Di Paola Francesca Moretti 

Oggi voglio scrivervi di un grande della letteratura italiana, Alessandro Manzoni. Si, di lui è stato detto e ridetto, scritto e riscritto di tutto ma una ripassatina, così, giusto per rinfrescare la memoria non ha controindicazioni di sorta.

Ai miei tempi e vi garantisco che di acqua sotto i ponti non ne è passata pochina, i docenti di italiano aprivano un nuovo capitolo di letteratura partendo, sempre, dalla vita dell’autore di turno. Un trionfo di informazioni quali: luogo e data di nascita, genitori naturali o putativi, autodidatta o scolarizzato e via discorrendo. Generalità personali di cui non nego l’importanza, ma concretamente chi è veramente quello scrittore o poeta che mi accingo a studiare? Per questo ho deciso per Alessandro Manzoni di invertire la rotta.

Ho voluto prima curiosare un tantino nei meandri della sua anima e/o psiche come più vi aggrada e agganciarmi poi alle sue origini. Pare che comportamenti nevrotici e ansiosi caratterizzassero la sua personalità, da aggiungersi frequenti stati di agitazione e una sicurezza zoppicante. Ma da dove genera cotanto malessere? Beh! Scomodando il celebre psicoanalista Freud è presto detto: in ambito familiare! Già, potrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere tutto più comprensibile, visto che Alessandrino si è suo malgrado trovato in una famiglia allargata.

Davvero pensavate che l’espressione “famiglia allargata” fosse stata coniata dalla Generazione Y o Millennials? Macché!

Andiamo a ritroso e partiamo dall’inizio… Il notorio letterato ha origini milanesi, classe 1785, dagli storici viene fatto passare come figlio del conte Pietro Manzoni e con certezza di Giulia Beccaria, ebbene, sì, proprio lei, la figlia del rinomato illuminista Cesare Beccaria, autore dei Delitti e delle Pene. Ora, Pietro e Giulia, nel 1782, convolano a nozze, un’unione più di circostanza che di reale passione e amore, la seducente Giulia era famosa per le sue fuitine dal letto coniugale, non per giustificare il suo difettuccio di infedele, ma quasi trent’anni di differenza con il consorte, insomma ci siamo capiti, no?

Anche Giulia, come la madre Teresa Blasco, si sentiva follemente attratta dai membri della famiglia Verri. E da tale affascinamento qualcuno ha ricamato su una bella storia circa la presunta paternità di Pietro Manzoni. C’è da dire che il ruolo di Pietro nella vita del figlio è stato molto marginale. C’è anche chi ha avuto l’ardire di affermare che Alessandro non è nemmeno frutto dei suoi testicoli, ma questo non lo ha dissuaso da lasciargli, una volta morto, una bella fetta della sua eredità.

Stando alle indiscrezioni degli amanti del gossip dell’epoca, nella traballante relazione coniugale di Giulia e Pietro si era imbucato un terzo e inopportuno soggetto: Giovanni Verri, fratello minore niente meno che dei stimatissimi Pietro e Alessandro. Che fosse lui il padre biologico di Alessandrino? Chissà!

Infondo su gran parte delle persone illustri aleggia una sorta di mistero ed è proprio questo che li rende ancora più intriganti e irresistibili. Dunque, liberiamo la parte più fervida della nostra immaginazione e proviamo a dare una personale risposta, non cambierà la storia ma sicuramente ci restituisce il lato umano di uno dei padri della letteratura nostrana.

Alessandro, presto viene affidato alle cure di una tata, una certa Caterina Panzeri, dato che, l’affascinante Giulia aveva già preso il volo per Parigi per vivere con il suo amante Carlo. Ed è così che il nostro beniamino come un pacco viene più volte confezionato e spedito in diversi collegi. Quando torna a vivere con Pietro ormai è sedicenne, troppo tempo lontano dal caro padre, tra i due inizia una convivenza tutt’altro che lieta e pacifica, tant’è che Alessandro non si fa ripetere due volte l’invito di Carlo Imbonati e parte per Parigi.

Nel 1808 Manzoni convola a giuste nozze con Enrichetta Blondel. Viene nominato senatore a vita. Muore a Milano nel 1873.

L’appeal romantico

Il pensiero manzoniano trasuda di romanticismo, soprattutto nel bisogno dello scrittore di comprendere e amare gli uomini, di mostrare le loro sofferenze, passioni, delusioni, aspirazioni. Manzoni, attraverso i suoi scritti, si erge a baluardo della libertà e dell’indipendenza dell’amata Italia, si fa portavoce di un nuovo modo di narrare. Ė convinto che letteratura e arte devono essere nazionali, storicamente vere e popolari, capaci di denunciare gli aspetti immorali e incivili e, con il genio che lo contraddistingue, per farlo utilizza un linguaggio nuovo, capace di arrivare al cuore e alla coscienza della gente.
Tra gli autori del tempo Manzoni non si distingue per la sua prolificità letteraria, infondo, meglio poco ma buono. Tra le sue opere principali ricordiamo: Inni Sacri, il Conte di Carmagnola, i Promessi Sposi. Mentre scrive quest’ultima opera, capolavoro senza tempo e spazio, si rende conto che deve adottare una lingua nuova, vicina al popolo e accessibile a tutti.

Manzoni riflette e si sofferma, a giusta ragione, sul fatto e non da poco – e qui le nostre rimembranze storico-scolastiche, se affiorano alla mente, ci fanno ricordare la spinosa questione legata alla lingua italiana – che le parole che escono dalla bocca dei personaggi del suo romanzo non possono appartenere a un linguaggio aulico, artefatto, desueto. Non sarà mica che la “risciacquatura” in Arno del 1840 a cui Sandrino sottopose le pagine dei Promessi Sposi è dovuta pure a questa illuminazione riflessiva e non solo a un gesto impulsivo dovuto al suo temperamento? Chissà magari ha inventato il raptus riflessivo. Di certo non ha risolto in modo definitivo la questione della lingua italiana. Mi piace, però, riconoscergli il merito di averci almeno provato e visto i successi raggiunti nel campo della letteratura italiana e straniera, è andata a gonfie vele.

Per chi volesse approfondire ecco dei link:

https://www.treccani.it/enciclopedia/alessandro-manzoni

https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Manzoni

 

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