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3° articolo di preparazione al Congresso “Il valore delle cure Palliative”

di Raffaele Arigliani

IL TESTAMENTO BIOLOGICO o DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TERMINALITA’ (DAT)

Cosa sono le DAT o testamento biologico? Delle disposizioni che la persona esprime in previsione di eventuale futura incapacità di manifestare la propria volontà (ad esempio stato vegetativo dopo trauma, impossibilità a parlare per progressione irreversibile della malattia-come nella SLA- ecc..).
Nella DAT si indica l’accettazione o il rifiuto di determinati accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche, singoli trattamenti sanitari (la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale rientrano in tale definizione).
Il contenuto delle DAT è libero e può comprendere, oltre alle disposizioni relative alle cure desiderate o meno nel fine vita, l’utilizzo della sedazione palliativa, disposizioni in merito all’espianto dei propri organi o della propria salma per scopi scientifici, il tipo di sepoltura desiderata, ecc….
Le DAT obbligano i sanitari a rispettare la volontà del Disponente a interrompere trattamenti medici secondo quanto da lui indicato.

Le DAT, una volta depositate, restano valide senza limiti di tempo, garantendo però la possibilità di essere modificate, rinnovate o revocate in qualsiasi momento, in modo da poter seguire l’evolversi nel tempo della volontà del disponente o, in casi di impossibilità e di mutate condizioni, del suo Fiduciario.

Le DAT devono essere redatte con una di queste modalità:
-atto pubblico o con scrittura privata autenticata, recandosi da un notaio;
-scrittura privata semplice, consegnata personalmente presso l’Ufficio dello Stato Civile del Comune di residenza (a Benevento Piazzale Iannelli -Megaparcheggio), in presenza di un testimone (fiduciario). In allegato un modulo per le DAT.

ETICA E CURE PALLIATIVE
Le cure palliative pongono domande etiche importanti, con interrogativi ancora aperti tra le autorità religiose cattoliche, il mondo laico, il comitato nazionale di Bioetica, sul tema della morte medicalmente assistita (eutanasia). Vi è altresì una sostanziale concordanza sugli altri punti cardine: attivare “cure palliative precoci e simultanee”, contrastare il “dolore profondo” (talora fino alla sedazione profonda), necessità di ampliare la rete di cure palliative.
“ Le cure palliative aderiscono a un modello assistenziale che accoglie il processo del morire come un evento da accompagnare, senza avere l’intenzione di accelerarlo, o ritardarlo in modo irragionevolmente ostinato » (Comitato Nazionale Bioetica 2023, p. 27).
Dal testo “Piccolo Lessico del fine vita”, pubblicato da parte della “Pontificia accademia per la vita” a cura di monsignor Paglia:
“Si parla sempre più di cure palliative precoci, cioè non solo per la fase terminale della malattia, e simultanee, ossia in contemporanea con trattamenti mirati sulle cause della malattia. In caso di malattie già in corso, soprattutto quando si tratta di patologie croniche ingravescenti, si può prevedere una pianificazione condivisa (anticipata) delle cure”.
“Il malato e la sua famiglia sono al centro delle cure, non la malattia o l’organo interessato. La persona è così riconosciuta nella sua unicità, nei suoi bisogni fisici, psicologici, relazionali e spirituali, assistita nel rispetto della sua dignità, libertà e vulnerabilità. ……Le cure palliative non sono una medicina della rassegnazione, ma richiedono professionalità e un approccio attivo e sempre più qualificato per una risposta completa al malato, perché si può e si deve sempre curare, anche quando non si può guarire (cf. PAV 2019, p. 5). Accompagnare significa attivare un’assistenza che stia vicino al malato e ai suoi familiari, fino alla conclusione della sua esistenza terrena, confortando, alleviando il dolore, fisico, psichico, spirituale. ….le cure palliative sono l’espressione di autentica donazione umana e cristiana del prendersi cura”….

Nel contesto generale delle cure palliative, l’ultimo atto possibile è la sedazione palliativa. Consiste “nell’intenzionale riduzione della coscienza del paziente fino al suo possibile abolimento, allo scopo di alleviare i sintomi refrattari fisici e/o psichici. Si definisce refrattario il sintomo che non risponde ad alcun trattamento specifico volto a controllarlo o ridurlo”. La sedazione palliativa può essere somministrata in diverse modalità: moderata/superficiale, quando non toglie completamente la coscienza, o profonda quando arriva all’annullamento della coscienza; temporanea (se per un periodo limitato), intermittente (se somministrata in base al modificarsi delle circostanze) o continua (se protratta fino alla morte del paziente).
La sedazione palliativa, nelle diverse modalità, si effettua in caso di malattia inguaribile in stato avanzato. E’ un atto terapeutico che mira ad alleviare o eliminare lo stress e la sofferenza nel paziente a fine vita, senza incidere sui tempi di vita residua: non va pertanto confusa con l’eutanasia. Il riferimento normativo alla sedazione palliativa profonda è particolarmente approfondito nella legge 219/17 art.2.

In conclusione con le cure palliative si tratta di contrastare il dolore fisico del paziente usando i farmaci in maniera opportuna, contrastando sia il dolore che gli effetti collaterali della malattia e dei medicinali, con strategie d’intervento che richiedono una profonda conoscenza e andrebbero realizzate sempre con la supervisione di un esperto medico palliativista.
Tuttavia la persona gravemente malata necessità di aiuto oltre che per gli aspetti fisici e assistenziali, per i non meno importanti bisogni psicologici, esistenziali, sociali e spirituali.
Nel fine vita, oltre il dolore e il disagio fisico, vengono posti in questione i significati fondamentali della vita, il suo scopo e il suo valore. Si tratta di affrontare il senso di impotenza, paure, angosce, ansia, depressione. Il “dolore totale” che può arrivare a compromettere il senso della dignità e la volontà di vivere.

Gli stessi familiari devono essere attivamente coinvolti nel progetto di cure palliative. Essi vivono disagi e dolori su più livelli (accettazione della irreversibilità, angoscia di perdita e morte, difficoltà di gestione del quotidiano, dei figli, ecc..), che si intrecciano inevitabilmente con i dolori della persona a prognosi infausta. Di questo “sistema famiglia” è necessario prendersi cura, all’interno di una relazione che “non può guarire ma può curare”, in cui appare evidente come il medico specialista palliativista debba essere supportato da una vera rete assistenziale articolata (medico di famiglia, infermieri, psicologo, counsellor, assistente sociale, ausiliari sanitari), attivando un progetto assistenziale precoc (talora da iniziare simultaneamente a cure ancora in corso), con interventi certamente non spot ma continuativi. Si scopre spesso che, li dove il paziente riesce a contenere il dolore fisico e ad accettare e dare un senso alla morte, vi si arriva in pace con se stessi, le persone care, l’umanità, mentre anche per chi rimane il dolore della perdita viene placato da un senso di pace e compiutezza, per come possibile.

Come trovare risorse per le cure palliative? ne parleremo nel prossimo articolo e nel Congresso dell’11 gennaio, presso la sala Leone 13° del Palazzo Arcivescovile. Ingresso gratuito

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