Di Daniela Piesco Direttore Responsabile 

La questione dell’affidamento delle palestre comunali a enti senza scopo di lucro, inclusi i centri sportivi e le scuole di ballo, solleva diversi interrogativi etici e pratici, soprattutto quando si parla di strutture pubbliche e di come queste vengano utilizzate da soggetti privati, anche in relazione al fine lucrativo di alcune attività. Cerchiamo di analizzare la questione sotto vari punti di vista.

1. L’affidamento delle palestre comunali a enti senza scopo di lucro

Le palestre comunali sono beni pubblici, quindi la loro gestione deve essere orientata a un uso collettivo e sociale, privilegiando l’accesso alla cittadinanza, la promozione della salute e del benessere. Il fatto che vengano affidate a enti senza scopo di lucro è generalmente visto come una modalità che permette di ottimizzare l’utilizzo degli spazi, garantendo che questi siano impiegati per scopi positivi e comunitari, senza fini di lucro, come attività sportiva, educativa e sociale.

Questo tipo di affidamento è spesso giustificato con l’idea che gli enti senza scopo di lucro possiedano una missione sociale e siano più orientati a rispondere ai bisogni della comunità rispetto a un operatore commerciale. Inoltre, gli enti senza scopo di lucro potrebbero essere più propensi a sostenere le attività con prezzi accessibili per le famiglie, oppure a offrire attività per categorie più svantaggiate o con minori possibilità economiche.

2. Le scuole di ballo come attività commerciale

Quando si tratta di scuole di ballo o altre attività private che generano reddito,la situazione cambia. Le scuole di ballo, pur essendo talvolta strutturate come associazioni senza scopo di lucro, sono attività che, in generale, perseguono un obiettivo economico, ovvero il guadagno derivante dalle lezioni, dalle iscrizioni e dalle esibizioni. Anche se possono essere organizzate come associazioni culturali o sportive, la finalità economica rimane un aspetto fondamentale, poiché la loro sostenibilità finanziaria dipende dalle tariffe pagate dagli iscritti.

L’affidamento di palestre comunali a scuole di ballo che operano con entrate commerciali potrebbe quindi sollevare alcune perplessità, soprattutto in merito a equità e accessibilità per tutta la cittadinanza. Se queste scuole hanno una forte componente commerciale, potrebbe sembrare ingiusto che utilizzino strutture pubbliche destinate a scopi sociali e inclusivi.

3. Equità nell’accesso alle strutture comunali

Il punto cruciale della questione riguarda il principio di equità: se le palestre comunali sono affidate a enti senza scopo di lucro, questo implica che l’accesso a tali strutture debba essere garantito a tutte le categorie sociali, compresi i bambini, gli anziani, le persone con disabilità, le famiglie meno abbienti, e tutte le persone che vogliono praticare attività fisica a scopi di benessere e salute, senza dover affrontare costi eccessivi.

Nel caso delle scuole di ballo che operano a scopo di lucro, il rischio è che queste strutture vengano sfruttate commercialmente per attività che generano entrate e profitto, il che potrebbe entrare in conflitto con l’idea che le palestre comunali debbano servire come bene pubblico al servizio della collettività. Inoltre, se le scuole di ballo occupano gli spazi a pagamento durante gli orari extrascolastici, potrebbero limitare l’accesso a chi non può permettersi di pagare tariffe elevate, rendendo di fatto la palestra meno accessibile e meno inclusiva.

4. Possibili soluzioni e modelli di gestione

Ci sono diverse modalità per garantire che l’utilizzo delle palestre comunali rimanga equo e giusto, anche quando vengono affidate a enti senza scopo di lucro o ad attività commerciali come le scuole di ballo:

Tariffe differenziate:Una soluzione potrebbe essere quella di applicare tariffe differenziate in base al tipo di attività. Per esempio, se una scuola di ballo ha finalità commerciali, potrebbe essere richiesta una tariffa più alta per l’uso delle strutture pubbliche, mentre attività orientate alla promozione sociale o a scopi educativi (ad esempio, corsi di ballo per bambini o anziani) potrebbero pagare una tariffa più bassa o addirittura essere esentate dal pagamento.

Orari di utilizzo separati: Un’altra soluzione potrebbe essere quella di differenziare gli orari di utilizzo delle palestre in modo che le attività commerciali non occupino gli spazi durante gli orari in cui ci sono attività gratuite o a basso costo per la comunità. Ad esempio, le scuole di ballo potrebbero essere autorizzate ad utilizzare le palestre solo in orari serali o nei weekend,lasciando le ore diurne o i pomeriggi per corsi e attività sociali.

Monitoraggio pubblico: È fondamentale che ci sia una supervisione pubblica sul modo in cui le palestre comunali vengono utilizzate. Il Comune dovrebbe monitorare l’uso delle strutture, verificando che non vengano abusate per scopi puramente commerciali e che l’accesso rimanga equamente distribuito tra le diverse categorie sociali.

Collaborazioni con le scuole di ballo: In alternativa, potrebbe essere utile collaborare con le scuole di ballo, offrendo loro la possibilità di offrire corsi a prezzi accessibili a bambini, anziani o persone con disabilità, in cambio di una riduzione delle tariffe per l’uso delle palestre. In questo modo, si potrebbe garantire che le scuole di ballo contribuiscano al bene pubblico e alla promozione del benessere collettivo.

5. Cosa chiede l’ Eco del Sannio

L’affidamento delle palestre comunali a enti senza scopo di lucro può essere una buona pratica, soprattutto se le attività sono orientate alla comunità e al benessere pubblico* Tuttavia, quando si tratta di scuole di ballo che operano con fini di profitto, è necessario garantire che l’accesso alle strutture pubbliche resti equo e accessibile a tutti, senza discriminazioni economiche.
Per tali motivo chiediamo che le autorità comunali trovino un equilibrio tra la necessità di autofinanziamento delle attività commerciali e il diritto della cittadinanza a usufruire di beni pubblici per scopi sociali e inclusivi.

6 Cosa ci ha risposto l’ amministrazione comunale

Nonostante la situazione descritta sollevi una serie di questioni legali, etiche e politiche relative all’uso delle palestre comunali e alla responsabilità dell’amministrazione comunale ,quest’ ultima ha sbeffeggiato la nostra preoccupazione e ha demandato i controlli alla Guardia di Finanza, sollevando dubbi importanti sulla gestione delle risorse pubbliche e sul ruolo delle istituzioni locali nel garantire che le strutture comunali vengano utilizzate in modo equo e trasparente.

Per tali motivi ribadiamo che:

L’amministrazione comunale ha la responsabilità diretta nella gestione delle risorse pubbliche, comprese le palestre comunali, e deve garantire che questi beni vengano utilizzati in modo corretto e nell’interesse della collettività. Anche se la Guardia di Finanza è competente per controlli fiscali e per l’accertamento di eventuali irregolarità contabili o frodi fiscali. la responsabilità di gestione e supervisione delle strutture comunali rimane in capo all’amministrazione comunale.

In altre parole, l’amministrazione ha il dovere di vigilare sull’uso delle palestre comunali e di assicurarsi che le stesse vengano utilizzate in modo corretto e conforme alle normative vigenti, anche rispetto a chi ne fa uso. La trasparenza nella gestione e l’equità nell’assegnazione degli spazi sono compiti che spettano direttamente al Comune, che deve verificare che chi affitta o gestisce le palestre rispetti le regole stabilite (ad esempio, per quanto riguarda il fine sociale, la giustizia nell’accesso e la compatibilità con l’uso pubblico delle strutture).

Proseguiremo la nostra inchiesta con una richiesta di accesso agli atti affinché venga fatta luce sulla vicenda.

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