Nel cuore di una serata televisiva su LabTV, Alfredo Verdile ci ha aperto le porte del suo mondo artistico con la stessa naturalezza con cui maneggia i suoi strumenti di lavoro. Un viaggio nella sua vita d’artista che parte da quel primo quadro a olio d’ oliva fatto ad 11 anni dipinto con la semplicità e l’incertezza di chi muove i primi passi in un universo ancora da scoprire.
Il suo percorso artistico si snoda attraverso le vie del mondo: da Bologna, culla dell’arte italiana, a New York, metropoli dove i sogni prendono forma tra grattacieli d’acciaio, fino a Berlino, città dove la creatività pulsa nelle vene dei quartieri. Ma è a Vico Noce che il suo cuore ha trovato casa, in quel vicolo storico che precede l’Ortus Conclusus di Palladino, suo maestro spirituale e artistico.
Verdile si racconta con un’umiltà disarmante, quella che solo i grandi artisti possono permettersi di mostrare. La sua voce si accende quando parla della scultura, sua grande passione. “È un contatto diretto con la materia,” confessa, “diverso dalla pittura dove il pennello crea una distanza.” Le sue mani sembrano cercare la forma nella materia mentre ne parla, come se ogni parola fosse uno scalpello che rivela l’essenza nascosta nel blocco grezzo.
Nel suo studio, l’aria profuma di rum e sigaro, rituali che accompagnano il processo creativo come antiche liturgie. Sono questi gli elementi che scandiscono il tempo mentre le opere prendono vita, mentre le idee si trasformano in forme tangibili. La collaborazione con l’amico Rauso ha arricchito ulteriormente il significato di Vico Noce, trasformando quel vicolo non solo in un luogo fisico, ma in un simbolo vivente della sua arte.
Nonostante il successo internazionale e le esposizioni a New York, Verdile mantiene un legame viscerale con le sue radici. L’art-terapeuta che è in lui emerge nella capacità di trasformare ogni opera in un ponte tra l’anima e la materia, tra il dolore e la guarigione. La sua arte diventa così non solo espressione estetica, ma strumento di connessione profonda con l’umano.
L’intervista si è rivelata un affresco intimo di un artista che ha fatto della sincerità la sua cifra stilistica. Tra le pieghe del racconto emerge il ritratto di un uomo che ha saputo trasformare la propria vita in un’opera d’arte, mantenendo intatta quella semplicità che solo i grandi maestri sanno custodire nel tempo.
In ogni parola di Verdile risuona l’eco di Vico Noce, di quell’Ortus Conclusus che ha fatto da scenario alla sua crescita artistica, di quelle collaborazioni che hanno arricchito il suo percorso. Un artista che, pur esplorando il mondo, ha saputo ritrovare nella sua terra d’origine la fonte più pura della sua ispirazione.