Rubrica ideata e curata da Paola Francesca Moretti Caporedattore alla cultura 

Tra il mio pollice e l’indice sta comoda la penna ha dichiarato Séamus Heaney, e per Elsa? A mio parere tra il pollice e l’indice della Morante la penna ci stava più che comoda. Donna straordinaria e raffinata scrittrice, conquista il lettore con uno stile narrativo particolarissimo.
L’autrice nasce nel 1912 a Roma e muore nel 1985 nella stessa città che le ha dato i natali. Dotata di una fervida immaginazione crea opere letterarie caratterizzate da un clima vagamente surreale sospeso tra mito e simbolo, e in cui palese è il ricorso alla finzione come elemento principe per distanziare nello spazio e nel tempo quanto invece è nunc et vera.

I romanzi Menzogna e sortilegio, L’isola di Arturo insieme ai racconti di Scialle andaluso sono espressione della forma narrativa da cui origina il mondo di sogno. L’isola di Arturo appartiene al genere di romanzo lirico-introspettivo intessuto di risonanze simboliche e da un’atmosfera di mistero.

La Morante, negli anni Settanta, prova a recuperare con il romanzo La storia tematiche e forme proprie del neorealismo, ma il suo è un recupero fuori tempo, giacché, sono evidenti sfumature di patetismo e ricorso a toni lirici per la descrizione di alcuni personaggi e avvenimenti.
La scrittrice mette da parte la visione del mondo come sogno e favola per avventurarsi nella narrazione della dura condizione dell’esistenza umana, sempre segnata da guerre, angosce, disuguaglianze.

(…) Una di quelle mattine Ida, con due grosse sporte al braccio, tornava dalla spesa tenendo per mano Useppe. Faceva un tempo sereno e caldissimo. Uscivano dal viale alberato non lontano dallo Scalo Merci, dirigendosi in via dei Volsci, quando, non preavvisato da nessun allarme, si udì avanzare nel cielo un clamore d’orchestra metallico e ronzante. Useppe levò gli occhi in alto e disse: “Lioplani”. E in quel momento l’aria fischiò, mentre già in un tuono enorme tutti i muri precipitavano alle loro spalle e il terreno saltava d’intorno a loro, sminuzzando in una mitraglia di frammenti.

Il brano è tratto dal romanzo La Storia, scritto da Elsa Morante nel 1974 e ispirato alla tragedia del secondo conflitto mondiale, che si riverbera nelle vicissitudini di una famiglia romana composta da Ida – una maestra rimasta vedova – dal figlio adolescente Nino e dal piccolo Giuseppe, soprannominato Useppe e frutto di un abuso sessuale subito da un soldato tedesco.
Il romanzo oggetto di acceso dibattito tra le eccelse menti dei critici letterari è stato molto apprezzato dal pubblico. Mi preme evidenziare il sottotitolo Uno scandalo che dura da diecimila anni, la stilettata alla Elsa Morante, la società si contraddistingue per l’atteggiamento vessatorio di masse ad opera di piccoli gruppi che hanno cercato, con ogni mezzo, di custodire potere e privilegi.

Non si può negare una sorta di parallelismo con la situazione attuale, che non si tratti di una dilatazione nel tempo dei contenuti del romanzo? Tutto è possibile in base alla personale prospettiva interpretativa a livello storico-letterario.

Nell’opera La storia la scrittrice racconta la tragedia della guerra vista dalla parte degli umili. I personaggi, infatti, sono individui comuni, appartenenti a un ceto sociale medio-basso, la cui semplice e misera esistenza è resa ancora più squallida dalla guerra. A fare da cornice alla narrazione uno spaccato di vita quotidiana assai crudele, con persone normali alle prese con problemi già di per sé di non facile soluzione, per le disagiate condizioni economiche, e resi ancora più gravi dal conflitto. Ida, la protagonista del racconto, viene descritta come una donna dedita alla famiglia e al lavoro, che non trova spazio e tempo per il divertimento.

Le bombe lanciate dal nemico priveranno Ida anche di quei minimi beni di cui dispone: la casa, il mobilio, le scorte di alimenti e i pochi spiccioli. Il bombardamento è bruscamente annunciato da “un clamore d’orchestra metallico e ronzante che s’ode avanzare nel cielo”, “l’aria fischiò, mentre già un tuono enorme tutti i muri precipitavano…e il terreno saltava… sminuzzato in una mitraglia di frammenti”. Ecco la genialità di un vero scrittore dove risiede, ovvero, nell’abilità di saper usare in modo appropriato le figure retoriche per dare un’immagine realistica all’occhio del lettore, come in questo caso l’uso della metafora restituisce lo scenario nella modalità perfetta di quali sono gli effetti spaventosi del bombardamento.
Cosa mi accomuna a Elsa Morante? In primis la passione per la scrittura e glossando un letterato francese, Charles Baudelaire “Vieni sul mio cuore innamorato, mio bel gatto: trattieni gli artigli e lasciami sprofondare nei tuoi occhi belli, misti d’agata e metallo”, e sì, l’essere delle gattare.

Elsa Morante è nota per il suo viscerale amore per i gatti, a testimonianza di ciò le diverse poesie dedicate ai suoi amici pelosetti. Per la scrittrice i mici sono soltanto muse ispiratrici oppure rappresentano altro? I simpatici animaletti sono veri e propri oggetti di devozione. A qualcuno potrebbe sembrare esagerato il comportamento della Morante che, ogni sera, era solita uscire con sacchetti pieni di animelle e trippa per sfamare le colonie di felini che riempivano le piazze romane, e sovente si fermava a scambiare due chiacchiere con altre gattare, ovvero, anziane signore che, pur non versando in condizioni economiche floride, non trovavano altro conforto se non quelle sfortunate bestiole. La Morante passata alla cronaca letteraria come donna burbera in realtà era una persona fortemente generosa.

pH : Wikipedia

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