Di Brunello Pezza 

Ho scelto questa citazione arcinota del capolavoro di De Filippo per parlare dei presepi della mia infanzia (tra gli anni 50 e i primi anni 60). Di una atmosfera ed una emozione che sono rimasti indelebili nella mia anima, come un “imprinting” che rimane immutabile anche se solo come un ricordo.

A casa mia si faceva solo il presepe, l’albero di Natale non veniva neanche preso in considerazione, troppo banale.

Il presepe era un impegno che coinvolgeva tutti noi fratelli, nella mia memoria erano presenti Gianni, M. Oliva, Lucio, Pia, Enrico, io, Emilia e (qualche anno dopo) Sergio. Gli altri più grandi avevano già passato questa trafila ma io ero troppo piccolo per ricordarli impegnati in questa avventura.

Si lavorava almeno una settimana per allestirlo e ancora prima si cominciava la ricerca e la raccolta del muschio fresco per utilizzarlo come erba.

Occupava circa mezza entrata, una stanza di almeno 4 m x 4, con tavolini e tavole strategicamente disposte come base, e ceppi di legno che costituivano le montagne. Come sempre a casa mia si distinguevano i compiti: ai maschi quelli più pesanti e di ingegno e alle sorelle quelli più di inventiva e di fantasia.
Una volta fatta la base e verificato  la stabilità si passava a attaccare alle pareti in fondo la carta cielo, ricca di stelle su un fondo blu intenso, si doveva fare subito perché poi quella zona non sarebbe stata più raggiungibile. Poi si sistemavano i ceppi di legno che simulavano le montagne e a fare da connessione tra loro si usava la cartaroccia che adeguatamente accartocciata simulava zone rocciose e montagnose per completare il paesaggio.

Poi toccava alle sorelle la disposizione delle case e dei pastori, più in fondo quelle più piccole e più vicino le più grandi in modo da dare una idea di prospettiva. Poi il muschio a simulare l’erba. Tutti i pezzi erano talmente vecchi e si ricordavano tanti di quei presepi che nella mia fantasia erano più o meno coevi ai protagonisti effettivi. La grotta era costituita da un ciocco di legno spontaneamente foggiato con una rientranza aspra ma capiente. Nella mia fantasia abbinavo quella grotta finta a quelle in cui i miei genitori e i miei fratelli più grandi sono stati (come sapevo da racconti detti e ridetti a casa) per giorni o settimane durante gli intensi bombardamenti sulla linea di Cassino.

Nel frattempo Gianni e Lucio, futuri ingegneri, si dedicavano al ripristino ed alla riparazione delle luci, noi piccoli dovevamo stare rigorosamente alla larga per paura che potessimo prendere la scossa. Enrico io ed Emilia (più tardi anche Sergio) eravamo una specie di bassa manovalanza, a disposizione degli artefici ufficiali per tutto ciò che potesse servire: andare a comprare qualcosa, prendere o portare qualcosa dallo o nello scantinato, quest’ultimo era costituito da un locale sotterraneo rigorosamente senza corrente e quindi si scendeva tra brividi e scherzi macabri con candela e fiammiferi…

Insomma noi piccoli eravamo gestiti come una specie di caporalato ante litteram.

Una volta completato e testato l’impianto elettrico si sistemavano Maria, Giuseppe, il bue e l’asinello, nonché gli Angeli che indicavano ai pellegrini dove dirigersi .
I re Magi venivano posti inizialmente abbastanza lontani dalla grotta e poi progressivamente avvicinati fino alla Epifania, giorno in cui giungevano a destinazione guidati dalla stella cometa.

La notte del 24, dopo il cenone e poco prima della mezzanotte il più piccolo di casa veniva vestito con l’abito della prima comunione e mia madre gli poggiava nelle mani unite su un fazzolettino di lino immacolato e ricamato il nostro piccolo Gesù Bambino che veniva custodito tutto l’anno nel cassetto del comò di mamma. Era un Gesù Bambino che oggi sarebbe molto adatto ai nostri tempi: gli mancava la mano destra (per un incidente avuto chissà quando) e sarebbe adattissimo oggi ad un presepe di Gaza…

Iniziava a quel punto la processione che attraversava tutte le stanze della casa: avanti Gesù Bambino, dietro tutti noi con in mano i “frit frit” stelline che emettevano innocue scintille, e in fondo Papà e Gianni che con la fisarmonica e l’organetto suonavano “tu scendi dalle stelle”.

In ultimo si arrivava al Presepe e Gesù Bambino veniva poggiato sulla paglia nella mangiatoia dove lo attendevano la Madonna e San Giuseppe.

Si, questo era il presepe per me. E per questo posso rispondere ad Edoardo: Si! Mi piace il Presepe!

 

pH : Freepik senza royalty

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.