evidente quanto comunismo e Nato siano utili l’un l’altro; d’altronde non c’è paese che sostenga tanto la globalizzazione quanto la Cina mentre gli Usa che l’avevano inventata sembra abbiano cambiato idea. Al Nostro comunque non poteva dispiacere di trovare in estremo Oriente amici tanto solidali nel sostenere i baluardi occidentali; d’altronde a Roma lo attendeva la visione del film santino su Berlinguer.

Dopo la sua seconda elezione quirinalizia, nella prospettiva di restare Presidente fino quasi ai 90 anni, Mattarella, beato del martirologio di mafia e nella certezza di essere rimasto l’ultima voce di sinistra italiana con qualche potere, comunque occidentalmente rispettata, , sa che con quella chiomata bianca può dire quel che vuole. Sostiene dovunque la pace, finendo sempre per brindare alla vittoria ucraina. Benedice la democrazia come fosse rimasta quella della prima repubblica, confondendo quelle che furono partecipazioni statali con l’ultimo retaggio rimasto che non a caso esordì con la presidenza di Dario, figlio del sovietissimo Cossutta, di Sviluppo Italia, e prosegue conInvitalia, affidata al nipote del Presidente che porta, come tutti i familiari da tre generazioni, figli, padri, nonni, il nome di Bernando.

Sussiegoso e serioso, rigido anche nella bianca chiomata laccata, i suoi frizzi e lazzi sono sottotraccia, sotto ibaffi, sottilmente ironici sempre sull’orlo della confusione tra la realtà accettata e la realtà immaginata. Vanno oltre l’epoca dei comici al potere come Grillo; oltre il livore e gli insulti dei comici precedenti, oltre la standardizzazione dei comici attuali, stretti militanti impiegati dipendenti. Sono in buona compagnia con i politici e mediatici comici coscienti (De Luca, Vannacci e Feltri) e incoscienti (Salis, Sangiuliano, Berlinguer, Conte, Bonelli). La narrazione, limitata dai paraocchi, di detti frizzi e lazzi garantisce il plauso bipartisan.

Si prenda lo scontro virtuale ad alta voce tra Presidenza ed un privato cittadino straniero, un atipico miliardario, più potente di molti Stati, improbabile membro ufficiale del prossimo governo americano. Il nostro quasi monarca si confronta doverosamente con i poteri istituzionali del mondo, ben oltre il livello privato. Tanto più che milioni e milioni di privati sui media e sui social ne dicono di tutti i colori tutti i giorni. Così il Quirinale non si è abbassato a redarguire chi spara sui nostri dell’Unifil in Libano. Neppure ha speso una parola in ricordo dei 32 italiani ammazzati in quel dell’ex stadio Heysel di Bruxelles dato che ribadire le colpe omicide degli hooligan inglesi (condannati mitemente a 4 e 5 anni) non sarebbe corretto per i buoni rapporti con l’Uk. I privati, pur facendo gesti efferati, non raggiungono mai, secondo questa logica, il livello di colpa dei crimini attuati dalle istituzioni.

Invece alle parole di Musk (i giudici italiani se ne devono andare) il Presidente è scattato subito forse in nomedelladifesa dellapatria. Una certa narrazione, venuta subito in suo aiuto, ha sentenziato che Musk apra la bocca a sproposito da incontinente; che non la colleghi al cervello perché fa uso di stupefacenti; di avere fantasie impossibili da immaturo, tra l’adolescenziale e l’infantile; di essere un anarcoide disturbato come l’acchiappa citrulli Trump e\o il cervellino della biondina Meloni; di essere un irresponsabile che se ne frega di tutti, di volere sacrifici umani in nome della scienza sostenendo l’impossibile terraformazione di Marte; di inquinare e provocare riscaldamento globale con l‘auto elettrica e di far precipitare satelliti. Ha insinuato che le varie lauree, tra cui un dottorato in fisica applicata di Musk siano false, comprate alla californiana Stanford, come fece il Trota in Albania.

Il Presidente di fronte all’attacco del miliardissimo non ha difeso né patria né Stato ma essenzialmente la magistratura di cui si è fatto difensore; anche se così reagendo ha riconosciutol’avvento di un superuomo privato più potente degli Stati. La narrazione l’ha seguito con molteplici ola, gloriandolo, perl’occasione, con un San Mattarella. Poi peròha tracimato, accusando la maggioranza delle persone di non possedere nemmeno un briciolo di maturità, coinvolgendo gli italiani, gli ucraini (che si affidano alla rete di Musk), la Nasa (che si affida ai satelliti di Musk) ed il mondo della ricchezza e del marketing. Poi ha delirato sostenendo che democrazia e Costituzione consistano nella difesa delle minoranze, in particolare in quella degli immigrati il cui giudizio di insicurezza dei paesi di provenienza è inappellabile e che si sono guadagnati il diritto al mantenimento rischiando da clandestini la morte in mare. Date queste premesse, la contrapposizione tra il governo del popolo e quello dei giusti e savi autorizza a pensare che tutte le leggi dell’attuale Governo siano in contrasto con la Costituzione, trasformata nell’occasione in una Carta di governo del mondo. San Mattarella benedice, ridendo sotto i baffi assenti mentre la narrazione stigmatizza l’incontinenza della bocca di Musk, da sigillare per pudore e da far restare chiusa davanti alla Costituzione che non conosce.

Neanche Musk, infatti, si può permettere il potere di Virna Lisi che secondo Marchesi nel 1957, con quella bocca, poteva dire ciò che vuole.

Info Giuseppe Mele
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca.Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021, Il Male assoluto sullo schermo 2022.

 

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