Il dissesto finanziario del Comune di Benevento si configura sempre più come un pozzo senza fondo, dove le cifre continuano a lievitare in modo preoccupante mentre i cittadini pagano il prezzo più alto. La situazione, lungi dal migliorare, mostra segni di ulteriore deterioramento che meritano una riflessione profonda e critica.

A otto anni dalla dichiarazione di dissesto, l’amministrazione comunale sembra navigare a vista. I 45 milioni di euro individuati con delibera del 14 dicembre 2023 rappresentano solo la punta dell’iceberg di una situazione debitoria che continua a crescere come un cancro finanziario. La maxi cartella da 6,5 milioni del Consorzio rifiuti Bn1 – un ente zombie disciolto nel 2009 ma ancora capace di generare voragini nei conti pubblici – è l’emblema di una gestione che solleva più domande che risposte.

Le contraddizioni dell’amministrazione emergono in modo lampante: mentre il 18 dicembre 2023 si affermava che non sarebbe stato necessario destinare i proventi delle alienazioni immobiliari all’OSL, oggi si mettono in vendita 31 immobili comunali per far fronte a “nuovi corposi debiti”. Una giravolta che sa di improvvisazione e mancanza di programmazione.

I cittadini beneventani, costretti a subire la massima pressione fiscale consentita dalla legge, hanno il sacrosanto diritto di conoscere la reale entità del dissesto. Quanto deve ancora emergere dai cassetti dell’amministrazione? Quali altri “corposi debiti” si nascondono tra le pieghe della burocrazia? E soprattutto, esiste un piano concreto e credibile per uscire da questo pantano finanziario?

La vendita del patrimonio comunale – dal prestigioso Palazzo Bosco Lucarelli alla piscina di Capodimonte – appare come l’ennesimo tentativo di tappare i buchi di una gestione che sembra aver perso il controllo della situazione. E la storia insegna che queste procedure di alienazione raramente hanno successo, rischiando di svendere beni pubblici senza risolvere i problemi strutturali.

L’amministrazione deve ai suoi cittadini non solo trasparenza sui numeri reali del dissesto, ma anche un piano dettagliato e verificabile di risanamento. La città non può continuare a navigare nell’incertezza mentre i suoi abitanti sono spremuti fiscalmente al massimo e il suo patrimonio viene progressivamente smantellato.

La città invisibile merita risposte concrete, non contraddizioni e improvvisazioni. Il diritto alla trasparenza non è negoziabile, soprattutto quando si parla di finanze pubbliche e del futuro di un’intera comunità. È tempo che l’amministrazione faccia chiarezza una volta per tutte, presentando un quadro completo della situazione e un piano credibile per uscirne.

In un momento in cui si richiede ai cittadini il massimo sforzo contributivo, con tributi locali portati ai livelli più elevati, diventa fondamentale garantire una comunicazione chiara e puntuale sullo stato di avanzamento del piano di risanamento e sui risultati finora conseguiti. La trasparenza amministrativa non rappresenta solo un dovere istituzionale, ma costituisce un elemento essenziale per mantenere un rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione.

Quello che sappiamo e che abbiamo potuto ricostruire fino ad ora :

A otto anni dalla dichiarazione di dissesto e dopo un anno dalla definizione del volume delle pendenze, la massa passiva, invece di diminuire, continua a crescere in modo allarmante, come un soufflé che non accenna a sgonfiarsi.

I numeri sono impietosi: i 45 milioni di euro individuati con delibera del 14 dicembre 2023 sono già aumentati significativamente. Particolarmente gravosa è la maxi cartella da 6,5 milioni proveniente dal Consorzio rifiuti Bn1, un ente formalmente disciolto nel 2009 ma ancora giuridicamente attivo in gestione liquidatoria, che continua a presentare rivendicazioni economiche verso i Comuni ex consorziati.

La Giunta comunale aveva quantificato in 28.105.621 euro la provvista finanziaria necessaria per tacitare i 2.004 creditori in attesa da oltre un decennio. Tuttavia, anche considerando l’abbattimento del 60% previsto dalla procedura semplificata, servirebbero comunque circa 4 milioni in più solo per gestire la pendenza del Consorzio rifiuti, cui si aggiungono altre istanze pervenute.

In questo contesto, l’amministrazione ha dovuto ricorrere alla vendita di 31 immobili comunali, per un valore complessivo stimato di 7.467.777 euro. Tra questi figurano proprietà di pregio come i locali al piano terra di Palazzo Bosco Lucarelli, gli alloggi di Parco Sogene e la piscina di Capodimonte. Tuttavia,le precedenti procedure di alienazione non hanno mai riscosso particolare successo.

La trasparenza sui numeri reali del dissesto e su un piano concreto di risanamento diventa sempre più urgente, considerando che i cittadini continuano a sostenere il peso di questa situazione attraverso la massima pressione fiscale locale consentita dalla legge.

Benevento: il dissesto si aggrava tra contraddizioni e nuovi debiti

A Benevento emerge una situazione sempre più complessa nella gestione del dissesto finanziario. Francesco Farese, vicepresidente della commissione Finanze, ha sollevato una significativa contraddizione: la decisione di vendere 31 immobili comunali appare in netto contrasto con quanto stabilito dalla giunta comunale appena il 18 dicembre 2023, quando si affermava che non sarebbe stato necessario destinare i proventi delle alienazioni all’OSL per coprire la massa passiva.

La situazione ha preso una svolta inaspettata quando l’assessore al Patrimonio Attilio Cappa ha rivelato l’esistenza di nuovi “corposi debiti” che hanno reso necessaria la messa in vendita dei beni comunali. Un cambio di rotta che richiede chiarimenti approfonditi.

La delegata al Bilancio, Maria Carmela Serluca, ha fornito alcune spiegazioni, indicando che la decisione è stata motivata da nuove istanze di ammissione al passivo presentate dopo l’approvazione della delibera. In particolare, pesano le rivendicazioni economiche del Consorzio Bn1 che, nonostante sia inattivo da anni, mantiene il diritto di avanzare tali richieste, come confermato anche in sede giudiziaria.

La scelta di procedere con le alienazioni immobiliari, secondo quanto dichiarato dalla Serluca, rappresenterebbe una strategia per evitare il ricorso al Fondo ministeriale, che esporrebbe il Comune a ulteriori interessi passivi. Una decisione che solleva interrogativi sulla reale entità del dissesto e sulla sostenibilità delle soluzioni proposte per il suo superamento.

pH : TvSette

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