Di Giuseppe Arnó*

Ruzzolone: un vero e proprio sport tutelato dalla Federazione Italiana Giochi e Sport Tradizionali, praticato in diverse regioni appenniniche come Emilia-Romagna, Toscana e Abruzzo. Ma oggi non parleremo di sport, bensì di geopolitica. Nello specifico, della caduta libera di Vladimir Putin, il cui sogno di grandezza sta costando alla Russia, per come illustreremo, un prezzo insostenibile.

Un colosso dai piedi d’argilla

Questa è l’immagine della Russia: mentre il Cremlino pompeggia sicurezza, l’evidenza dipinge tutt’altro e cioè una Russia sofferente, debilitata. Persino Vladimir Putin, nonostante la sua decisa arte del parlare, lascia trapelare un’amara consapevolezza: la facciata di potenza è pura retorica. Gli effetti letali della guerra in Ucraina, la ritirata dalla Siria, le sanzioni occidentali e il malcontento interno stanno sconvolgendo un’economia che fino a poco fa sembrava protetta da una cupola di vetro inscalfibile.

Una debacle economico-finanziaria

L’esperto di economia globale presso l’OMFIF, Mark Sobel, è categorico: la Russia è sull’orlo di una crisi sistemica. Le sue politiche economiche, programmate per finanziare una guerra lampo, non possono sopportare oltre il peso di una guerra «giugurtina». Ecco una conferma in numeri: l’inflazione sfiora il 9%, il rublo è in caduta libera e il tasso di interesse ufficiale è schizzato al 21%. Gli investimenti sono congelati, soffocati dai controlli sui capitali, e il boom dei costi della spesa militare distrae fondi destinati a settori vitali come sanità, infrastrutture, educazione e quant’altro di pubblica utilità.

La stangata delle sanzioni

Le sanzioni occidentali non sono state solo un disturbo, ma una vera stangata anche se a scoppio ritardato. Con oltre 300 miliardi di asset congelati e limitazioni alla vendita di petrolio, a Mosca rimangono ben pochi spazi di manovra. Le sanzioni, in altre parole, hanno messo a nudo la fragilità strutturale di un’economia iper-dipendente dagli idrocarburi.
E non parliamo della previsione preoccupante di un rilancio economico sostenibile: la fuga di cervelli, ovvero l’espatrio di giovani, imprenditori e tecnici altamente qualificati, sta portando via con sé speranze e sapere.
Putin: i negoziati della disperazione?
L’apertura del Cremlino a negoziati di pace, proposti dal premier slovacco Robert Fico, sembra più una mossa dettata dalla disperazione che da un effettivo desiderio di risoluzione. Con il Donald Trump bis alla Casa Bianca previsto per gennaio 2025, Putin spera in un clima più benevolo, ma sa bene che gli ostacoli restano, eccome!
L’Ucraina, dal canto suo, non intende cedere, almeno sino ad ora, sulle questioni territoriali, né accettare compromessi che mettano a rischio la sua sovranità. E mentre l’Occidente cerca faticosamente una posizione condivisa, lo scenario che si profila appare sempre più complesso.

Un futuro di isolamento?

La strategia di Putin appare chiara: ottenere concessioni, mantenere il controllo sullo spazio post-sovietico e rivendicare un ruolo dominante nella geopolitica globale. Ma i costi di questa ambizione saranno molto salati: la previsione è che l’economia russa uscirà dalla guerra seriamente ridimensionata e con un isolamento internazionale, che la castigherà nell’innovazione e negli investimenti.

Dunque?

Bene, riassumendo il già detto, la Russia sta pagando un prezzo altissimo per la guerra in Ucraina. Il supporto che l’Occidente continuerà a offrire a Kiev e la capacità di adattarsi ad un mondo sempre più ostile condizioneranno il futuro del Cremlino, che dietro la facciata di potenza e superiorità nasconde l’amarezza di un fallimento: il mito dell’invincibilità russa è stato infranto. In Ucraina e non solo.

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